La parola oggi sulla bocca di tutti è una parola che preoccupa e fa paura: “recessione”! Secondo gli esperti (ma meglio di loro parla il portafoglio di ciascuno di noi!) dobbiamo prepararci ad affrontare un periodo di vacche magre: il benessere economico conosciuto dai più farà marcia indietro o, nella meno peggiore delle ipotesi, si fermerà. In base a queste previsioni qualcuno ha affermato: “Da ora in poi saremo più poveri!”.
Dobbiamo a questo punto porci due domande. Se sarà davvero “recessione”, torneremo indietro rispetto a quale obiettivo? Rispetto a quale traguardo? E, se davvero “saremo più poveri”, lo saremo rispetto a quali beni? Di cosa cioè soffriremo la mancanza?
Mi hanno colpito qualche settimana fa due diverse scene messe in onda all’interno di uno stesso telegiornale. La prima mostrava una folla impressionante prendere d’assalto un noto centro commerciale della nostra capitale per acquistare telefonini a prezzi di lancio: persone che hanno bivaccato durante la notte pur di arrivare per prime, zuffe all’apertura dei cancelli, vetrine infrante, numerosi feriti, negozio devastato e svuotato… La seconda mostrava invece una folla di profughi congolesi che facevano a gara per afferrare sacchetti contenenti generi di prima necessità lanciati da sopra alcuni camion dal personale della Croce Rossa.
A Roma il traguardo era il telefonino (il non averlo rende più poveri!?!). In Congo il traguardo era una manciata di riso! Ecco allora che i concetti di “recessione” e di “povertà” acquistano un significato relativo rispetto alle diverse situazioni, ma soprattutto un significato relativo rispetto ai valori che intendiamo raggiungere e privilegiare nel nostro cammino e, di conseguenza, rispetto ai bisogni che vogliamo soddisfare. Nel confronto fra il telefonino e il riso dovremmo davvero vergognarci, pensando quali sono oggi i valori che la nostra società consumistica si è data e quali sono i bisogni che abbiamo scelto di soddisfare!
Mi sono tornate in mente le parole del Signore all’angelo della chiesa di Smirne: “Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco)…” (Ap 2:9) e quelle rivolte poi all’angelo della chiesa di Laodicea: “Tu dici: «Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente!» Tu non sai invece che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo” (Ap 3:17).
Smirne: una chiesa povera agli occhi il mondo, ma ricca agli occhi di Dio.
Laodicea: una chiesa ricca rispetto ai valori del mondo, ma povera rispetto a quelli di Dio.
Smirne: una chiesa in piena recessione economica, ma in pieno progresso spirituale.
Laodicea: una chiesa in pieno progresso economico, ma in piena recessione spirituale.
Smirne: una chiesa che ha scelto come bisogno primario da soddisfare la fedeltà e la piena consacrazione al suo Signore, con una conseguente e totale dipendenza da lui.
Laodicea: una chiesa che ha scelto come bisogno primario da soddisfare l’oro, i bei vestiti, la salute, con una conseguente e presuntuosa autosufficienza (“non ho bisogno di niente”!).
Dobbiamo seriamente interrogarci davanti al Signore e chiederci: quali sono i nostri obiettivi? Qual è il traguardo che abbiamo posto al nostro cammino? E, ancora: quali sono i bisogni che abbiamo scelto di soddisfare? Quali i valori che condizionano le nostre scelte? Quali “i beni” che formano il nostro patrimonio, la nostra ricchezza?
È la recessione spirituale della nostra vita, nel nostro cammino con il Signore, quella di cui dovremmo davvero preoccuparci. È la nostra povertà di beni spirituali quella contro cui dovremmo davvero lottare. Ricordiamoci cosa ci insegna la vicenda del ricco stolto e di chiunque, come lui, si preoccupa soltanto della propria situazione economica, perché “accumula tesori per sé e non è ricco davanti a Dio” (Lu 12:21).