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Le altre referenze nei libri di Samuele

 

Prima di esaminare le altre tre referenze del verbo ‘ahàb, presenti nei due libri di Samuele, riferite all’amicizia fra Davide e Gionatan, consentitemi di citare 1Samuele 19:1, dove sta scritto:

 

“…ma Gionatan, figlio di Saul, che voleva un gran bene a Davide…”

 

Il contesto immediato è quello del crescente sentimento di timore e di invidia che il re Saul stava provando per Davide, il quale riusciva in tutte le imprese che il re gli assegnava perché il Signore era con lui. Tutto ciò era evidente a chiunque, persino allo stesso Saul (18:28-30) il quale, di conseguenza, aveva appena confidato, a suo figlio Gionatan e a tutti i suoi servitori, l’intenzione di uccidere Davide (19:1a).

Dal canto suo, però, Gionatan informò subito il suo amico e lo mise in guardia, difendendolo alla prima occasione davanti al padre e riuscendo nell’intento di riportare Davide a corte, in un clima di relativa e provvisoria pace (v. 2-7).

La motivazione di questo comportamento altruista di Gionatan è resa dall’inciso che abbiamo menzionato, nel quale ritroviamo il verbo chapèts, brevemente commentato nell’articolo precedente (vedi IL CRISTIANO n.6/giugno 2009; pag. 297 seconda colonna).

Nel nostro passo, però, al contrario di quanto succede in 18:22, questo verbo è al massimo della sua intensità e va a sfiorare lo spessore e la profondità di ‘ahàb. Se Saul, infatti, provava solo un flebile (e altalenante) sentimento di favore verso il suo suonatore d’arpa (cfr 18:22), Gionatan era invece profondamente legato a Davide, e il suo grande attaccamento all’amico è evidenziato anche dall’aggiunta, in 19:1, dell’avverbio ebraico mòd, che significa“molto” se non anche “grandemente, moltissimo”.

 

D’altro canto, il semplice fatto che, in questo versetto, non si adoperi alcun verbo ebraico che possa essere tradotto con “amare”, dovrebbe far riflettere chi ha insinuato il dubbio dell’esistenza di un rapporto omosessuale fra Davide e Gionatan.

Quest’ultimo, infatti, “voleva un gran bene” a Davide, o anche “nutriva un grande affetto” nei suoi confronti, o ancora “era molto affezionato” al suo amico: si tratta di sentimenti che rivelano sincera amicizia e forte coinvolgimento emotivo ma, ovviamente, nessuna attrazione omosessuale.

 

Siamo dinanzi, peraltro, agli stessi sentimenti resi anche dal verbo ‘ahàb negli altri versetti della 1Samuele che parlano dei rapporti fra Davide e Gionatan. L’atteggiamento di quest’ultimo, naturalmente, è stato sempre lo stesso, e i due verbi ebraici in questione rendono soltanto intensità diverse del medesimo sentimento, puro e genuino, di profonda amicizia che legava fortemente questi due giovani.

 

Il verbo chapèts, in particolare, nelle sue 123 referenze dell’Antico Testamento, manifesta per lo più quel generico piacere e diletto emotivo che è possibile provare verso un’altra persona a causa delle sue qualità intrinseche. Esso viene utilizzato nella Bibbia con diverse intensità, che vanno dal gradimento di Dio verso i suoi fedeli (1Sa 2:26; 2Sa 22:20; 1Re 10:9) al desiderio o al piacere come scelta neutrale (es. Ca 2:7; 3:5; 8:4), fino all’attrazione maschile verso persone dell’altro sesso (quest’ultima, però, ne è uso eccezionale, solo in Ge 34:19 e in Et 2:14).

In ogni caso, è evidente che questo verbo venga utilizzato soprattutto in termini positivi, per cui si può senz’altro affermare che, nel passo di 1Samuele 19:1, chapèts confermi i buoni sentimenti di mera amicizia di Gionatan verso Davide.

 

 

1 Samuele 20:17

 

Passiamo ora a considerare gli altri tre brani del Primo e del Secondo Libro di Samuele in cui è possibile rinvenire il verbo ‘ahàb con riferimento al rapporto esistente fra Davide e Gionatan: si tratta di 1Samuele 20:17,41 e di 2Samuele 1:26.

Iniziamo da 1Samuele 20:17, dove troviamo scritto che…

 

“Per l’amore che aveva verso di lui, Gionatan fece di nuovo giurare Davide, perché egli l’amava come la sua stessa vita”

 

I due giovani stavano per separarsi e forse non si sarebbero visti mai più: tra amici sinceri, che si vogliono davvero tanto bene, in un momento così critico sorge spontanea l’esigenza di mettere basi ancora più solide alla propria amicizia, quasi per esorcizzare il rischio di non doversi incontrare più nel futuro.

Così Gionatan ritorna sul patto già stabilito in 18:3, che sarà ulteriormente confermato in 23:18, e propone a Davide ulteriori clausole di quest’alleanza, le quali concernevano anche la salvaguardia futura della persona e della famiglia dell’erede al trono (v. 14-16).

 

Non ancora pago, Gionatan “fece di nuovo giurare Davide” in merito a tali clausole, ribadendo ben due volte quale fosse il “motore” di tale alleanza, ovvero l’affetto speciale che i due reciprocamente provavano l’un per l’altro, con particolare riferimento a Gionatan verso Davide.

Due volte, in questo versetto, viene citato il verbo ‘ahàb, e nella seconda occasione viene ribadita la profondità di quest’affetto mediante la ripetizione dell’inciso di 18:1,3 secondo cui Gionatan amava Davide “come la sua stessa vita”.

 

Un ulteriore aspetto che salta agli occhi, con riferimento al rapporto di amicizia fra Davide e Gionatan, è senz’altro quello della lealtà e della fedeltàesistente fra i due.

Di tali caratteristiche troviamo un limpido esempio nel capitolo 20 della 1Samuele, nell’ambito dell’incontro in cui Gionatan cercò di rassicurare Davide in merito all’impossibilità che, secondo lui, suo padre volesse davvero attentare alla sua vita (vv. 1-11). In quell’occasione, Gionatan promise solennemente al suo caro amico – nel nome del Signore! – che gli avrebbe fatto sapere qualcosa in relazione ai sentimenti di Saul nei suoi riguardi (vv. 12-13).

Ciò fu esattamente quello che Gionatan fece l’indomani, con tutti i rischi connessi al suo allontanamento dalla corte reale ed al suo incontrarsi con il nemico del sovrano (vv. 35-43).

Ma Gionatan era fedele alle sue promesse e voleva essere leale fino in fondo con il suo grande amico, così si recò da lui dopo aver rischiato la propria vita davanti al padre per difendere Davide (vv. 27-34) e dopo aver lasciato il banchetto regale fu “acceso d’ira… addolorato per l’offesa che suo padre aveva fatto a Davide” (v. 34).

Notiamo, in particolare che Gionatan non si adirò per l’affronto che Saul aveva fatto a lui stesso, rispondendogli con durezza (vv. 30-31) e addirittura cercando di ucciderlo (v. 33), ma piuttosto era arrabbiato per l’offesa che suo padre aveva rivolto al suo migliore amico.

 

 

1 Samuele 20:41

 

Nel contesto dello stesso capitolo, troviamo anche il passo di 1Samuele 20:41, dove sta scritto:

 

“… poi i due si baciarono e piansero insieme; Davide, soprattutto, pianse dirottamente”.

 

Ormai siamo all’epilogo temporale di un’amicizia che ha legato fortemente due valorosi giovani, i quali stanno per separarsi, forse per tutto il resto della loro vita. Il momento è topico ed i sentimenti sono loro alla massima intensità: Davide si getta a terra e si prostra tre volte davanti al suo amico, erede al trono, riconoscendo la superiorità sociale di Gionatan nei suoi confronti.

Oltre a ciò, per il grande dolore che stava provando, Davide si lascia andare ad un pianto dirotto, che si accompagna anche all’effusione di baci amichevoli e reciproci: si tratta di un comunissimo gesto d’affetto che ancor oggi individua persone che si vogliono bene e che non necessariamente, solo per questo, hanno tendenze o vivono pratiche omosessuali.

Nell’Antico Testamento vi sono anche altri episodi in cui ci troviamo dinanzi a persone dello stesso sesso, legate da vincoli affettivi che si baciano e piangono insieme senza che questo abbia mai fatto pensare ad improbabili casi di omosessualità. Chi non ricorda, ad esempio, il commovente incontro fra Giuseppe ed i suoi fratelli, quando l’allora viceré d’Egitto si lascia riconoscere dai fratelli:

 

“… si gettò al collo di Beniamino, suo fratello, e pianse; e Beniamino pianse sul collo di lui. Baciò pure tutti i suoi fratelli, piangendo… (Ge 45:14-15).

 

Sembra proprio, a tal proposito, che il piangere e l’abbracciarsi facciano parte di un’unica pratica di manifestazione di “amore”. Lo stesso Giuseppe, in segno di profondo affetto filiale, pianse e baciò il vecchio padre Giacobbe (Ge 50:1), il quale a sua volta aveva baciato ed abbracciato i nipoti Manasse ed Efraim (Ge 48:10), senza che nessuno abbia mai dubitato della purezza di questo gesto d’affetto, tipico di un nonno.

Un altro aspetto va qui sottolineato. Il verbo usato dallo Spirito Santo per rendere il “baciarsi” reciproco di Davide e Gionatan in 1 Sa 20:41 è l’ebraico nashàk, il quale contiene innanzitutto l’accezione di “incontrarsi, raggiungere”, da cui anche “unirsi” e quindi pure “baciare” nel senso di“unirsi bocca a bocca”. In quest’ultimo senso, nashàk viene riscontrato 32 volte nell’Antico Testamento, nei versetti che riportiamo qui di seguito.

È interessante notare come, in 1Samuele 20:41, il gesto di “baciarsi” fra Davide e Gionatan sia legato al loro “piangere” assieme, con due espressioni ebraiche che, letteralmente, dovrebbero tradursi con “baciarono ognuno e il suo amico; piansero ognuno e il suo amico”.

Naturalmente, non v’è nulla di ambiguo nel piangere insieme al nostro migliore amico, ed altrettanto deve dirsi per lo scambiarsi affettuoso di baci, altro semplice e profondo gesto di vera amicizia.

Il baciarsi, anche nell’antichità, era una convenzione sociale molto diffusa ed assai conosciuta per la sua carica emotiva positiva: il suo forte significato affettivo, reso in ebraico dal verbo nashàk, viene paragonato nell’Antico Testamento anche alla preziosità di una risposta giusta resa al momento opportuno (Pr 24:26).

La generale positività del bacio viene posta in particolare risalto dalla stridente contrapposizione con la falsità dei baci dati da chi in realtà odia (Pr 27:6), come per esempio fece Ioab con Amasa in 2Samuele 20:9-10.

In tal senso va ricordato anche il bacio calcolatore di Absalom, finalizzato ad acquistare alleati (2Sa 15:5), ed anche l’empio bacio di una prostituta descritto in Proverbi 7:13.

Nell’Antico Testamento il verbo nashàk viene usato anche per rendere il bacio romantico che si scambiano due casti amanti (Ca 1:2), ma non mancano i riferimenti al bacio di un padre verso un figlio (2Sa 14:33) e di un figlio verso un padre (1Re 19:20) ma anche tra due cugini di sesso diverso (Ge 33:4) o ancora tra fratelli di sangue (Es 4:27; Ca 8:1), senza che ciò abbia mai fatto pensare a tendenze o pratiche omosessuali, peraltro apertamente vietate dalla Scrittura.

Altre volte, poi, il “baciarsi” di nashàk indica profondo rispetto, come quello che Samuele provava per Saul (1Sa 10:1), oppure anche stima sincera, come quella nutrita da Davide per Barzillai (2Sa 19:39). In altri casi, invece, nashàk viene usato poeticamente per rendere l’unirsi fra la giustizia e la pace (Sl 85:10), mentre altre volte esso contiene il significato assai negativo dell’unione con gli idoli (1 Re 19:18).

 

 

2 Samuele 1:26

 

L’ultimo brano biblico in cui si parla di Davide e Gionatan è quello di 2Samuele 1:26. Saul e i suoi figli sono appena morti in battaglia, e il nuovo re d’Israele sta componendo una meravigliosa elegia funebre in loro onore, nella quale sta scritto anche che:

 

“Io sono in angoscia a motivo di te, Gionatan, fratello mio; tu mi eri molto caro, e l’amore tuo per me era più meraviglioso dell’amore delle donne!”

 

Dopo tutte le considerazioni compiute finora, non desta meraviglia se alcuni commentatori hanno provato ad insinuare, sulla base di questo brano, che le parole di Davide qui riportate dimostrino a posteriori l’esistenza di sentimenti e di pratiche omosessuali da lui vissute in relazione a Gionatan. Ma sarà proprio così? Questa tesi è supportata da dati obiettivi e magari scritturali?

Innanzitutto va sottolineato che l’ “angoscia” è un sentimento che comunemente provano persone normali quando viene loro a mancare una persona cara, per cui non vi è nulla di ambiguo nel profondo sconforto che Davide manifestò allorché seppe della morte cruenta del suo migliore amico.

D’altro canto, lo stesso Davide sperimentò in altre occasioni questo sentimento (es. 2Sa 24:14), senza che nessuno l’abbia mai collegato a fantasie erotiche di tipo omosessuale.

È interessante sottolineare, inoltre, che in quest’occasione Davide chiama Gionatan “fratello mio”, e ciò proprio a motivo della serietà e della profondità che caratterizzava i loro legami affettivi. Anche qui non ci troviamo di fronte ad un caso eccezionale, visto che nella Scrittura quest’espressione viene adoperata altre volte per rendere l’esistenza di un patto non scritto ma ugualmente importante per due persone (es. Mosè e il re di Edom in Nu 20:14; Salomone e il re di Tiro in 1Re 9:13; Acab e il re di Siria in 1Re 20:32).

Anche l’uso del superlativo “molto caro” appare significativo, perché dà conto della genuinità dei legami esistenti fra Davide e Gionatan: chi di noi ha perso un vero amico sa bene cosa significhi lo spezzarsi di un vincolo affettivo profondo, e non gli sembreranno affatto esagerate le parole usate da Davide per definire il suo amico.

La vera amicizia non nasconde le lacrime quando ciò si rende necessario e, nel momento della perdita della persona cara, esprime senz’altro i propri sentimenti di dolore, anche se tutto ciò risulta piuttosto difficile da realizzare, specialmente per gli uomini ed in particolar modo nell’odierno mondo occidentale.

L’inciso più spesso citato dai commentatori favorevoli alla natura omosessuale dei rapporti fra Davide e Gionatan è quello che troviamo subito dopo nel nostro versetto, quando il nuovo re d’Israele afferma che “l’amore tuo per me era più meraviglioso dell’amore delle donne”.

Sembrerebbe quasi che Davide sia stato un ermafrodito, che abbia avuto relazioni sessuali indifferentemente con donne e con uomini, ma con una certa preferenza per gli uomini, soprattutto Gionatan, ma… è proprio così?

A parte le considerazioni relative alla ferma e chiara condanna biblica dell’omosessualità, che naturalmente valgono anche per l’empia concezione ermafrodita della vita sessuale, bisogna qui ricordare tutto quanto abbiamo già affermato in merito al concetto biblico di “amore” e sul significato dello stesso verbo ebraico ‘ahàb, adoperato anche in questo versetto.

Sotto tale profilo, l’espressione usata qui da Davide si caratterizza per la sua indole poetica ed iperbolica, anche perché egli voleva sottolineare in maniera forte che verso Gionatan egli nutriva un affetto di diversa intensità rispetto a quello che aveva provato per Saul. Nel v. 23, infatti, il nuovo re d’Israele aveva appena riconosciuto il suo affetto per entrambi, con le parole del lamento funebre:

 

“Saul e Gionatan, tanto amati e cari quand’erano in vita…”

 

Ora, al v. 26, si rendeva necessario specificare che egli provava per Gionatan un sentimento di speciale intensità: l’aggettivo “caro” viene reso al superlativo e l’altro aggettivo “amato” viene posposto, prendendo la forma del sostantivo “amore”.

Oltre a ciò possiamo aggiungere che, in questo caso, il paragone con l’amore di una donna esprime al massimo grado la sincera preziosità dell’affetto reciproco sperimentato da questi due giovani. Sotto diverso profilo, peraltro, se fosse stato un omosessuale, per Davide l’amore di una donna avrebbe avuto poco valore e non avrebbe avuto alcun senso menzionarlo qui.

Infine, non dobbiamo dimenticare la connotazione pattizia dell’ “amore” in questione, alla quale Davide aveva fatto riferimento già nel precedente inciso “fratello mio” e con cui viene evidenziata quell’unione esistenziale che sussisteva fra le anime di questi due giovani. Notevole, infine, è l’anelito alla fedeltà che tale patto di amicizia richiamava, perché essi lo avevano stabilito anche nel nome del Signore.