Con un’amplificazione mediatica che ha pochi precedenti e che ha permesso all’evento di essere seguito in diretta in ogni parte del mondo, il 9 novembre scorso è stato festeggiato il ventesimo anniversario della caduta (sarebbe meglio dire: dell’abbattimento) del muro di Berlino. I muri, ma in questo caso sarebbe più corretto parlare di mura, sono stati eretti nella storia come strumenti a difesa e a protezione di fortezze e di castelli, di paesi e di città e perfino di intere nazioni (la famosa muraglia cinese). Il fatto che alcune mura vengano ammirate per la loro imponenza e per la testimonianza che danno al genio creativo dell’uomo non deve farci dimenticare che esse sono in realtà, sempre e comunque, strumenti di separazione. Separazione da chi e da che cosa? “Homo homini lupus”, affermava in uno dei suo scritti il commediografo latino Plauto, cioé: l’uomo (ogni uomo!) è come un lupo per l’uomo. La sua affermazione non era frutto di una verità rivelata, ma di una verità desunta dall’osservazione del comportamento dei suoi simili. Fra i bisogni dell’uomo c’è, ahimé, anche quello di sentirsi protetto (e quindi: separato!) da ogni altro uomo, perché fin dalle origini ogni altro uomo costituisce per lui una risorsa ma anche una minaccia. La verità rivelata, quella che conosciamo attraverso l’ascolto della Parola di Dio, ci permette di sapere che “la causa dell’inimicizia” (Ef 2:14) è il peccato dell’uomo, cioè la sua scelta di non essere più sottomesso a Dio ed alle sue indicazioni. Fu dopo questa scelta che Adamo ed Eva si presentarono davanti a Dio come nemici l’uno dell’altra: “La donna che tu mi hai messo accanto, è lei che mi ha dato del frutto dell’albero…”. Cioè: la colpa è tutta sua, ma anche la tua perché me l’hai messa accanto; non più dono e risorsa, ma ostacolo e minaccia! Il muro che Adamo ed Eva aveva alzato, con la loro scelta, nel loro rapporto con Dio si era subito trasformato, come conseguenza, in un muro nella loro relazione! Un muro invisibile, ma di gran lunga peggiore di un muro di pietra, di mattoni o di cemento. Un muro eretto nel cuore e nella mente!
È stato certamente bello festeggiare la caduta del muro di Berlino e la possibilità che quest’evento ha dato a tante persone di rivedersi, di riabbracciarsi, di conoscersi, di avere di nuovo libertà di relazione e di movimento. Ma non dobbiamo dimenticare quel muro “di gran lunga peggiore” che, nella famiglia e nella società, impedisce di realizzare relazioni distese, serene, costruttive, durevoli. È proprio per abbattere quel muro, nei nostri cuori e nelle nostre menti e, di conseguenza, nelle nostre azioni, che Gesù è venuto nel mondo. Infatti è lui che “ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell’inimicizia” (Ef 2:14). Gli uomini, con la loro religione e la loro scienza, cercano di nascondere il muro, di mascherarlo con abbellimenti simili ai graffiti apparsi sul muro di Berlino prima della sua caduta; cercano di costruire scale per scavalcarlo. Ma il muro, nascosto, mascherato, scavalcato, rimane sempre lì con i suoi effetti laceranti e devastanti. Solo Gesù può abbatterlo! Un muro non può essere abbattuto se non si elimina il suo fondamento. E quel fondamento, “la causa dell’inimicizia”, Gesù l’ha tolta di mezzo, l’ha fatta morire. “Mediante la sua croce” egli riconcilia gli uomini con Dio e, di conseguenza, gli uomini fra di loro. “Egli ha rotta la parete che faceva la chiusura” recita il verso di un noto canto di Teodorico Pietrocola Rossetti. “La parola della riconciliazione” che Dio “ha messo in noi” (2Co 5:19) è annuncio che “la parete”, il muro di separazione che chiude e impedisce relazioni costruttive fra gli uomini ad ogni livello ed in ogni contesto, è stata “rotta”, abbattuta.
Ogni giorno siamo chiamati a festeggiare l’abbattimento di questo muro ed ogni giorno siamo chiamati a “supplicare” gli uomini “nel nome di Cristo” ad essere “riconciliati con Dio”.