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Ripercorriamo le vicende accadute

 

Le notizie del terremoto di Haiti, che ha inaugurato le tragedie del nuovo anno, meritano qualche minuto del nostro tempo e qualche riflessione, valida anche per le altre catastrofi ambientali a cui abbiamo assistito negli ultimi tempi.

La successione di terremoti, frane, inondazioni che ha caratterizzato gli ultimi anni sembrano confermare che il“travaglio” (Ro 8:22) della creazione si fa sempre più intenso.

 

Prima di esprimere delle considerazioni, però, ripercorriamo quanto è accaduto ad Haiti.

Un dramma di proporzioni colossali.

Decine di migliaia di morti (circa 220.000), innumerevoli i feriti, oltre un milione i senza tetto, carestia, rischio di epidemie, disordini in ogni settore. Tutto provocato da un terremoto di forza eccezionale.

Dopo oltre una settimana, dopo due settimane si è continuato a scavare ancora tra le macerie, con i mezzi più elementari, con le mani…

I sopravvissuti, ritrovati quasi miracolosamente in vita, infatti hanno fatto ben sperare per i dispersi alla cui ricerca ci si è quindi prodigati disperatamente.

 

Cosa ci hanno fatto vedere le immagini televisive durante i giorni della tragedia?

Medici ed infermieri superimpegnati, persone addette a scavare tra le case crollate, c’è chi seppellisce i morti (ve ne sono ovunque), chi consegna gli aiuti, magari lanciandoli da mezzi aerei. Arrivano volontari ed aiuti umanitari da ogni parte del mondo, ma la situazione è molto confusa e per questo ogni iniziativa è lenta e complicata. La fame si fa sentire perché il Paese è paralizzato e si sono interrotti i normali canali di approvvigionamento.

 

Di conseguenza, si lotta per un pacco di alimenti, ci sono saccheggi, sciacallaggi, si rende necessario imporre il coprifuoco per cercare di mantenere l’ordine. Il terremoto ha lasciato un gran numero di orfani, e nel mondo ci si interroga su chi sia disposto ad adottarli, ad accoglierli…ma è polemica per le procedure da seguire e per l’inopportunità di strappare tante vite umane dal proprio Paese natìo.

 

Le immagini e le notizie che giungono a noi non possono che suscitare la compassione e la simpatia, le emozioni più intense e vive.

Penso alla notizia che i medici procedono senza sosta a praticare interventi di amputazione di arti per circoscrivere la cancrena che avanza inesorabile a causa delle contusioni.

Penso all’immagine di un bambino, trovato vivo dopo diversi giorni di isolamento tra le rovine il quale, una volta estratto dalle macerie, alza le braccia in alto per mostrare al mondo intero la sua gioia di vivere.

Mi chiedo se i riflettori del mondo rimarranno accesi a lungo su Haiti o se presto si orienteranno verso spettacoli meno desolanti ma anche meno reali, continuando ad alimentare la superficialità di sempre.

A distanza di alcuni mesi, infatti, sembra che nell’opinione pubblica non sia rimasto quasi più nulla del ricordo di quei fatti.

Del resto, che cosa sapevamo di quest’isola caraibica sino a prima del terremoto?

 

Haiti è una nazione situata nell’America Centrale, occupa la parte orientale di una delle isole del Mar dei Caraibi, occupata sul lato occidentale da Santo Domingo.

La popolazione, circa dieci milioni di abitanti, è formata dai discendenti degli schiavi che dall’Africa vennero deportati in America nei secoli scorsi.

 

Come Stato, Haiti ha ottenuto l’indipendenza dalla dominazione coloniale dopo non pochi travagli e la situazione politica generalmente precaria sta trovando una certa stabilità soltanto negli ultimi anni.

 

Haiti è la nazione più povera d’America. Tra le espressioni usate da cronisti e giornalisti che hanno seguito i fatti susseguiti al terremoto, vi è questa particolarmente significativa:

“Haiti è un pezzo d’Africa trapiantato ai Caraibi”. Non solo il colore nero della pelle degli Haitiani, ma soprattutto la loro estrema povertà evocano alla nostra mente più il Continente nero che non l’America.

 

 

Dai fatti alla riflessione, per non dimenticare

 

Cerchiamo di fermarci a riflettere per far sì che, posti a confronto con queste vicende, non rimaniamo indifferenti, non ci lasciamo travolgere dal pensiero corrente ma, con un cuore sensibile, permettiamo alla Parola di Dio di trasmetterci discernimento per valutare le cose.

È scritto:

“Esaminate ogni cosa e ritenete il bene” (1Te 5:21).

 

Prima di tutto, dobbiamo prendere atto delle contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo quanto ai mezzi di informazione.

Quanti di noi, prima di questo terremoto, conoscevano la Haiti povera e instabile quale era?

 

Nel nostro immaginario comune, i Caraibi sono sinonimo di vacanze tra le più ambite e lussuose, con scenari incantevoli di spiagge incontaminate e acque trasparenti.

Le navi da crociera solcano quelle acque offrendo i migliori confort e divertimenti.

Ma adesso, e soltanto a seguito di una catastrofe naturale epocale, scopriamo un’altra realtà che, ancora una volta, svela le ipocrisie e le contraddizioni della società in cui viviamo.

 

Oggi i mezzi di comunicazione e di informazione sono sviluppati, tecnologici e diffusi in modo capillare, ma quali sono la qualità e la coerenza delle comunicazioni e delle informazioni che veicolano?

Attraverso giornali e riviste, ma soprattutto attraverso la televisione e internet, siamo informati di tutto in tempo reale. In realtà si dà molto spazio al futile (musica, cinema, gossip), ma le guerre, le carestie, le malattie, le calamità, sono argomenti che interessano poco e, quando li ascoltiamo, sembra che non ci colpiscano più.

 

“Negli ultimi giorni…gli uomini saranno…insensibili” (2Ti 3:1-3): i mass media non hanno forse una grande responsabilità nel generare questa insensibilità?

Dobbiamo vigilare perché rischiamo di essere travolti dalla dilagante superficialità che imperversa nel nostro tempo.

 

Come ci poniamo nei confronti della televisione e internet?

Quanto tempo vi dedichiamo?

Ci avviciniamo ad essi con menti attive e lucide o passive?

Abbiamo uno spirito critico che ci permette di vagliare il bene ed il male, o lo abbiamo smarrito?

 

Dobbiamo esaminarci sul posto che i mezzi di comunicazione occupano nella nostra vita per verificarne i contenuti ed i pericoli.

Qui mi limito ad una considerazione: la comunicazione di massa manipola le menti e le coscienze. La quantità di informazioni e l’enfasi riservata ad eventi e persone non corrisponde all’importanza vera di quegli eventi e di quelle persone. Per questo ci ritroviamo inondati di messaggi inerenti i peggiori intrattenimenti e lasciati nell’ignoranza riguardo quello che davvero conta.

 

Solo il discernimento che viene dalla Parola di Dio può farci “pesare” in modo corretto le situazioni che ci circondano, per questo non dobbiamo conformarci al mondo ma essere trasformati mediante il rinnovamento della nostra mente (Ro 12:2).

 

Un’altra riflessione riguarda il nostro attaccamento ai beni che possediamo.

Di fronte a persone che non hanno più una casa e si ritrovano letteralmente “in mezzo ad una strada”, abbiamo pensato che la stessa cosa potrebbe succedere a noi?

Del resto, sono ancora vive nei nostri occhi le immagini del terremoto del 6 aprile 2009 a L’Aquila.

Come reagiremmo noi?

Che cosa penseremmo, in una simile situazione, della bontà di Dio?

 

La nostra fede rimarrebbe in piedi e noi saremmo “incrollabili” (1Co 15:58), oppure crolleremmo insieme alle nostre case?

Abbiamo goduto sino a qui di beni, di case e di ogni comodità, ma abbiamo ricordato che cosa significa essere discepoli di Gesù?

“Così dunque ognuno di voi, che non rinunzia a tutto quello che ha, non può essere mio discepolo” (Lu 14:33).

 

Se siamo discepoli di Gesù, dobbiamo essere pronti oggi stesso a rinunciare a tutto quello che abbiamo, anche a vederci crollare la casa per le scosse di un terremoto. Se questo accadrà, ci consoli il sapere che non ci potrà essere tolta la casa “eterna, nei cieli” che abbiamo “da Dio” (2Co 5:1).

 

E infine, qual è lo stato della misericordia nel nostro cuore, vedendo chi soffre, chi muore e chi perisce senza speranza, senza aver ricevuto la vita eterna?

Di Haiti abbiamo già dimenticato tutto anche noi?

Le immagini dei feriti e dei morti, degli orfani, delle vedove, delle case crollate, che cosa hanno suscitato in noi?

Abbiamo sensibilità o restiamo indifferenti?

Soffriamo con chi soffre?

L’informazione ha prodotto in noi l’azione di pregare e di donare per chi soffre?

 

“Certo, il Signore ama i popoli” (De 33:3): perciò Dio ama anche il popolo di Haiti, pur se in questo momento può sembrare difficile da credere per molti. E se Dio ama, anche chi lo teme e lo segue deve amare con il suo amore, il quale è stato sparso nei cuori di chi ha ricevuto in dono lo Spirito Santo (Ro 5:5).

Perciò dobbiamo cercare con tutte le nostre forze di fare il bene in ogni circostanza che ce ne offra l’opportunità, secondo quanto è nelle nostre possibilità di compiere, perché “chi sa fare il bene e non lo fa commette peccato” (Gm 4:17).

 

Riflettiamo almeno per un momento sul terremoto di Haiti e non dimentichiamo, perché molto probabilmente, anche se siamo lontani, c’è qualcosa che ci riguarda, qualcosa per noi.