In questi ultimi mesi mi è capitato di incontrare, in diverse zone d’Italia e al di fuori del contesto di incontri in assemblee locali, persone che conosco da anni e che, in alcuni casi, non rivedevo da tempo. Pur vivendo geograficamente lontane l’una dall’altra ed in contesti familiari e professionali diversi, avevano una scelta in comune fra loro ed anche, purtroppo, giustificazioni comuni: “Vedi, da tempo non frequento più gli incontri della chiesa. Non posso perché… come si fa a lasciare il lavoro? E poi non è che nella mia chiesa tutto fili liscio… Comunque stai tranquillo, io sono sempre lo stesso. Al Signore ci penso sempre e il Signore lo porto sempre con me”. La disaffezione verso la propria chiesa locale e la tendenza, ahimé sempre più diffuse, a chiudersi dentro il proprio individualismo mi hanno spinto a riflettere. Non desidero avere un atteggiamento di giudizio verso queste persone, piuttosto desidero incoraggiarle a rivedere la loro scelta e soprattutto le loro giustificazioni.
Ci sono nella Scritture due evidenze, una storica ed una dottrinale, che mi colpiscono in modo particolare e che devono condizionare le nostre relazione con quegli “altri” ed “altre” che il Signore ci ha posto accanto nella “nostra” chiesa locale.
L’evidenza storica: Luca, nel raccontarci la storia della nascita della prima chiesa cristiana (quella di Gerusalemme) subito dopo averci detto che “quelli che accettarono la sua parola furono battezzati” (At 2:41), cioè testimoniarono in modo visibile la loro scelta di fede, ci dice che “erano perseveranti nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli e nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nelle preghiere” (At 2:42) e poi che “tutti quelli che credevano stavano insieme…” (At 2:44). Ora, io non credo che sia cambiato qualcosa nel progetto divino per coloro che accettano la sua Parola e che scelgono liberamente di essere discepoli di Cristo. Alla scelta di fede (accettare la Parola, credere ed essere battezzati) deve seguire una scelta di vita: stare insieme con coloro che hanno compiuto la nostra stessa scelta di fede: per studiare la Bibbia, per pregare, per adorare il Signore ricordando nel pane e nel vino la sua opera per noi e per godere il dono della comunione fraterna. Vivere in modo diverso equivale a porsi al di fuori del progetto di Dio. Donare ad altri la propria comunione ricercando a nostra volta la loro, frequentare gli incontri della chiesa non sono optionals. La chiesa locale non è un negozio dove si va solo quando si sente il bisogno di qualcosa! Se nella storia della mia vita ho accettato la Parola ed ho creduto in Cristo, quella stessa storia deve proseguire programmando la mia vita ed i miei impegni in modo tale che, per quanto possibile, il progetto divino che mi vuole “insieme” agli altri e“perseverante” agli incontri della chiesa possa essere realizzato.
L’evidenza dottrinale: Paolo afferma, scrivendo ai Corinzi (1Co 12:13-14) che “noi tutti siamo stati battezzati in un unico Spirito per formare un unico corpo, Giudei e Greci, schiavi e liberi… infatti il corpo non si compone di un membro solo, ma di molte membra”. Se davvero sono stato immerso (“battezzato”) dallo Spirito Santo, che mi ha guidato al ravvedimento perché convinto di peccato ed alla fede in Cristo come unico Salvatore) e che ora è presente in me e vive in me, non posso vivere fuori dal corpo: l’obiettivo di Dio è che io formi “un unico corpo” con altri, diversi da me. Ma Dio mi ricorda anche una seconda verità: non posso essere “corpo” da solo, perché “il corpo non si compone di un membro solo”.
È vero che noi non crediamo nella dottrina cattolica per cui sarebbe la chiesa a farmi trovare Cristo e, quindi non sarebbe possibile essere salvati al di fuori della chiesa. Ma il fatto che Cristo lo si trovi nella Parola, e perciò al di fuori della chiesa, non deve in alcun modo giustificare il nostro individualismo.
Abbiamo visto infatti, sia dal racconto storico di Luca che dall’esposizione dottrinale di Paolo, che Cristo fa trovare la chiesa a quelli che hanno creduto in lui, che egli li “immerge” nel suo corpo e che desidera per loro un cammino comune, vissuto “insieme”. È vero, allora, che anche chi sceglie di vivere lontano dalla chiesa ha“il Signore sempre con sé?”. A questa domanda, non sta a me rispondere. Ha già risposto la sua Parola!