Si sta sempre più diffondendo la consuetudine di incoraggiare e poi ascoltare, durante gli incontri delle chiese locali, “testimonianze” da parte dei partecipanti. Sono momenti che a volte edificano e rafforzano la fede, mentre a volte scoraggiano e turbano: questo accade quando chi “testimonia” parla di sé piuttosto che del Signore e si presenta agli altri come se avesse un rapporto privilegiato con lui.
L’espressione “rendiamo testimonianza” la troviamo una sola volta nella Parola di Dio. È Giovanni che la usa nella breve prefazione alla sua prima lettera (1Gv 1:2). Ma di cosa e di chi rendeva testimonianza Giovanni? Egli si presenta come testimone della “parola della vita” e della “vita eterna che era presso il Padre e che ci fu manifestata”: due espressioni usate per ricordarci che la sua testimonianza ha per oggetto unico il Signore Gesù, “la Parola” che, “diventata carne”, “ha abitato per un tempo fra noi piena di grazia e di verità” (Gv 1:14). La testimonianza di Giovanni nasce da quattro azioni, ciascuna delle quali è usata per rafforzare quella precedente.
• Prima di tutto egli è testimone della Parola di Cristo (“quel che abbiamo UDITO”): egli rende testimonianza al valore degli insegnamenti di Gesù nella sua vita.
• In secondo luogo è testimone dell’Opera di Cristo (“quel che abbiamo VISTO”): Giovanni aveva visto la compassione, la tenerezza, l’amore di Gesù nel venire incontro all’umanità sofferente fino al sacrificio estremo di sé sulla croce. Egli rendeva quindi testimonianza alle azioni di Gesù.
• In terzo luogo è testimone della Gloria di Cristo (“quel che abbiamo CONTEMPLATO”): è la gloria che Giovanni aveva visto sul monte della trasfigurazione ma soprattutto davanti al corpo di Gesù risorto (“noi abbiamo contemplato la sua gloria”, Gv 1:14). Egli è quindi testimone della unicità di Gesù: infatti, quale altro uomo è degno di essere “contemplato”?
• In quarto luogo è testimone della Incarnazione di Cristo (“quel che abbiamo TOCCATO”): Giovanni, come gli altri apostoli, aveva più volte toccato il corpo di Gesù ed era stato da lui accarezzato ed abbracciato. Egli è quindi testimone della fisicità (ha avuto davvero un corpo!) e della storicità (è davvero sceso, nel tempo e nello spazio, in mezzo agli uomini!) di Gesù.
Abbiamo qui un quadro completo di quello che dovremmo annunciare quando “rendiamo testimonianza”. Dovremmo annunciare il valore degli insegnamenti di Gesù per il nostro cammino; il valore delle azioni compiute da Gesù nella nostra vita che è stata, è e sarà oggetto della sua compassione e della sua salvezza; il valore della unicità di Gesù, che è il solo ad attirare il nostro sguardo, è il solo a cui guardiamo con ammirazione e con una concentrazione esclusiva che ci porta a vedere solo lui e nessun altro diverso da lui; infine, il valore della sua storicità: per mezzo del suo Spirito egli è entrato nella storia della mia vita, ogni giorno posso “toccarlo” per fede, ogni giorno posso essere da lui accarezzato, abbracciato, consolato, rialzato!
Se, quando “rendiamo testimonianza”, terremo presente la lezione di Giovanni, allora non saremo più motivo di turbamento e di scoraggiamento; al contrario vedremo realizzarsi gli obiettivi che Giovanni si poneva: vivere la comunione fraterna e rendere completa la gioia.