Domande senza risposta
Sono nata in una famiglia cattolica tradizionalista, messa la domenica e nelle feste comandate. Non ho mai dubitato dell’esistenza di Dio. Ho frequentato con impegno i gruppi parrocchiali, gli scouts e questo mi ha portato a conoscere più da vicino tanti sacerdoti e la dottrina cattolica.
Fin da ragazzina ho fatto domande di ogni tipo, anche sulla vita dopo la morte.
Chi mi assicurava che se mi comportavo in un certo modo potevo andare in cielo?
Le risposte che mi davano non erano soddisfacenti, ma la chiesa cattolica è tanto numerosa, potente, doveva per forza avere ragione!
Finite le superiori iniziai a frequentare l’univer-
sità e avevo fretta di terminare gli studi perché desideravo sposarmi, avere una famiglia mia dove con mio marito avrei potuto ospitare gli amici e fare tante cose meravigliose.
Così, terminati gli studi, realizzai il mio sogno e lo feci col massimo entusiasmo. Continuai a frequentare la chiesa, ma sempre di meno.
Più diventavo matura più avevo domande senza risposta. Nonostante i miei sogni si fossero avverati il mio cuore era vuoto. Pretendevo che chi mi stava vicino colmasse quel vuoto e mi sembrava che nessuno si prendesse veramente cura di me e dei miei bisogni.
Andavo a parlare con i sacerdoti che stimavo e chiedevo spiegazioni sulla confessione, la comunione, la messa, i vari riti e sulla mia scontentezza. Un giorno un prete mi consigliò di leggere un libro di Ignazio Silone, non lo lessi.
A tu per tu con l’Autore della Parola!
Intanto erano passati gli anni e avevo due figlie piccole. Che cosa potevo trasmettere a loro di stabile, di incrollabile se io non avevo certezze? Mi era tornata la paura della morte.
Che senso aveva la vita? Per che cosa lottare?
Un giorno mi ricordai degli evangelici. Avevo conosciuto qualcuno di loro quando avevo 17 anni, ora ne avevo 30.
Sapevo che si riunivano in una piccola sala del centro storico e la domenica decisi di entrare. Non fu facile perché questa sala si trovava proprio vicino alla chiesa che avevo frequentato da giovane e lì intorno molti mi conoscevano e io mi vergognavo.
Non ricordo di cosa parlarono, ma i canti e soprattutto l’accoglienza calorosa mi diedero un senso di pace.
Ma io sono una persona estremamente razionale; perciò, passata la prima emozione, la domenica successiva tornai alla messa. Dovevo verificare.
Questa alternanza durò vari mesi e nel frattempo iniziai a leggere la Bibbia. Pensavo di essere una conoscitrice delle sacre Scritture perché in chiesa venivano lette ogni domenica ma per la prima volta, senza intermediari, mi ritrovai a tu per tu con l’Autore della Parola.
Una domenica che ero tornata nella sala evangelica il predicatore lesse il brano di Giovanni 15:15 (“io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone, ma vi ho chiamati amici…”).
Ed io pensai: “Sì, ma gli amici condividono i propri pensieri” e il predicatore continuò dicendo: “Lui vuole rivelarvi i suoi pensieri”.
In quel momento capii le parole di Gesù:
“Hanno occhi e non vedono, hanno orecchi e non odono” (Mr 8:18)!
Ero io l’ostacolo per il Signore!
Realizzai allora quell’opera unica e meravigliosa che il figlio di Dio aveva fatto per me sulla croce: mi aveva amata prima che io nascessi. Così accettai il perdono dei miei peccati da quella mano che era sempre stata tesa verso di me, ma che io non vedevo.
Finalmente: certezze… certe!
Mi sentivo leggera, come se un enorme peso mi fosse caduto dalle spalle, il Signore non si sarebbe più ricordato dei miei peccati. A 31 anni ero “ nata di nuovo”, mi ero cioè convertita dalla mia vecchia vita. Potevo ricominciare da capo. Ora potevo parlare alla mia famiglia di quel Dio personale e Salvatore che aveva riempito il vuoto del mio cuore e che poteva fare in me ogni cosa nuova, come dice la Bibbia.
La mia paura della morte scomparve all’improvviso, ora sapevo che, come la Parola insegna, “chi crede ha vita eterna”.
Se fossi morta in quel momento mi sarei trovata subito alla presenza del Signore, niente purgatorio perché non esiste, ma niente inferno perché ero perdonata, non per opere mie ma per la grazia di Gesù. Apparentemente la vita scorreva come prima ma dentro di me ora c’erano certezze nuove e una forza che si rinnovava lungo il cammino.
Sono passati 26 anni dal giorno in cui ho affidato la mia vita al Signore, mi dispiace solo di non averlo conosciuto prima. Dopo tutto questo tempo in cui la vita mi ha riservato gioie, ma non sono mancate sofferenze, posso testimoniare della fedeltà del Signore, della sua pazienza ogni giorno e di quella pace che lui solo sa dare. Ho parlato ai miei parenti di questo tesoro che ho trovato, ai miei amici, ai colleghi di lavoro, ai conoscenti convinta che avrebbero apprezzato subito questa cosa meravigliosa.
I più hanno sorriso, qualcuno si è incuriosito ed è venuto con me per saperne di più. Mia cognata è restata ed è diventata una figlia di Dio e così pure mia nipote e le mie due figlie che sono sposate con due giovani che amano il Signore.
Ma la storia non finisce qui perché c’è tanta gente che ha un bisogno e non lo sa: quello di conoscere il Signore e di farne il proprio personale Salvatore per essere certi che “non ci lascerà e non ci abbandonerà”. Il Signore ci rispetta, non sfonda porte e non forza la nostra volontà ma ci aspetta: “Ecco, io sto alla porta e busso, se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3:20).
Non c’è peccato troppo grave che il Signore non possa perdonare, non c’è dolore troppo grande che non sappia capire. Per questo è importante accogliere oggi l’invito che il Signore ci rivolge!