“Ha vinto l’antipolitica, hanno vinto i movimenti antipartiti…”: queste le parole che ho letto sui giornali a commento dei risultati dell’ultima limitata tornata elettorale. Ma il suffisso “anti” è più che mai di moda di questi tempi: si parla di “provvedimenti anticrisi”, della necessita di potenziare “i servizi dell’antiterrorismo e dell’antimafia” per non parlare poi di quelli “antievasione” e… l’elenco potrebbe continuare. “Anti” è, nella nostra lingua, un prefisso utilizzato generalmente per indicare la scelta di opporsi a realtà che non riteniamo giuste e che in qualche modo vorremmo cambiare. Quindi, negli esempi di sopra, serve ad esprimere il desiderio di cambiare la politica e i partiti e di arginare o bloccare i tristissimi fenomeni della crisi economica, del terrorismo, della mafia, dell’evasione fiscale.
Ma i movimenti e i provvedimenti “anti” finiscono, nel nostro povero Paese, per rivelarsi alla breve o alla lunga, non contrari ma sostanzialmente uguali alle realtà alle quali si oppongono. E qui s’impone una riflessione che rivela in tutta la sua drammaticità l’incoerenza e l’assenza di solidi valori morali e spirituali nella società intorno a noi. Infatti ad una politica e a partiti che hanno fatto della corruzione e del clientelismo il loro avvelenato pane quotidiano si oppongono un’antipolitica e antipartiti che, rappresentati prima dalla Lega ed ora dai cosidetti “grillini”, hanno fatto del turpiloquio e di ogni tipo di volgarità, gestuale e non gestuale, il loro cavallo di battaglia. E che dire di provvedimenti “anticrisi” che hanno gettato nella crisi più profonda decine di piccoli imprenditori e migliaia di pensionati e di famiglie? Si potrebbe proseguire ricordando che “antiterrorismo” e “antimafia” sono stati spesso combattuti da servizi segreti, talmente segreti che nessuno ha mai capito se attentati bollati come “terroristici” e “mafiosi” non siano stati in realtà organizzati proprio dai loro “anti”.
Nella dinamica perversa provocata dalla loro condizione di peccato gli uomini finiscono con il rispondere al male con il male, perché ciò che è “anti” in realtà è uguale a ciò che non lo è. Detto in parole più chiare, è il male (e non il bene!) che viene usato per opporsi al male. Il male viene combattuto con un altro male, forse meno peggiore ma pur sempre “male”, a tal punto che “il bene” consiste ormai in un male considerato minore. Inquesta assoluta confusione di valori e di strategie, nella quale gli uomini, “non distinguono fra santo e profano”e non conoscono più “la differenza che passa fra ciò che è impuro e ciò che è puro” (Ez 22:26), siamo chiamati a proseguire il nostro cammino come “figli di luce” (Ef 5:8), ad “insegnare al popolo a distinguere fra il sacro e il profano” e a fargli “conoscere la differenza fra ciò che è puro e ciò che è impuro” (Ez 44:23). C’è bisogno di opporsi a tutte le scelte ed a tutti i comportamenti moralmente e spiritualmente “profani” ed “impuri” con un vero “anti”, cioè con una vera opposizione di valori e di ideali, non lasciandoci “vincere dal male” mavincendo “il male con il bene” (Ro 12:23). E in che cosa consiste “il bene” se non nell’affrontare “il male” con le armi della verità, della giustizia, del Vangelo, della fede in Cristo, della Parola di Dio e della preghiera (cfr Ef 6:14-18)? Nel mondo, come sappiamo, sono già all’opera “molti anticristi” (1Gv 2:18), molti oppositori dicolui che è il vero Bene. Ma questo non deve spaventarci, piuttosto deve incoraggiarci a lasciarci guidare da Dio per essere noi, con la nostra vita, i veri “anti”: di Satana, del peccato, del mondo!