Si festeggia uno… Sconosciuto!
Fra qualche giorno, come ogni anno, tornerà la cosidetta “Festa di Natale”: è una buona occasione per sviluppare alcune semplici riflessioni che tutti i credenti in Cristo dovrebbero tenere in seria considerazione per affrontare in modo consapevole qualsiasi ragionamento intorno a questa festa.
Penso che tutti abbiamo avuto occasione di osservare che, nei calendari che normalmente usiamo tutti i giorni, alla data del 25 dicembre è scritto: “Natività di nostro Signore”.
Tutti sappiamo inoltre che, nei giorni che precedono questa festività, vi è un gran fermento di persone che vanno e vengono per le strade delle città e tutte si danno un gran da fare per fare acquisti di ogni genere, con un consumismo che dilaga in modo sempre più frenetico e scambiandosi, quando si incontrano, il tradizionale augurio di “Buon Natale”.
Questa festa avrebbe quindi lo scopo di festeggiare la nascita del Signore Gesù. Ma in primo luogo mi domando:
“Che senso ha festeggiare la nascita di Gesù se la maggior parte delle persone non lo conosce affatto o ne ha sentito parlare ma senza mai mostrare il desiderio di conoscerlo veramente?”.
Per fare un po’ di chiarezza, ritengo opportuno scrivere due parole sull’origine della festa di Natale nella Chiesa antica. Infatti, relativamente all’essenza di questa festa, ci si pone spesso la domanda: “´È una festa cristiana o è una festa pagana?”. Tutti possiamo facilmente comprendere che non è una domanda di poco conto, anzi...
Una data storicamente improponibile
La festa di Natale del 25 dicembre fu del tutto sconosciuta ai cristiani dei primi tre secoli. Fino all’inizio del quarto secolo questa data trascorse infatti senza alcuna importanza e senza che i cristiani di allora si riunissero quel giorno per particolari incontri celebrativi. Anzi la nascita del Signore Gesù non solo non era ricordata, ma non era neppure menzionata.
In quel tempo in realtà la giornata del 25 dicembre era dedicata dall’Impero Romano al culto pagano della festa del dio Sole.
La Chiesa dei primi secoli, fra l’altro, non conosceva affatto la data della nascita del Signore Gesù e non se ne preoccupò più di tanto.
Gli stessi Evangelisti non ci indicano tale data (dall’inizio del Vangelo di Luca possiamo trarre alcune deduzioni non del tutto precise ma soltanto relativamente all’anno, non al giorno!) e, se gli Evangeli tacciono, noi non possediamo altre fonti storicamente attendibili.
Per altro, tornando al Vangelo di Luca, vi leggiamo che nel racconto della storia della nascita di Gesù (Lu 1:26-35; 2:8) si fa riferimento a dei pastori che “stavano nei campi”. Si tratta di un indizio dal quale si potrebbe dedurre perlomeno in quale periodo dell’anno sia avvenuta la nascita di Gesù.
In Palestina infatti i pastori trascorrevano il loro tempo con le greggi “nei campi” soltanto da marzo-aprile fino a novembre. Secondo questa indicazione, per collocare il giorno della nascita di Gesù, dovremmo prendere in considerazione la primavera, l’estate e i due primi mesi autunnali. Dai racconti che leggiamo negli Evangeli non possiamo saperne di più circa la data della nascita di Gesù.
In base a calcoli e, soprattutto, a speculazioni di ogni genere che non hanno però alcun valore storico e che non sono state riconosciute dalla Chiesa antica, gli uni indicano come data della nascita di Gesù il 19 aprile, gli altri il 20 maggio ed altri ancora anche il 2 aprile. In altri casi, però meno accreditati, si individuò una data d’inverno, ponendo in primavera il concepimento di Gesù e, di conseguenza, la sua nascita nove mesi dopo, in inverno.
Una festa di origine pagana, poi politicamente sincretista
Nei primi tre secoli dunque predomina l’indifferenza ufficiale della Chiesa antica, riguardo alla determinazione della data della nascita di Gesù. I primi cristiani non provavano affatto il bisogno di celebrare in modo particolare il momento della sua discesa sulla terra. Gli avvenimenti verso i quali essi mostravano di avere maggiori interesse e attenzione erano la sua morte e la sua risurrezione, certamente molto più che la sua incarnazione. Infatti “il giorno del Signore” (Ap 1:10) da festeggiare era ogni primo giorno della settimana, il giorno della risurrezione, quello che sarebbe poi diventato la nostra domenica.
Le cose cambiarono con l’avvento al potere dell’imperatore romano Costantino I il Grande, Caio Flavio Valerio Aurelio, che regnò dall’anno 306 fino al 337. Egli, per puro opportunismo politico, si convertì (!) al cristianesimo e da allora le cose cambiarono.
Come ho già detto, nel mondo pagano il 25 dicembre veniva celebrata la festa, particolarmente importante, dedicata al dio Sole. Ebbene, l’imperatore volle subito unire coscientemente il culto del dio Sole con il culto del Dio Cristo e praticarli congiuntamente.
Nell’Impero Romano era molto venerata la divinità di Mitra, che si identificava con il Sole, e che veniva celebrata in modo speciale il 25 dicembre perché era il giorno in cui il sole raggiungeva la massima distanza dall’equatore. Gli imperatori romani, prima ancora della diffusione del culto di Mitra, avevano eretto templi al “Sol Invictus”, cioè al dio Sole invitto ed invincibile.
Questo culto veniva celebrato con giochi, con grandi fuochi accesi, che avevano lo scopo di aiutare il Sole ad elevarsi sull’orizzonte. Il culto di Mitra, la venerazione del Sole, era molto caro ai soldati romani e prese forme concrete rappresentando, per la sua diffusione nel corso del terzo secolo, una pericolosa concorrenza per il cristianesimo.
Una strategia sincretista
Oggi si può ritenere per certo che Costantino, più che cristiano, sia stato un convinto “sincretista”, che abbia cioè mirato ad una fusione fra il cristianesimo e gli elementi più popolari del paganesimo. In questa cornice poteva ben inserirsi quel miscuglio di credenze e di religioni che continua fino ai nostri giorni come ben testimoniano gli incontri svoltisi in un passato anche recente nella città di Assisi. Fu quindi proprio sotto Costantino che il giorno dedicato al culto di Mitra e del dio Sole divenne una festività celebrata in tutto l’impero. Contestualmente fu per la sua influenza e per la sua volontà che egli determinò come giorno della nascita di Cristo il 25 dicembre.
La festa pagana, fortemente radicata in tutto l’impero e dedicata al “Sol invictus”, non scomparve mai del tutto, anzi fu conservata attraverso diverse usanze che influenzarono anche i cristiani i quali, gradualmente, le recepirono, come ad esempio la consuetudine di accendere fuochi.
Conclusione
In conclusione da questa breve storia sull’origine del Natale, cosa ricaviamo?
- I cristiani non celebrarono e non celebrano il 25 dicembre come data propriamente storica della nascità di Gesù.
- Gli avvenimenti centrali nella storia di Cristo, secondo il contenuto dei testi del Nuovo Testamento, sono la sua morte e la sua risurrezione. È solo su questi avvenimenti, così come faceva la Chiesa antica, che siamo chiamati a celebrare in suo onore “Il giorno del Signore”, cioè la domenica. Lo facciamo con i simboli del pane e del vino che ci ricordano la morte di Gesù, ma anche la sua risurrezione perché egli è risorto, è vivente e sta per tornare.