Introduzione
La terza lettera di Giovanni ha molte cose in comune con 2Giovanni, a partire dalla brevità e la scelta dell’autore di presentarsi nella veste di “anziano”.
In questo caso questa definizione appare particolarmente appropriata in quanto il problema affrontato ha a che fare con la conservazione della vera natura della chiesa. Alla luce degli sviluppi in epoca post-apostolica, questa documentazione dell’intervento di un apostolo per correggere una tendenza che lui condanna è preziosa.
Il filo conduttore delle questioni affrontate in questa lettera è lo stesso di quello che abbiamo trovato in 2 Giovanni: l’ospitalità o l’accoglienza. Soltanto che, al posto di vietare di praticarla a beneficio di seduttori, qui Giovanni promuove l’ospitalità di quei fedeli servitori di Cristo e della verità che svolgono ministeri itineranti.
In questa lettera vengono menzionati due uomini appartenenti a una stessa chiesa in cui avevano una qualche responsabilità: Gaio, che gode dell’approvazione dell’apostolo, e Diotrefe. il cui comportamento l’apostolo disapprova. È evidente da questa breve lettera che la questione della guida della chiesa e il tipo di comunione che pratica con il resto del Corpo di Cristo è strettamente legata agli interessi della verità stessa. L’altra persona nominata nella lettera è Demetrio, probabilmente il latore della lettera.
La lettera stessa, oltre ad essere di sostegno a Gaio, ha anche la funzione di preparare una probabile visita personale dell’autore alla chiesa della quale Gaio e Diotrefe fanno parte (vv. 10, 13-14).
Il testo della lettera
“L’anziano al carissimo Gaio, che io amo nella verità. Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda di buona salute, come prospera l’anima tua. Mi sono rallegrato molto quando sono venuti alcuni fratelli che hanno reso testimonianza della verità che è in te, del modo in cui tu cammini nella verità. Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità. Carissimo, tu agisci fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, per di più stranieri. Questi hanno reso testimonianza del tuo amore, davanti alla chiesa; e farai bene a provvedere al loro viaggio in modo degno di Dio; perché sono partiti per amore del nome di Cristo, senza prender niente dai pagani. Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone, per collaborare in favore della verità.
Ho scritto qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe, che aspira ad avere il primato tra di loro, non ci riceve. Perciò, se vengo io ricorderò le opere che fa, sparlando contro di noi con parole maligne; e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori dalla chiesa. Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha visto Dio. A Demetrio è stata resa testimonianza da tutti e dalla stessa verità; e anche noi gli rendiamo testimonianza e tu sai che la nostra testimonianza è vera. Avrei molte cose da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna. Poiché spero di vederti presto, e allora parleremo a voce. La pace sia con te. Gli amici ti salutano. Saluta gli amici a uno a uno.”
Un messaggio di incoraggiamento per Gaio, il destinatario della lettera (vv. 1-8)
vv- 1-4
La vita di Gaio, che Giovanni considera un suo figlio spirituale, era fortemente identificata con la verità. Giovanni aveva ricevuto la testimonianza di fratelli che avevano visto questo e il fatto che il suo cammino era conforme a quello che credeva. Questo fatto era motivo di grande gioia per l’apostolo e ragione per cui amava Gaio “nella verità” e pregava che la sua vita potesse prosperare a trecentosessanta gradi.
vv. 5-8
L’amore di Gaio per la verità lo spingeva a assistere i predicatori itineranti che avevano testimoniato davanti alla chiesa di cui Giovanni faceva parte dell’aiuto ricevuto da lui. Tali fratelli avevano agito “per amore del nome di Cristo” e quindi non si aspettavano un aiuto finanziario dal di fuori della comunione dei santi. Allo stesso modo l’amore pratico dimostrato da Gaio era il suo modo di “collaborare in favore della verità”.
Nel fare questo Gaio si trovava a dare ospitlità a fratelli “stranieri”. Infatti l’essenza dell’ospitalità (gr. philoxenia) è proprio l’amore mostrato verso lo straniero (xenos).
Mentre Gaio aveva svolto questo ministero fedelmente, spinto dall’amore (gr. agapē) che lo Spirito di Dio aveva messo nel suo cuore (vv. 5-6; cfr. Ro 5:5), Diotrefe stava mettendo pressione su di lui affinché non praticasse più tale ospitalità (vv. 9-10). Con questa lettera Giovanni incoraggia Gaio a continuare a farlo e a provvedere per il viaggio
di questi servitori itineranti, perché così facendo collaborava “in favore della verità” in quanto i servitori in questione erano “partiti per amore del nome di Cristo”.
Diotrefe (vv. 9-11)
In questa lettera Giovanni prende posizione contro chi desidera avere il primato in una chiesa locale (cfr. Pietro, At 5:1-11; e Paolo, 2 Co 10-13). Il problema era soprattutto ecclesiale, con conseguenze sia morali che pratiche. Infatti quando Giovanni scrisse questa lettera, la ricerca del primato, esemplificata nell’agire di Diotrefe, stava per diventare una tendenza; in seguito sarebbe diventata la norma in gran parte della Cristianità.
Questa tendenza chiaramente avrebbe costituito una tentazione per uomini ambiziosi come Diotrefe e quindi avrebbe recato grande danno alla causa della verità. Gesù aveva ordinato di misurare la propria grandezza in base alla qualità del proprio servizio (Mr 10:42-45). Quindi chi desiderava impegnarsi come parte della conduzione di una chiesa locale avrebbe dovuto farlo con questo spirito di servizio, accontentandosi di fare la propria parte come membro di un collegio di anziani/vescovi, come sia Pietro che Paolo avevano insegnato (1P 5:1-3; Tt 1:5-9). Invece sia l’autore di 1Clemente che Ignazio nelle sue Epistole, promossero l’idea di tre livelli di ministero con un vescovo sopra gli anziani e sotto di questi i diaconi. Così il primato veniva attribuito al solo uomo.
In realtà il primato appartiene soltanto a Cristo e quindi non può legittimamente appartenere a nessun uomo (Cl 1:18).
La ricerca del primato fa dimenticare che la chiesa non appartiene ad alcun uomo o movimento. Pietro insegna con grande chiarezza
che gli anziani sono chiamati a essere d’esempio al gregge che sono chiamati a sorvegliare e non a signoreggiare su di esso (1 P 5:1-3).
L’intervento di Giovanni, nella sua terza lettera, serviva per risanare una situazione specifica creatasi nella chiesa di cui Gaio faceva parte, ma servì anche come avvertimento. Giovanni definisce un “male” l’agire di Diotrefe, non un legittimo sviluppo nella struttura ecclesiastica.
Così, con la sua caratteristica schiettezza, l’apostolo mette in guardia Gaio con queste parole: “Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha visto Dio” (3Gv v. 11). Anche perché la ricerca del primato umano in una chiesa spesso nasconde le ambizioni malsane di un falso fratello o di un falso profeta (cfr. At 20:30; Ap 2:20-21).
Per avere il primato Diotrefe dovette calunniare gli altri, compreso l’apostolo Giovanni, arrivando al punto di cestinare una lettera che l’apostolo aveva scritto alla chiesa (v. 10). Dovette anche esasperare il concetto dell’autonomia della chiesa locale, rifiutando di accogliere dei servitori di Dio che desideravano fare visita per svolgervi il loro ministero di edificazione. Quando altri membri della chiesa li accolsero comunque, Diotrefe cacciò questi visitatori “fuori dalla chiesa” come persone non gradite.
Visto che c’era di mezzo un apostolo, Diotrefe non avrebbe potuto appellarsi alla responsabilità dei conduttori di proteggere il gregge da “lupi rapaci” (At 20:29) per giustificare il suo agire. La verità che disconobbe fu quella degli autentici doni elargiti dallo Spirito Santo, al fine di consolidare il proprio potere su qualcosa che non era suo: la chiesa di Cristo (cfr. 1Co 3:21-23).
Con la sua lettera Giovanni non soltanto passaun giudizio su questo agire; fa anche sapere a Gaio la sua intenzione di fare visita per confrontarsi con Diotrefe personalmente (vv. 10, 13-14). Il fatto che la lettera sia stata conservata nel canone biblico suggerisce che il problema di Diotrefe fu risolto. Così la lettera rimane uno strumento per affrontare e risolvere simili problemi nella chiesa anche ai nostri tempi.
La chiusa (vv. 12-15)
Demetrio è un altro fratello cui, come a Gaio, veniva resa una buona testimonianza da parte di tutti, compreso l’apostolo, anche a motivo del suo attaccamento alla verità. Il fatto che Giovanni non spieghi il perché della menzione di questo fratello, con questa raccomandazione, fa pensare che Demetrio fosse il latore della lettera. Intanto Giovanni annuncia la propria intenzione di fare visita a Gaio, ragione per cui non aveva affrontato altri argomenti “con inchiostro e penna”. Preferiva parlarne a voce.
Il saluto contiene una sorpresa per coloro che sono abituati al modo in cui gli apostoli Pietro e Paolo concludono le loro lettere. Saluti, e frasi come “la pace sia con te”, sono comuni. Ciò che contraddistingue questa lettera è la scelta di chiamare “amici” chi dà e chi riceve saluti.
Non che sia strano: è semplicemente insolito in una lettera apostolica.
In realtà questa scelta costituisce un altro segno della paternità giovannea della lettera. Soltanto nel Vangelo di Giovanni viene riportato il fatto che Gesù abbia usato l’appellativo “amici” per definire i futuri apostoli (Gv 15:1315). Evidentemente Giovanni aveva fatto tesoro di questa definizione e non esitava a usarla per definire il tipo di rapporto che nasce fra coloro che sono mossi “per amore del nome di Cristo” e chi li sostiene.
Per la riflessione personale e lo studio di gruppo
- Che cosa impariamo da questa lettera sul
- sostegno pratico di persone che svolgono un ministero itinerante con l’approvazione della chiesa di provenienza e che servono “in favore della verità”?
- Da come Giovanni valuta l’agire di Diotrefe, che cosa apprendiamo riguardo ai limiti del-l’autonomia delle chiese locali che danno il primato a Cristo?
Introduzione
La terza lettera di Giovanni ha molte cose in comune con 2Giovanni, a partire dalla brevità e la scelta dell’autore di presentarsi nella veste di “anziano”.
In questo caso questa definizione appare particolarmente appropriata in quanto il problema affrontato ha a che fare con la conservazione della vera natura della chiesa. Alla luce degli sviluppi in epoca post-apostolica, questa documentazione dell’intervento di un apostolo per correggere una tendenza che lui condanna è preziosa.
Il filo conduttore delle questioni affrontate in questa lettera è lo stesso di quello che abbiamo trovato in 2 Giovanni: l’ospitalità o l’accoglienza. Soltanto che, al posto di vietare di praticarla a beneficio di seduttori, qui Giovanni promuove l’ospitalità di quei fedeli servitori di Cristo e della verità che svolgono ministeri itineranti.
In questa lettera vengono menzionati due uomini appartenenti a una stessa chiesa in cui avevano una qualche responsabilità: Gaio, che gode dell’approvazione dell’apostolo, e Diotrefe. il cui comportamento l’apostolo disapprova. È evidente da questa breve lettera che la questione della guida della chiesa e il tipo di comunione che pratica con il resto del Corpo di Cristo è strettamente legata agli interessi della verità stessa. L’altra persona nominata nella lettera è Demetrio, probabilmente il latore della lettera.
La lettera stessa, oltre ad essere di sostegno a Gaio, ha anche la funzione di preparare una probabile visita personale dell’autore alla chiesa della quale Gaio e Diotrefe fanno parte (vv. 10, 13-14).
Il testo della lettera
“L’anziano al carissimo Gaio, che io amo nella verità. Carissimo, io prego che in ogni cosa tu prosperi e goda di buona salute, come prospera l’anima tua. Mi sono rallegrato molto quando sono venuti alcuni fratelli che hanno reso testimonianza della verità che è in te, del modo in cui tu cammini nella verità. Non ho gioia più grande di questa: sapere che i miei figli camminano nella verità. Carissimo, tu agisci fedelmente in tutto ciò che fai in favore dei fratelli, per di più stranieri. Questi hanno reso testimonianza del tuo amore, davanti alla chiesa; e farai bene a provvedere al loro viaggio in modo degno di Dio; perché sono partiti per amore del nome di Cristo, senza prender niente dai pagani. Noi dobbiamo perciò accogliere tali persone, per collaborare in favore della verità.
Ho scritto qualcosa alla chiesa; ma Diotrefe, che aspira ad avere il primato tra di loro, non ci riceve. Perciò, se vengo io ricorderò le opere che fa, sparlando contro di noi con parole maligne; e non contento di questo, non solo non riceve egli stesso i fratelli, ma a quelli che vorrebbero riceverli impedisce di farlo, e li caccia fuori dalla chiesa. Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha visto Dio. A Demetrio è stata resa testimonianza da tutti e dalla stessa verità; e anche noi gli rendiamo testimonianza e tu sai che la nostra testimonianza è vera. Avrei molte cose da scriverti, ma non voglio farlo con inchiostro e penna. Poiché spero di vederti presto, e allora parleremo a voce. La pace sia con te. Gli amici ti salutano. Saluta gli amici a uno a uno.”
Un messaggio di incoraggiamento per Gaio, il destinatario della lettera (vv. 1-8)
vv- 1-4
La vita di Gaio, che Giovanni considera un suo figlio spirituale, era fortemente identificata con la verità. Giovanni aveva ricevuto la testimonianza di fratelli che avevano visto questo e il fatto che il suo cammino era conforme a quello che credeva. Questo fatto era motivo di grande gioia per l’apostolo e ragione per cui amava Gaio “nella verità” e pregava che la sua vita potesse prosperare a trecentosessanta gradi.
vv. 5-8
L’amore di Gaio per la verità lo spingeva a assistere i predicatori itineranti che avevano testimoniato davanti alla chiesa di cui Giovanni faceva parte dell’aiuto ricevuto da lui. Tali fratelli avevano agito “per amore del nome di Cristo” e quindi non si aspettavano un aiuto finanziario dal di fuori della comunione dei santi. Allo stesso modo l’amore pratico dimostrato da Gaio era il suo modo di “collaborare in favore della verità”.
Nel fare questo Gaio si trovava a dare ospitlità a fratelli “stranieri”. Infatti l’essenza dell’ospitalità (gr. philoxenia) è proprio l’amore mostrato verso lo straniero (xenos).
Mentre Gaio aveva svolto questo ministero fedelmente, spinto dall’amore (gr. agapē) che lo Spirito di Dio aveva messo nel suo cuore (vv. 5-6; cfr. Ro 5:5), Diotrefe stava mettendo pressione su di lui affinché non praticasse più tale ospitalità (vv. 9-10). Con questa lettera Giovanni incoraggia Gaio a continuare a farlo e a provvedere per il viaggio
di questi servitori itineranti, perché così facendo collaborava “in favore della verità” in quanto i servitori in questione erano “partiti per amore del nome di Cristo”.
Diotrefe (vv. 9-11)
In questa lettera Giovanni prende posizione contro chi desidera avere il primato in una chiesa locale (cfr. Pietro, At 5:1-11; e Paolo, 2 Co 10-13). Il problema era soprattutto ecclesiale, con conseguenze sia morali che pratiche. Infatti quando Giovanni scrisse questa lettera, la ricerca del primato, esemplificata nell’agire di Diotrefe, stava per diventare una tendenza; in seguito sarebbe diventata la norma in gran parte della Cristianità.
Questa tendenza chiaramente avrebbe costituito una tentazione per uomini ambiziosi come Diotrefe e quindi avrebbe recato grande danno alla causa della verità. Gesù aveva ordinato di misurare la propria grandezza in base alla qualità del proprio servizio (Mr 10:42-45). Quindi chi desiderava impegnarsi come parte della conduzione di una chiesa locale avrebbe dovuto farlo con questo spirito di servizio, accontentandosi di fare la propria parte come membro di un collegio di anziani/vescovi, come sia Pietro che Paolo avevano insegnato (1P 5:1-3; Tt 1:5-9). Invece sia l’autore di 1Clemente che Ignazio nelle sue Epistole, promossero l’idea di tre livelli di ministero con un vescovo sopra gli anziani e sotto di questi i diaconi. Così il primato veniva attribuito al solo uomo.
In realtà il primato appartiene soltanto a Cristo e quindi non può legittimamente appartenere a nessun uomo (Cl 1:18).
La ricerca del primato fa dimenticare che la chiesa non appartiene ad alcun uomo o movimento. Pietro insegna con grande chiarezza
che gli anziani sono chiamati a essere d’esempio al gregge che sono chiamati a sorvegliare e non a signoreggiare su di esso (1 P 5:1-3).
L’intervento di Giovanni, nella sua terza lettera, serviva per risanare una situazione specifica creatasi nella chiesa di cui Gaio faceva parte, ma servì anche come avvertimento. Giovanni definisce un “male” l’agire di Diotrefe, non un legittimo sviluppo nella struttura ecclesiastica.
Così, con la sua caratteristica schiettezza, l’apostolo mette in guardia Gaio con queste parole: “Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha visto Dio” (3Gv v. 11). Anche perché la ricerca del primato umano in una chiesa spesso nasconde le ambizioni malsane di un falso fratello o di un falso profeta (cfr. At 20:30; Ap 2:20-21).
Per avere il primato Diotrefe dovette calunniare gli altri, compreso l’apostolo Giovanni, arrivando al punto di cestinare una lettera che l’apostolo aveva scritto alla chiesa (v. 10). Dovette anche esasperare il concetto dell’autonomia della chiesa locale, rifiutando di accogliere dei servitori di Dio che desideravano fare visita per svolgervi il loro ministero di edificazione. Quando altri membri della chiesa li accolsero comunque, Diotrefe cacciò questi visitatori “fuori dalla chiesa” come persone non gradite.
Visto che c’era di mezzo un apostolo, Diotrefe non avrebbe potuto appellarsi alla responsabilità dei conduttori di proteggere il gregge da “lupi rapaci” (At 20:29) per giustificare il suo agire. La verità che disconobbe fu quella degli autentici doni elargiti dallo Spirito Santo, al fine di consolidare il proprio potere su qualcosa che non era suo: la chiesa di Cristo (cfr. 1Co 3:21-23).
Con la sua lettera Giovanni non soltanto passaun giudizio su questo agire; fa anche sapere a Gaio la sua intenzione di fare visita per confrontarsi con Diotrefe personalmente (vv. 10, 13-14). Il fatto che la lettera sia stata conservata nel canone biblico suggerisce che il problema di Diotrefe fu risolto. Così la lettera rimane uno strumento per affrontare e risolvere simili problemi nella chiesa anche ai nostri tempi.
La chiusa (vv. 12-15)
Demetrio è un altro fratello cui, come a Gaio, veniva resa una buona testimonianza da parte di tutti, compreso l’apostolo, anche a motivo del suo attaccamento alla verità. Il fatto che Giovanni non spieghi il perché della menzione di questo fratello, con questa raccomandazione, fa pensare che Demetrio fosse il latore della lettera. Intanto Giovanni annuncia la propria intenzione di fare visita a Gaio, ragione per cui non aveva affrontato altri argomenti “con inchiostro e penna”. Preferiva parlarne a voce.
Il saluto contiene una sorpresa per coloro che sono abituati al modo in cui gli apostoli Pietro e Paolo concludono le loro lettere. Saluti, e frasi come “la pace sia con te”, sono comuni. Ciò che contraddistingue questa lettera è la scelta di chiamare “amici” chi dà e chi riceve saluti.
Non che sia strano: è semplicemente insolito in una lettera apostolica.
In realtà questa scelta costituisce un altro segno della paternità giovannea della lettera. Soltanto nel Vangelo di Giovanni viene riportato il fatto che Gesù abbia usato l’appellativo “amici” per definire i futuri apostoli (Gv 15:1315). Evidentemente Giovanni aveva fatto tesoro di questa definizione e non esitava a usarla per definire il tipo di rapporto che nasce fra coloro che sono mossi “per amore del nome di Cristo” e chi li sostiene.
Per la riflessione personale e lo studio di gruppo
- Che cosa impariamo da questa lettera sul
- sostegno pratico di persone che svolgono un ministero itinerante con l’approvazione della chiesa di provenienza e che servono “in favore della verità”?
- Da come Giovanni valuta l’agire di Diotrefe, che cosa apprendiamo riguardo ai limiti del-l’autonomia delle chiese locali che danno il primato a Cristo?