“Were you there when they crucified my Lord?”: questa è la prima delle tre domande con cui un noto canto negro spiritual inizia ogni strofa: “C’eri tu quando crocifissero il mio Signore? C’eri tu quando lo deposero nella tomba? C’eri tu quando la pietra fu rotolata dalla tomba?”.
La certezza del Dio Creatore è il primo fondamento della fede cristiana. Non è possibile infatti comprendere le conseguenze della caduta dell’uomo e l’amore di cui egli è stato oggetto nel piano divino di salvezza, realizzato nella persona di Cristo, se non si comprende che egli fu creato a immagine e somiglianza del suo Creatore. Mettere in discussione questa verità equivale a mettere in discussione tutta la Bibbia!
La fuga non sempre è una dimostrazione di vigliaccheria o di mancanza di serietà nell’assumere le proprie responsabilità. Anzi davanti alle situazioni che, con motivazioni ed attrattive diverse, costituiscono per un figlio di Dio una vera e propria tentazione a peccare, è proprio attraverso la fuga che egli dimostrerà il suo coraggio nel distinguersi dagli altri e la sua responsabilità nel desiderare di onorare il suo Padre celeste.
Un personaggio che non si muove, che non parla, che ha però degli amici ai quali si affida e dai quali viene portato ai piedi di Gesù. Un personaggio che, in modo per lui inconsapevole, oltre ad essere oggetto dell’amore del Maestro diventa occasione per una serie di parabole che ancora oggi ci interpellano: dalla guarigione fisica, segno della guarigione totale, alla fede che spesso proprio nella “Chiesa” trova ostacoli.
Fra le più efficaci autopresentazioni di Gesù, riportate nel Vangelo di Giovanni, quella contrassegnata da una triplice “V” (Via-Verità-Vita) appare sicuramente come la più comunicativa, per aiutarci a comprendere l’ampiezza infinita dell’amore di Dio che, in Cristo, ci riporta a lui conoscendolo come Padre, e che ci consente di avere di lui una conoscenza vera e di ricevere da lui il dono della vita, divina, perciò eterna.
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