Che fare di fronte
all’obiettivo da raggiungere?
Un giorno, di circa 3420 anni fa, Giosuè si trovava “presso Gerico” (Gs 5:13).
Quest’uomo, incaricato da Dio, doveva condurre il popolo d’Israele in Canaan (Gs 1:2).
Aveva ricevuto la promessa che quell’impresa si sarebbe realizzata (Gs 1:2-5).
Da poco, aveva attraversato sull’asciutto il Giordano in piena, insieme al suo popolo.
Si era accampato per la prima volta nella terra di Canaan, a Ghilgal (Gs 3-4).
Ora, vi erano delle città da conquistare per impadronirsi del Paese.
Il primo obiettivo era proprio Gerico.
Quella città era fortificata più delle altre, costruita per resistere ad ogni assedio, era la più invincibile.
Giosuè vedeva Gerico apparentemente inespugnabile, cioè “ben chiusa e barricata per paura dei figli d’Israele”(Gs 6:1).
Il raggiungimento di quell’obiettivo era un qualcosa di difficile militarmente parlando.
Giosuè, nonostante la lunga e comprovata esperienza in ambito militare, non aveva mai condotto un attacco contro una città fortificata come Gerico.
L’esercito d’Israele non era certo all’altezza dell’impresa, considerando le “mura” inattaccabili (Gs 6:5) della città amorea.
Eppure il Signore portò Giosuè davanti a quell’obiettivo.
Sono diverse le volte in cui il Signore nel corso della nostra vita ci porta davanti ad obiettivi da raggiungere di difficile realizzazione.
Non è escluso che ci chiami ad affrontare situazioni “chiuse e barricate” senza apparenti spiragli di soluzione.
Che fare?
Scappare?
Tornare indietro?
Bloccarsi e non proseguire?
Protestare?
Guardare in alto!
“Presso Gerico” Giosuè non guardò solo la città “ben chiusa e barricata”. “Alzò gli occhi” (Gs 5:13), “guardò”meglio e vide “un uomo in piedi che gli stava davanti, tenendo in mano la spada sguainata” (Gs 5:13).
Non sapeva chi fosse quell’uomo, tanto che “andò verso di lui e gli disse: «Sei tu dei nostri o dei nostri nemici?»” (Gs 5:13).
La risposta che ottenne fu straordinaria.
Quell’uomo non era un nemico ma non era neanche uno dei loro.
Quell’uomo era molto più di uno di loro!
Era “il capo dell’esercito del Signore” (Gs 5:14) cioè l’Angelo dell’Eterno, un’apparizione di Gesù Cristo nell’epoca dell’Antico Patto.
“La spada sguainata” era un messaggio chiaro: l’Angelo dell’Eterno avrebbe combattuto con e per Israele.
Egli era a capo dell’“esercito del Signore”.
Questo esercito non si limitava a quello terreno di Israele, ma era soprattutto l’“esercito” celeste. Formato dalle miriadi angeliche che permisero, più di una volta, a Israele di superare eserciti umani ben più numerosi, equipaggiati e organizzati del suo (2 Re 6:8-17).
Il capo dell’esercito del Signore disse a Giosuè: “ARRIVO ADESSO” (Gs 5:14), cioè, “non ho ritardato nel venire a soccorrerti per la realizzazione della conquista”.
Davanti agli obiettivi considerati da noi impossibili da raggiungere, facciamo come Giosuè. Alziamo gli occhi, guardiamo meglio!
Perché oltre alla fortezza inespugnabile ci sarà anche la presenza del Signore, pronto a combattere con noi e per noi.
Egli mobilita il suo “esercito” per condurci alla vittoria, a salire il livello, a varcare l’ostacolo.
A volte concentrati sulla fortezza inespugnabile non riconosciamo che egli è già arrivato.
Eppure, nella sua grazia, si rivelerà, dicendoci: “Io sono”.
Così, non esitiamo ad affidarci totalmente a lui. Ciò significa avere dalla nostra parte chi fa veramente la differenza nelle “battaglie” della vita.
Egli può e vuole donarci sempre la vittoria (2Cr 32:8). Egli non si dimentica di noi quando siamo davanti agli obiettivi che ci chiede di raggiungere, non ci lascia soli.
“ARRIVA ADESSO” e non dopo, non tarda mai.
È sempre puntuale per condurci alla conquista. Non abbiamo “un comandante” che scappa al momento del bisogno o che considera la nostra causa da meno di altre.
Abbiamo un “capo” che ci sta dicendo:
“ARRIVO ADESSO”.
Chinarsi in basso!
Giosuè davanti al capo dell’esercito del Signore “cadde con la faccia a terra” e “si prostrò” (Gs 5:14). Il suo alzare gli occhi lo aveva portato a vedere il Signore.
Questo, a sua volta, lo aveva portato a prostrarsi con la faccia a terra davanti a lui.
Da quella posizione Giosuè non vedeva più Gerico poiché era, ormai, totalmente concentrato sul Signore.
Così chiese “che cosa vuol dire il mio Signore al suo servo?” (Gs 5:14).
La domanda di Giosuè non era quella di chi pretende dal Signore delle spiegazioni per la situazione in cui si trova, ma di chi desidera ricevere insegnamenti dal Signore nella situazione in cui egli l’ha chiamato a vivere.
Sicuramente, in quella circostanza, c’era un messaggio per Giosuè.
Gerico inespugnabile da una parte.
Il Signore con la spada sguainata dall’altra.
Giosuè a terra davanti a lui.
Il messaggio è valido anche per noi oggi.
Tutto quello che sembra irraggiungibile, insuperabile e inaffrontabile con il Signore che combatte per noi e con noi diventa raggiungibile, superabile, affrontabile.
È necessario però sottomettersi a lui e riconoscere la sua superiorità davanti ad ogni difficoltà.
Dobbiamo essere totalmente disponibili a ricevere il suo arricchimento anche davanti all’impresa impossibile.
Gli obiettivi del Signore si raggiungono quando “l’obiettivo” della nostra vita “mette e a fuoco” prima di tutto il fatto che egli è presente.
Sullo “sfondo” ci sarà certamente la nostra Gerico, ma quel che conta è che in “primo piano” ci sia colui che ci guida alla vittoria.
Ricerca di ogni risposta
nella persona del Signore!
Alla domanda di Giosuè il capo dell’esercito del Signore rispose:
“Togliti i calzari dai piedi; perché il luogo dove stai è santo” (Gs 5:15).
Prima di dirgli “Io do in tua mano Gerico” (Gs 6:1) e di dare indicazioni precise per la sua conquista (Gs 6:3-5), il Signore rispose a Giosuè in maniera speciale.
Gli disse che la sua presenza, rendeva santo quel luogo, nonostante esso fosse terra straniera.
Il Signore rispose a Giosuè rivelandogli una sua caratteristica: la santità. Questa rimaneva invariata anche in terra cananea.
Il Signore non cambiava ma rimaneva lo stesso. Giosuè poteva contare sullo stesso Dio che aveva visto numerose volte all’opera durante la vita di Mosè e che aveva permesso il passaggio del Giordano in piena a un intero popolo.
Forse Giosuè si aspettava tutt’altra risposta. Tuttavia, ricevette la risposta migliore per il proseguimento del suo cammino. La risposta era la persona stessa del Signore, era contenuta dentro le caratteristiche di Dio.
Quante volte, soprattutto davanti a fortezze inespugnabili, chiediamo a Dio delle risposte. Quante volte, però, ci dimentichiamo che tutte le risposte alle nostre domande sono nella sua persona, nel suo intervento, nel suo “ARRIVO ADESSO”.
Giosuè fece quanto il Signore gli disse: si tolse i calzari. Così facendo riconobbe quindi che stava andando ad affrontare la battaglia di Gerico non come il capo dell’esercito di Israele ma come il “servo” del Signore.
Che le parole “fece così” (Gs 5:15) possano diventare anche quelle che il Signore possa dire di noi.
Perché domani vi sarà per tutti noi una Gerico da conquistare, ma, come “il Signore fu con Giosuè” (Gs 6:27)così è e sarà con noi fino all’ultima tappa, fino all’ultimo obiettivo.
“ARRIVO ADESSO” e non tardo mai!