Una delle preoccupazioni che Dio rivelò in relazione al cammino del suo popolo e che incaricò Mosè di esternare in modo quanto mai chiaro nel secondo dei suoi discorsi riassuntivi della legge, riguardava l’educazione e la formazione delle generazioni future.
Prendere consapevolezza dei limiti del proprio corpo non dovrebbe costituire, come purtroppo accade ai più, un motivo di depressione e di disperazione legate alla paura della vecchiaia e della morte, ma dovrebbe piuttosto incoraggiare a guardare al di là: al meraviglioso piano che Dio ha realizzato in Cristo Gesù per la nostra salvezza e che si completerà proprio con la redenzione e la glorificazione del corpo.
Lo stile di vita di chi vuole davvero seguire Gesù come Signore, dopo averlo riconosciuto come Salvatore, deve essere il risultato della disponibilità a prendere la propria croce: cioè della disponibilità a rinunciare a noi stessi, ai nostri sogni, ai nostri progetti per consacrarci totalmente a lui, per fare quello che lui ci chiede, per dare alle sue richieste la priorità assoluta sopra ogni altro impegno.
Vivere con una disabilità costringe a cercare risorse che spesso consentono di esprimere abilità prima impensabili, ma costringe anche a riflettere sulla condizione umiliante di un corpo pieno di limiti e a guardare alla vita che dura per sempre, al di là di quella del corpo. Risorse e riflessioni diventano per coloro che amano Dio un modo per scoprire che egli ha in mente, comunque, la nostra crescita e il nostro bene.
In quale modo e con quali motivazioni e scopi si è andato sempre più diffondendo nel mondo, dal primo secolo dopo Cristo fino a i nostri giorni, l’odio nei confronti del popolo d’Israele? Certo, non è fuori luogo pensare che molti dei malesseri del mondo ma anche delle chiese cristiane siano la conseguenza della scarsa importanza, del disprezzo e della presunzione manifestati nei confronti di questo popolo!
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