Ai piedi del monte Sinai, nel momento in cui Dio si apprestava ad offrire ad Israele un patto stabile dopo averlo prodigiosamente liberato dalla schiavitù di Egitto, dall’accampamento del popolo si levò una sola voce per esprimere un impegno collettivo di riconoscenza, ma soprattutto di ubbidienza e di piena sottomissione. Le parole del popolo furono forti, decise, senza perplessità e incertezze: “Noi faremo tutto quello che il Signore ha detto” (Es 19:8). La successiva storia del popolo di Israele, costellata di ribellioni e di disubbidienze (in modo particolare a partire dal tempo dei Giudici in poi), ci insegna che si trattava in realtà di parole cariche di presunzione. Come è possibile infatti impegnarsi ad una realizzazione dei progetti divini quando, fra l’altro, non erano ancora del tutto noti? L’eccesso di riconoscenza può giocare a volte dei brutti scherzi, fino a farci smarrire una corretta visione dell a nostra condizione umana: una visione che ci porta a sopravvalutare le nostre capacità, le nostre forze e, purtroppo, a metterci sullo stesso piano di Dio, dimenticando le debolezze che ci sono proprie e che finiranno per esporci inevitabilmente al fallimento delle nostre buone intenzioni. “Dio è fedele? Ebbene, saremo fedeli anche noi!” sembra voler dire il popolo di Israele! “Dio non ha risparmiato la vita del suo Figlio pur di donarci la vita eterna? Ebbene, anche noi gli doneremo la nostra vita!” Non so se abbiamo mai riflettuto sulle parole degli inni che cantiamo: quando lodiamo il Signore, a volte in realtà stiamo lodando noi stessi, ci autocompiaciamo, ci sentiamo così gratificati dal nostro essere dei bravi “figli” degni di cotanto “Padre”. Prendiamo un esempio fra tanti: “La vita INTERA (ma quanto sono bravo, Signore: non ne lascio per me neppure una piccola parte!) a te io dono e OGNOR (cioè, sempre… sempre starò dietro a te, seguendo le orme che tu hai tracciato per me, non me ne distaccherò neppure un istante) mio Re ti seguirò”. Altro che il popolo d’Israele! Noi, sì, che sappiamo seguire il Signore!! In questo modo – e sto pensando in questo momento in primo luogo, e soprattutto, a me stesso – non siamo soltanto presuntuosi, siamo anche bugiardi, perché prendiamo impegni che sappiamo benissimo non saremo mai capaci di onorare! Apro una parentesi in questa riflessione: non sarebbe allora preferibile (e meno rischioso per la nostra credibilità!) limitarci a cantare inni che lodino esclusivamente il Signore e che tralascino di parlare dei nostri impegni presuntuosi e bugiardi? Ma, qual è l’errore di fondo che commettiamo? È questo: non teniamo conto che la nostra fedeltà esiste soltanto quando ci lasciamo condurre da Dio, quando lasciamo che egli trasformi in forza la nostra fragilità, quando lasciamo che sia il Tesoro a rendere prezioso il vaso di terra e quando quindi abbandoniamo la presunzione che quello che è in realtà “vaso di terra” sia un tesoro. La nostra vita glorificherà il Signore soltanto quando metteremo da parte la nostra presunzione con le sue affermazioni roboanti: “Noi – ci ricorda il Signore attraverso l’apostolo Paolo – abbiamo questo tesoro in vasi terra, affinché questa grande potenza sia attribuita a Dio e non a noi” (2Co 4:7). Ecco là il nostro errore: attribuire a noi ciò che in realtà dovremmo attribuire unicamente a Dio, “glorificare” noi invece di “glorificare” Dio! Noi – ricordiamolo – possiamo essere fedeli soltanto se permettiamo che Dio, operando in noi, ci renda fedeli! La lezione che ne ricaviamo è chiara: sono belle le buone intenzioni, le dichiarazioni di impegno e di servizio, ma… non affidiamole alla nostra presunzione! Piuttosto: rimettiamoci nella mano di Colui che “produce in noi il volere e l’agire”, che orienta la nostra volontà e che guida la nostra azione.
presuntuosi
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