Tempo di lettura: 7 minuti

Efesini 1:15-23

 

“Per questo motivo, avendo sentito della vostra fede nel Signore Gesù e del vostro amore per tutti i santi, non cesso di rendere grazie per voi, facendo menzione di voi nelle mie preghiere, affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui, essendo stati illuminati gli occhi del vostro cuore affinché sappiate a quale speranza ci ha chiamati, quale è la ricchezza della gloria della sua eredità tra i santi e quale sia l’immensità della sua potenza verso di noi che crediamo, nella misura dell’energia prodotta dalla forza della sua potenza. Si tratta della stessa potenza che operò in Cristo risuscitandolo dai morti e che l’ha fatto sedere alla Sua destra nei luoghi celesti, al di sopra di ogni principato e autorità e potenza e signoria e ogni nome che si nomina, non solo nell’età presente ma anche in quella futura e ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi e ha dato lui come capo sopra ogni cosa nella chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che porta a compimento tutte le cose in tutti”.

 

 

Il posto della preghiera

nel ministerio degli apostoli

 

Il contenuto di questa preghiera è talmente interconnesso con una tale ricchezza di linguaggio, che ogni tentativo di dividerla sembra improprio. Essa va letta e riletta per lasciarsene trasportare, per mezzo dello Spirito Santo, laddove si trova Cristo, nei luoghi celesti.

La nostra meditazione del brano si articolerà in:

• il motivo della preghiera di Paolo,

• le cose per cui lui prega e

• il contributo del brano alla cristologia e all’ecclesiologia.

 

Ma innanzitutto appare appropriato osservare l’importanza che aveva la preghiera nella vita degli apostoli e, in particolare, nell’apostolato di Paolo.

Il libro degli Atti ci informa che i dodici apostoli ritenevano prioritario dedicarsi “alla preghiera e al ministero della Parola” (At 6:4).

Ecco perché si trovavano ripieni dello Spirito Santo e di potenza quando, senza preavviso, si presentarono delle opportunità di testimonianza davanti sia al popolo sia alle autorità (At 2:35; 4:8). A questo proposito Pietro conferma che, nei tempi apostolici, la predicazione apostolica avveniva “mediante lo Spirito Santo inviato dal cielo” (1P 1:12). Inoltre secondo il racconto degli Atti quasi ogni nuova iniziativa nasceva nel contesto della preghiera.

 

Quanto all’apostolo Paolo, lui ebbe a scrivere questo nella sua lettera ai Filippesi:

“Non angustiatevi di nulla, ma in ogni cosa fate conoscere le vostre richieste a Dio in preghiere e suppliche, accompagnate da ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fl 4:6-7).

 

In un’altra lettera Paolo fa sapere che lui stesso era “assillato ogni giorno dalle preoccupazioni che mi vengono da tutte le chiese” (2Co 11:28). Per Paolo queste preoccupazioni costituivano un motivo per pregare per le singole chiese e nello stesso tempo per ringraziare Dio per ogni evidenza di crescita spirituale e impegno in vista del progresso del Vangelo.

Sappiamo questo dalle sue lettere che spesso danno una notizia al riguardo oppure contengono una vera e propria preghiera, poco dopo l’iniziale saluto epistolare (si veda Ro 1:8-12; 1Co 1:4-9; Ef 1:15-23; Fl 1:3-5; Cl 1:3-12; 1Te 1:2-3; 2Te 1:11-12; 2Ti 1:3; Fi vv. 4-6).

 I conduttori delle chiese nel mondo occidentale farebbero bene a prendere esempio dagli apostoli in questo campo. Se lo facessero, quando sorgono delle difficoltà all’interno delle chiese oppure delle sfide dall’esterno, spenderebbero più tempo in preghiera prima di mettersi a tavolino per decidere il da farsi.

 

 

Il motivo della preghiera di Paolo (1:15-16)

 

Non era a motivo di qualche problema che i lettori stavano affrontando o perché erano caduti in peccato che Paolo ne faceva sempre menzione nelle sue preghiere.

A spingerlo a pregare per loro erano le buone notizie che gli giungevano della loro “fede nel Signore Gesù”e del loro “amore per tutti i santi” (v. 15). Questo riferimento a ciò che aveva sentito sul loro conto fa comprendere che Paolo aveva in mente dei destinatari precisi, anche se non limitati ai santi di Efeso.

La fede degli Efesini, e delle chiese dell’Asia in generale, è ben testimoniata dagli eventi raccontati in Atti capitolo 19. Quanto all’“amore per tutti i santi”, evidentemente questa manifestazione della nuova vita faceva parte del loro “primo amore”; infatti sappiamo che qualche decennio dopo questo “primo amore” sarebbe venuto a mancare nella chiesa di Efeso (Ap 2:4).

 

Queste buone notizie giuntegli spingevano Paolo a ringraziare Dio per i suoi lettori, ma il motivo per cui faceva menzione di loro nelle sue preghiere (v. 16) era un altro, come fa capire la parola “perciò” con cui il brano inizia. Questa parola rimanda al brano precedente (1:3-14). Le benedizioni spirituali di cui gli Efesini godevano in quanto “santi” facevano di loro un soggetto valido per cui pregare.

Paolo voleva che le benedizioni spirituali ricevute diventassero un trampolino di lancio per un’ulteriore crescita nella grazia di Dio, nella prospettiva stabilita dal disegno benevolo di Dio.

 

 

Le cose per cui pregava (1:17-19)

 

I soggetti della sua preghiera sono tre, di cui nessuno era legato al benessere temporale dei lettori. Questo non vuol dire che sia sbagliato pregare per il pane quotidiano, qualcosa che Gesù invita tutti i suoi discepoli a fare (Mt 6:9,11; cfr. 28:20).

Intanto sappiamo che Gesù si occupa di questi bisogni pratici dei suoi discepoli, assicurando loro che Dio provvederà cibo e vestiti per tutti quelli che danno priorità al suo regno e alla sua giustizia.

Ma nello stesso discorso Gesù avverte di non accumulare tesori sulla terra, bensì in cielo (6:19-21, 31-34). In piena armonia con questa scala di valori, la preghiera di Paolo verte su ciò che può far avanzare “il disegno benevolo” di Dio e che ha una portata eterna.

 

Il primo soggetto è così articolato:

“affinché il Dio del nostro Signore Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione nella conoscenza di lui” (v. 17).

Questa prima richiesta è legata all’ultima delle benedizioni descritte nei vv. 3-14, ovvero, la presenza dello Spirito Santo nella loro vita.

La rivelazione che proviene da Cristo, che consiste nella conoscenza di lui, giungeva alla chiesa per mezzo dello Spirito Santo (Gv 16:13-15). Chi riceveva questa rivelazione acquisiva una conoscenza di Cristo e un tipo di sapienza ben diversi da quella che appartiene allo “spirito del mondo” (si veda 1Co 2:1-16; 2Co 4:16).

Quanto al titolo “il Padre della gloria, che si trova soltanto qui nel Nuovo Testamento, Bruce commenta:

“Dal momento che Dio è la fonte di ogni vera gloria, può essere ben definito «il Padre della gloria», come è chiamato nel Salmo 29:3 (LXX Sl 28:3) e Atti 7:2, «il Dio della gloria»”.

 

Il secondo soggetto è strettamente legato al primo:

“…essendo stati illuminati gli occhi del vostro cuore affinché sappiate a quale speranza ci ha chiamatiquale è la ricchezza della gloria della +*sua eredità tra i santi” (v. 18).

L’illuminazione fornita dallo Spirito Santo crea una nuova prospettiva e, di conseguenza, un nuovo orientamento di vita: la speranza a cui siamo stati chiamati. Paolo prega per una comprensione di questa speranza .perchésarà la consapevolezza della ricchezza che abbiamo ereditata in Cristo a dare direzione alla nostra vita sul piano pratico.

L’espressione “gli occhi del cuore” rende bene il concetto di essere effettivamente illuminati come premessa necessaria per maturare delle forti convinzioni. Senza tale illuminazione potrebbe sembrare esagerato il valore che Dio attribuisce ai santi, indicato con le parole: “quale è la ricchezza della gloria della sua eredità tra i santi”. Invece, grazie all’illuminazione dello Spirito Santo sappiamo di essere l’eredità di Dio, in virtù della nostra posizione “in Cristo”.

A questo proposito Bruce scrive:

“Il modo in cui Dio stima il popolo di Cristo, unito con lui per fede e partecipi della sua vita di risurrezione, corrisponde necessariamente a come stima Cristo stesso. Paolo prega qui che i suoi lettori possano apprezzare il valore che Dio attribuisce loro e il suo piano di compiere il suo disegno eterno per mezzo di loro, come la primizia della sua opera di riconciliazione nell’universo.” Sempre secondo Bruce, l’obiettivo della preghiera dell’apostolo sarebbe: “affinché le loro vite siano in sintonia con questa alta vocazione e che sapranno accettare con umiltà e gratitudine la grazia e la gloria elargite su di loro”.

Il terzo soggetto della preghiera di Paolo fa comprendere che è la norma per i santi aspettarsi che Dio faccia grandi cose per mezzo di loro:

“…e quale sia l’immensità della sua potenza verso di noi che crediamo, nella misura dell’energia prodotta dalla forza della sua potenza” (v. 19).

 

L’illuminazione dello Spirito Santo serve anche per rendere consapevoli dell’immensità della potenza di Diooperante nella nostra vita.

Vista la natura spirituale della potenza di Dio, potrebbe sfuggirci, particolarmente in contesti di persecuzione, la sua immensità. Si tratta della stessa potenza che era all’opera nella risurrezione di Cristo (v. 20).

Come Paolo scrive altrove: “Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo Gesù dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Ro 8:11).

Per non vivere nel timore degli uomini increduli, particolarmente in contesti di persecuzione, e per non rimanere fermi quando potremmo tentare grandi cose nel nome del Signore, bisogna essere consapevoli dell’immensità della potenza all’opera in noi. In definitiva, si tratta del Signore che è lo Spirito per mezzo del quale Cristo vive in noi (Cl 1:27; 2 Co 3:18).

 

 

Il contributo del brano alla cristologia e all’ecclesiologia (1:20-23)

 

Non di rado nelle lettere di Pietro e Paolo, la menzione di Cristo diventa l’occasione per approfondire qualche aspetto inerente la sua persona e opera. Il contenuto della preghiera di Paolo riportata nel nostro brano non fa eccezione, come indica il pronome relativo tradotto “questa” nella Nuova Riveduta (v. 20). I due eventi che, più di qualunque altra cosa, hanno manifestato l’efficacia della potenza che è ora all’opera nei santi, sono la risurrezione di Cristo e la sua ascensione che lo portò a sedersi alla destra del Padre “nei luoghi celesti”.

L’ascensione era implicita nella risurrezione – il trionfo – di Cristo e assicura a coloro che sono “in Cristo” la possibilità di vivere vittoriosamente in qualsiasi contesto, rivolgendosi al trono della grazia (Eb 4:14-16).

 

Chi dubita della verità storica della risurrezione di Cristo e quindi anche della verità storica della sua ascensione e insediamento come sommo sacerdote del nuovo patto, evidentemente ha un’idea inadeguata della potenza del vero Dio Creatore. Più comprenderà la natura e la portata di questa potenza e più non soltanto accetterà la parola dei testimoni della risurrezione e dell’ascensione di Cristo, ma potrà comprendere pure la sua efficacia nell’operare salvezza e trasformazione nella propria vita.

Subito dopo le parole “luoghi celesti” (v. 20) che descrivono dove Cristo è seduto ora, vengono menzionati degli altri esseri che abitano i luoghi celesti: “ogni principato, autorità, potenza, signoria” (v. 21; cfr. 3:10; 6:10-12). La precisazione che Cristo è “al di sopra” di questi non solo afferma la supremazia di Cristo ma, inoltre, rispecchia il fatto che ci sono vari gradi di autorità nella realtà che a noi rimangono invisibili. È confortante sapere che la supremazia di Cristo rimarrà “non solo in questo mondo, ma anche in quello futuro”. Infatti “ogni cosa egli ha posta sotto i suoi piedi e lo ha dato per capo supremo alla Chiesa” (v. 22).

 

Dopo la parentesi cristologica Paolo definisce ciò che i santi costituiscono nel loro insieme: “la Chiesa, che è il corpo di lui” (vv. 22-23). Inoltre fa un’affermazione che lega la profezia di Gesù: “io edificherò la mia chiesa”(Mt 16:18) al proseguimento del progetto che vede Cristo portare “a compimento ogni cosa”. Infatti la Chiesa, di cui hanno il privilegio di far parte anche coloro che giungono alla fede dal paganesimo, viene inquadrata come parte del progetto grandioso che vedrà riconciliarsi ogni cosa con Dio, grazie alla potenza che ha operato efficacemente nella croce di Cristo, nella sua risurrezione e nella sua esaltazione alla destra del Padre (cfr. Cl 1:19-20; Ef 1:9-10).

Nonostante Gesù sia tornato in cielo, egli è il capo sopra ogni cosa nella Chiesa, il capo supremo a cui gli anziani-pastori di ogni chiesa locale dovranno rendere conto del loro operato (1P 5:1-4).

 

 

Per la riflessione personale

o lo studio di gruppo

 

1. Quali cose possiamo imparare dalla preghiera di Paolo in vista di rendere più efficace la nostra vita di preghiera?

2. Qual è il ruolo della chiesa nell’opera di compimento di ogni cosa da parte di Cristo (cfr. Gv 15:1-8,16)?