Introduzione
In quest’articolo considererò un passo biblico abbastanza lungo: si tratta dei primi sei capitoli del Levitico dove vengono elencati i principali sacrifici che venivano offerti a Dio nell’antico Israele. Questi capitoli contengono molta simbologia e non sarebbe semplice spiegare tutto, ci vorrebbe un lungo studio ma non è questo lo scopo del presente scritto. Inoltre alcune istruzioni vengono riprese più avanti nel Levitico e nei Numeri, quindi questo non vuole presentarsi come uno studio esaustivo sull’argomento.
Mi concentrerò solo su alcuni argomenti:
• Le tipologie di sacrifici e le occasioni per cui venivano offerti. Queste tipologie coprono i diversi aspetti e sfaccettature sotto cui il peccato si manifesta. Per certe tipologie di sacrifici la qualità di animali cambiava. Si dovrebbe presumere quindi che alcuni riti fossero più importanti di altri. Ma, per quanto capisco non esisteva un sacrificio più importante per peccati più gravi o viceversa. La differenza sta in quale aspetto della trasgressione veniva purificato da un determinato sacrificio. Se, ad esempio, il risultato del peccato fosse un frutto simbolicamente rappresentato da un cubo, il peccato offenderebbe Dio sotto sei diversi aspetti, ognuno dei quali è una faccia del cubo. Ecco: ogni sacrificio specifico andrebbe a ripulire ognuna di queste sei facce.
• Vedremo anche come il Signore Gesù tramite la sua morte sulla croce abbia offerto quel sacrificio completo e perfetto per cui quei sacrifici esposti in Levitico non sono più necessari. Va precisato che la nostra redenzione è un fatto così straordinario che non è facile capirne proprio tutti gli aspetti in queste figure, ma si può intravedere come questi simboli richiamano chiaramente la figura di Gesù.
• Infine cercheremo di capire che insegnamento possiamo trarre oggi come cristiani da queste pagine del Levitico. La Bibbia dice “Dio è lo stesso ieri, oggi, domani”. La sua rivelazione all’uomo ha avuto un’evoluzione e ha raggiunto l’apice e la perfezione in Cristo. Ma queste pagine ci presentano molto sulla santità di Dio, sulla natura del peccato e su come un cristiano, anche se non deve più offrire questi sacrifici, deve rapportarsi col peccato che continuamente lo può assalire o che è nel mondo intorno a lui.
Diversi tipi di sacrifici
Vediamo ora in breve i vari tipi di sacrifici:
1. Il primo tipo di sacrificio è “l’olocausto” (1:3). – L’animale offerto è un maschio senza difetto;
– _chi lo offre pone la sua mano sul capo per identificarsi con chi sta per essere immolato;
– il sangue sarà sparso intorno all’altare;
– _l’animale sarà tutto bruciato come profumo di odore soave.
Il significato e motivo di questo sacrificio dovrebbe essere che l’olocausto compie l’espiazione, nel senso più ampio, generale e completo. In Romani è scritto: “il salario del peccato è la morte” (6:23). L’uomo è colpevole di fronte a Dio e per riparare a questo c’è bisogno di una sostituzione, di un riscatto, senza questo l’uomo è perduto. Il sangue viene versato, tutto l’animale brucia completamente di fronte a Dio, non deve rimanere nulla, né per il sacerdote, né per chi offre, è un profumo di odore soave per l’Eterno. Questo sacrificio veniva compiuto continuamente, al mattino e alla sera.
Quando Noè uscì dall’arca offrì un olocausto che salì come un profumo di odore soave all’Eterno (Ge 8:20-21). La natura peccaminosa dell’uomo non era cambiata dopo il diluvio, quel sacrificio rappresentava l’unica conciliazione possibile tra Dio e l’uomo peccatore.
La necessità di questo sacrificio potrebbe essere vista anche in collegamento al più grande comandamento: “Amerai il Signore Dio tuo con tutta la tua mente, con tutta la tua anima e tutta la tua forza”. Nessun israelita poteva certo affermare di aver rispettato a pieno questo comandamento.
La morte di Gesù aveva prima di tutto lo scopo di espiare il peccato, in senso ampio e completo. Gesù affermò di dover dare la sua vita “come prezzo di riscatto per molti” (Mr 10: 45).
L’apostolo Pietro (1P 1:18-19) scriveva che noi siamo stati riscattati col prezioso sangue di Gesù, agnello senza difetto e senza macchia.
Paolo ha scritto: “Camminate nell’amore come anche Cristo ci ha amati e ha dato sé stesso per noi in offerta e sacrificio a Dio come profumo e odore soave” (Ef 5:2). Gesù è colui che è morto al nostro posto, il suo sangue è stato versato per pagare per le nostre colpe, la sua vita è stata il riscatto per le nostre vite.
2. _Il secondo tipo di sacrificio elencato è l’oblazione di cibo (2:1).
Certo, forse questa offerta è un po’ più difficile da vedere nel contesto del sacrificio per il peccato, ma in qualche modo vi rientra. La parola ebraica usata per questa offerta è minhah che ha un significato molto generico di offerta, ed era usata in ambito secolare, per esempio quando si portava un dono ad un sovrano, o quando si voleva onorare (per rispetto o timore) qualcuno. Viene usata questa parola per l’offerta inviata da Giacobbe ad Esaù (Ge 32:19) oppure a Giuseppe (Ge 43:11).
L’oblazione di cibo era un’offerta di fior di farina, senza lievito, inteso come simbolo di corruzione, e con sale. Il sale nell’antico oriente era un simbolo di patto tra due persone o popoli. O era anche simbolo della conservazione. Era offerta contemporaneamente ad un altro sacrificio (es. l’olocausto) e due volte nella giornata come l’olocausto.
Questa offerta rappresentava il dare a Dio qualcosa di ciò che l’uomo produceva, era un atto di dedicazione e consacrazione a Dio come Salvatore e garante del patto. Era simbolo di ringraziamento e obbedienza. L’attività dell’uomo e il suo lavoro erano dedicati a Dio. Infatti questo tipo di offerte costituivano uno dei sostegni per i sacerdoti.
Se pensiamo a Gesù quindi possiamo vedere la totale dedizione con cui lui offrì il suo servizio al Padre mentre si trovava sulla terra.
3. _Il terzo tipo di sacrificio è il sacrificio di ringraziamento (3:1 – in inglese e tedesco è tradotto con “pace” o comunione o condivisione).
Gli animali offerti potevano essere sia maschi che femmine, ma dovevano sempre essere senza difetto. L’offerente posava la sua mano sul capo della vittima per identificarsi con essa, il sangue veniva sparso, veniva fatto fumare tutto il grasso e i reni sull’altare.
Tutto il grasso = il meglio.
I reni = in Israele i reni hanno lo stesso significato che da noi il cuore, quindi l’offerente dà tutto il proprio essere a Dio.
In vari casi nell’Antico Testamento viene offerto questo sacrificio: ad esempio quando Anna vede realizzata la sua richiesta a Dio di un figlio, ma vengono anche offerti come offerte libere. Era anche un’occasione per essere gioiosi di fronte a Dio. Ad un atto di benedizione di Dio l’uomo rispondeva con un sacrificio di ringraziamento/pace.
Molti autori fanno un parallelo tra questo tipo di sacrificio e la santa cena. Offrendo il suo corpo e il suo sangue Gesù ha fatto sì che noi abbiamo pace con Dio, tramite Gesù possiamo avere comunione con Dio e godere gioia e pace alla sua presenza, senza più discriminazioni:
“Ma ora, in Cristo Gesù, voi che allora eravate lontani siete stati avvicinati mediante il sangue di Cristo. Lui, infatti, è la nostra pace; lui che dei due popoli ne ha fatto uno solo e ha abbattuto il muro di separazione abolendo nel suo corpo terreno la causa dell’inimicizia, la legge fatta di comandamenti in forma di precetti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo facendo la pace”.
4. _Il quarto sacrificio è quello per il peccato (4:3).
Per peccato si intende qui qualsiasi peccato di ignoranza verso uno dei comandamenti o delle leggi che riguardano Dio. Questo potrebbe sembrare un aspetto secondario del peccato, o meno grave, ma per Dio non è così. L’animale poteva essere di diversa tipologia e doveva essere sempre perfetto. L’offerente metteva sempre la sua mano sul capo della vittima per identificarsi con essa. Ma qui succedeva qualcosa di diverso: il sangue non veniva solo versato intorno all’altare, ma veniva spruzzato sul velo e posto sui corni dell’altare. Questo aspetto riguarda molto l’aspetto della purificazione del luogo dove Dio dimora, in questo caso la tenda di convegno o il tempio più tardi. Il peccato dell’uomo non offende solo Dio ma contamina la sua dimora. Dio non può dimorare in un luogo contaminato dal peccato. In base al rito e all’animale offerto, vediamo che c’è una distinzione tra chi commette la trasgressione: il sacerdote, l’assemblea, uno dei capi, il singolo. Per questi ultimi due non veniva spruzzato il sangue sul velo ma veniva solo messo sui corni dell’altare. Da questo si capisce che c’è una responsabilità differente a seconda della posizione sociale.
Questo tipo di sacrificio acquisiva la sua importanza maggiore nel sacrificio annuale in cui il sommo sacerdote andava al di là del velo col sangue dell’animale, come è spiegato in Levitico 16. Inoltre, in occasione del giorno dell’espiazione, veniva portato un capro aggiuntivo, su cui veniva riversato il peso del peccato di tutto il popolo, e poi lasciato andare nel deserto. Questo aspetto richiama la grande sofferenza di Gesù nel Getsemani e poi quando era appeso sulla croce, abbandonato da Dio.
Il sacrificio per il peccato inoltre è la figura principale di cui l’autore della lettera agli Ebrei si serve per dimostrare ai lettori il valore unico del sangue di Gesù per la nostra salvezza.
5. _L’ultimo sacrificio è quello di riparazione per la trasgressione (5:15).
In questo caso si vede qui l’aspetto del peccato che implica danno materiale. La trasgressione si intende in due sensi: verso Dio e verso l’uomo. Se qualcuno peccava contro qualcosa di santo che apparteneva a Dio doveva riparare offrendo un sacrificio, un risarcimento, più un quinto in più che doveva essere dato al sacerdote. Il peccato contro qualcosa di santo qui non è facile identificarlo, ma potrebbe essere l’aver preso o mangiato cose sante, o peccato contro le leggi e le regole del santuario, anche in maniera inconsapevole.
Se il peccato era compiuto verso l’uomo, comportandosi in maniera scorretta dando una falsa testimonianza, commettendo un furto, un inganno, anche in questo caso, oltre al sacrificio e al risarcimento, andava aggiunto un quinto del valore.
In questo tipo di sacrificio c’è un aspetto del peccato che non era coperto dagli altri sacrifici.
L’olocausto porta riconciliazione, il sacrificio per il peccato porta purificazione, il sacrificio di riparazione soddisfa per il danno compiuto. La riparazione mostra un aspetto materiale dell’azione del peccato, per il danno procurato.
La morte di Gesù ha soddisfatto perfettamente Dio per quanto riguarda il nostro debito con lui. Questo aspetto della soddisfazione, del placare, non va confuso col concetto pagano di placare gli dei. In quel caso l’offerente doveva portare qualcosa per ingraziarsi e placare la divinità offesa. Nel caso di Dio, è lui stesso che conformemente alla sua Giustizia e amore offre il mezzo per poter riparare al peccato. Addirittura offre se stesso. Qui l’uomo non ha proprio nulla da offrire, e neanche potrebbe.
C’è un passo che riassume l’opera perfetta di Gesù alla croce e ciò che essa vuol dire per chi crede in lui:
“Tuttavia erano le nostre malattie che egli portava, erano i nostri dolori quelli di cui si era caricato; ma noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato! Egli è stato trafitto a causa delle nostre trasgressioni, stroncato a causa delle nostre iniquità; il castigo, per cui abbiamo pace, è caduto su di lui e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo smarriti come pecore, ognuno di noi seguiva la propria via; ma il SIGNORE ha fatto ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” (Is 53:4-7).
Il Levitico per i cristiani oggi
Leggere il Levitico non vuol dire solo “ingoiarsi” una enorme sequela di regole o leggi o cose che tanto non hanno più valore per noi oggi. Sì, è vero, Gesù ha portato a compimento tutto e il suo sacrificio è quello unico, perfetto e irripetibile cui l’essere umano non può aggiungere nulla. E questi sacrifici descritti nel Levitico sono oramai decaduti.
Eppure, leggendo il Levitico, possiamo avere l’impressione chiara di quanto il peccato sia una questione seria, che Dio non sottovaluta sotto nessun aspetto. L’esortazione “siate santi perché io sono santo” è ripetuta varie volte. E la ripete l’apostolo Pietro nella sua prima lettera. Dio è lo stesso allora come oggi, quindi dovremmo capire bene cosa il Levitico ci vuole insegnare.
Può sembrare scontato forse, ma come prima cosa mi sentirei di dire che noi non chiudiamo il conto col peccato una volta che siamo convertiti al Signore.
L’apostolo Giovanni scriveva ai suoi:
“Ma se camminiamo nella luce, com’egli è nella luce, abbiamo comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato. Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi, e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non aver peccato, lo facciamo bugiardo, e la sua parola non è in noi” (1Gv 1:7-10).
Le realtà descritte dall’apostolo sono quelle di persone convertite a Dio ma che possono cadere e cadono ancora. Un auto esame quindi non può mai mancare ogni giorno della nostra vita, anche se non siamo lontani dal Signore. Il riconoscimento e la confessione del nostro peccato è un elemento sempre fondamentale nella mia vita cristiana. Devo andare alla croce ogni giorno alla stessa maniera in cui nell’antico Israele si metteva la mano sul torello identificandosi con esso. Non dimentichiamo neanche che come cristiani la nostra responsabilità è grande, se facciamo parte della chiesa di Dio in questo mondo il metro di misura per noi è su un altro livello, è posto molto più in alto. Se siamo servi del Signore, abbiamo un compito, e tanto più ci sarà richiesto quanto più abbiamo avuto.
“Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse; ma colui che non l’ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà” (Lu 2: 47-48).
Non posso dimenticare a chi appartengo. Il fatto di essere stato riscattato, liberato e salvato dalla morte eterna implica che ora non sono più svincolato e indipendente in rapporto a Colui che mi ha liberato. L’apostolo Paolo e Pietro esprimono bene questo concetto:
“Infatti l’amore di Cristo ci costringe, perché siamo giunti a questa conclusione: che uno solo morì per tutti, quindi tutti morirono; e ch’egli morì per tutti, affinché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato per loro”(1Co 5:14-15).
“E se invocate come Padre colui che giudica senza favoritismi, secondo l’opera di ciascuno, comportatevi con timore durante il tempo del vostro soggiorno terreno; sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri” (1P 1:17-18).
Questo si riferisce sia al nostro modo di rapportarci rispetto al peccato e a ogni sua minima sfumatura, sia al nostro impegno per il Signore.
Tutto è stato compiuto alla croce, Gesù ha pagato un caro prezzo, questa è la base incontrovertibile. Poi Gesù ha lasciato questa terra dando un compito, a tutti. Forse non tutti dovranno soffrire alla stessa maniera dell’apostolo Paolo o Pietro, o come tanti cristiani nella storia. Ma cosa chiede Dio da noi?
Molto spesso sono concentrato talmente tanto sulla mia vita che perdo completamente di vista il fatto che io non appartengo più a me stesso, io appartengo al Signore, non solo nel senso che nessuno mi rapirà dalla sua mano ma anche nel senso che egli è il mio padrone, la mia vita deve essere a sua disposizione.
È un grosso inganno predicare una salvezza in cui si sottolinea solo l’aspetto della salvezza e delle benedizioni di Dio senza esporre chiaramente anche il compito che ci attende. Gesù ha sempre sottolineato entrambi gli aspetti.
Abbiamo parlato di sacrifici, nel Nuovo Testamento il concetto di sacrificio cambia ma non scompare. Certo, non si devono più sgozzare torelli o agnelli, ma cosa ci dice Dio riguardo i sacrifici?
Alcuni esempi:
• _“Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a presentare i vostri corpi in sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente, affinché conosciate per esperienza quale sia la volontà di Dio, la buona, gradita e perfetta volontà” (Ro 12:1-2).
• _“Per mezzo di Gesù, dunque, offriamo continuamente a Dio un sacrificio di lode: cioè, il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticate poi di esercitare la beneficenza e di mettere in comune ciò che avete;
perché è di tali sacrifici che Dio si compiace”
(Eb 13:15-16)
• _“Anche voi, come pietre viventi, siete edificati per formare una casa spirituale, un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali, graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo” (1P 2:5).
• _“Ora ho ricevuto ogni cosa e sono nell’abbondanza. Sono ricolmo di beni, avendo ricevuto da Epafròdito quello che mi avete mandato e che è un profumo di odore soave, un sacrificio accetto e gradito a Dio” (Fl 4:18).
Questi sono alcuni esempi ma l’esempio che trovo più importante è quello in cui siamo chiamati ad avere lo stesso sentimento del Signore Gesù, sacrificando noi stessi, abbassando noi stessi e dando tutto noi stessi:
“Se dunque v’è qualche incoraggiamento in Cristo, se vi è qualche conforto d’amore, se vi è qualche comunione di Spirito, se vi è qualche tenerezza di affetto e qualche compassione, rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri. Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; 8 trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce […] Fate ogni cosa senza mormorii e senza dispute, perché siate irreprensibili e integri, figli di Dio senza biasimo in mezzo a una generazione storta e perversa, nella quale risplendete come astri nel mondo, tenendo alta la parola di vita, in modo che nel giorno di Cristo io possa vantarmi di non aver corso invano, né invano faticato” (Fl 2: 1-8; 14-15).
In quest’ultima parte vi sto riportando molti passi biblici ma non mi dilungo molto nel commento. Preferisco far parlare maggiormente la Parola di Dio. Ognuno, leggendo questi versetti, può sapere dove deve cambiare o migliorare.
Il sacrificio per il peccato ha un’importanza particolare perché ci dimostra come il peccato contaminava il santuario rendendo impossibile la dimora di Dio senza questo sacrificio. Gesù col suo sacrificio ha portato la perfetta purificazione, e questo dettaglio del Levitico ci può insegnare molto anche per oggi.
Come credenti siamo dimora dello Spirito Santo, e Dio manifesta nella Chiesa la sua presenza mediante il suo Spirito. Non possiamo dimenticare questo nel momento in cui agiamo. E, come il peccato contaminava il santuario rendendo necessario il sacrificio, al giorno d’oggi il mio comportamento peccaminoso può causare il rattristamento o lo spegnimento dello Spirito in me. Dio non può tollerare il peccato, e, se io non cammino in Cristo e non mi appoggio a lui, sono in pericolo.
“Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l’ascolta. Non rattristate lo Spirito Santo di Dio con il quale siete stati suggellati per il giorno della redenzione. Via da voi ogni amarezza, ogni cruccio e ira e clamore e parola offensiva con ogni sorta di cattiveria! Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo” (Ef 4:29-32).
“Nessuna cattiva parola, via ogni amarezza, cruccio, parola offensiva…”: siamo capaci di tanto?
Non penso che ne possiamo uscire fuori tanto facilmente dicendo: “Eh sì, siamo peccatori, ma tanto Gesù ha pagato per tutto”. No, se io rispondessi semplicemente così allora ci sarebbe qualcosa che non funziona.
• _“Non spegnete lo Spirito” (1Te 5:19).
• _“Non sapete che siete il tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno guasta il tempio di Dio, Dio guasterà lui; poiché il tempio di Dio è santo; e questo tempio siete voi” (16C03:1-17)”
Dio dimora in noi mediante il suo Spirito Santo, siamo chiamati ad esserne ripieni sempre di più. Dio non tollerava il peccato né al tempo dell’antico Israele né ora. Il sangue di Gesù ci purifica da ogni peccato, se odiamo il peccato, se ne stiamo lontani e se lo confessiamo ogni qual volta ci cadiamo. Non è tutto automatico.
Parlando del sacrificio di ringraziamento ho accennato al fatto che la cena del Signore potrebbe richiamare questo aspetto. Nel prendere il pane e il vino noi non compiamo un sacrificio, ma Gesù ci ha lasciato questi simboli quale ricordo di ciò che egli ha fatto per noi. Essere a questa tavola è un privilegio e una benedizione. Avvicinarsi a questi simboli non dev’essere un atto automatico. Ho confessato a Dio se c’è qualcosa in me che non va? C’è qualcosa in sospeso con qualcuno? Qualcuno ha qualcosa contro di me?
•_ “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare, e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta” (Mt 5:23-24).
• _“Poiché ogni volta che mangiate questo pane e bevete da questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga. Perciò, chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore”(1Co 11:26-29).
Anche se oggi non compare lo stesso problema che c’era in Corinto, sono convinto che l’insegnamento sia valido anche per noi nel momento in cui ci avviciniamo al pane e al vino.
Un ultimo aspetto che volevo considerare è quello del sacrificio di riparazione, e in particolare quello che riguarda la riparazione verso l’uomo. Dio richiedeva di riparare il danno fatto dando un quinto in più. Certamente siamo chiamati a porre riparo ad un danno fatto. Penso anche che spesso possiamo danneggiare le persone di più di quello che pensiamo, magari molto di più con parole che materialmente. Proviamo a riflettere su questo.
Il Signore Gesù ci ha messo davanti alla necessità di imparare a non giudicare il nostro prossimo oppure a perdonarlo. Se siamo spietati e ipercritici contro qualcuno, abbiamo capito e ricevuto veramente il perdono di Dio? Se non sappiamo perdonare, abbiamo capito il perdono che Dio ci ha dato in Cristo?
Il libro del Levitico può sembrare a prima vista molto difficile e un semplice elenco di prescrizioni ormai cadute in disuso, ma in realtà è molto più semplice di quello che sembra. Possiamo imparare a conoscere Dio nella sua profonda essenza e possiamo imparare la realtà vera e profonda del peccato. Mi capita di leggere tante cose in questo libro e pensare: “È proprio vero, e non ci avevo neanche pensato!”. Per grazia di Dio Gesù ci ha liberati da questa schiavitù, ma il nostro compito è vegliare e ricordarci che Dio è lo stesso sempre ieri, oggi e domani.