Matteo, nel raccontare il trasferimento di Gesù dal Getsemani, dove era stato arrestato, al palazzo del sommo sacerdote Caiafa, fa riferimento alla presenza di un unico discepolo, Pietro, sottolineando però che “lo seguiva da lontano” (Mt 26:58). Pietro era evidentemente combattuto fra il suo amore per il Maestro, e per questo non rinuncia a seguirlo, e la sua paura degli uomini, e per questo si tiene ben distante da lui. Aveva seguito Gesù ma non lo aveva fatto né lo stava facendo in modo manifesto a tutti, anzi aveva cercato di nascondersi in mezzo alle guardie, che, come raccontano Marco e Luca, erano intorno ad un fuoco acceso per riscaldarsi. Il suo amore per Gesù non gli permetteva di allontanarsi e di abbandonarlo del tutto, ma la sua paura per quello che sarebbe potuto accadere anche a lui lo stava tenendo lontano. Il suo comportamento fa pensare a quello delle tante persone che si sentono attratte da Gesù, che a volte lo seguono per un periodo della loro vita, ma poi preferiscono non identificarsi con lui; lo ammirano, ne ascoltano volentieri le parole, senza però compiere una scelta di campo precisa. Preferiscono rimanere in mezzo al guado, né di là né di qua. Rimangono una specie di perenni simpatizzanti.
Ma Gesù non vuole simpatie, consensi, elogi… vuole una scelta precisa di vita che porti gli uomini ad identificarsi con lui.
Purtroppo però questo comportamento del seguire Gesù da lontano può tristemente caratterizzare anche la vita di chi la scelta di identificarsi con Cristo l’ha già compiuta. Quante volte anch’io ho avuto paura o mi sono vergognato di identificarmi in modo chiaro come discepolo di Gesù? Quante volte ho preferito nascondermi in modo del tutto anonimo in mezzo alla gente, accontentandomi di guardare Gesù da lontano? Quando questo mi è accaduto, ho, come Pietro, rivelato tutta la mia fragilità e il mio bisogno di stare vicino a Gesù per essere reso forte da lui!
In almeno tre momenti precedenti del suo cammino di discepolo, Pietro aveva dimostrato con il suo comportamento come si possa stare vicino a Gesù ed essere nello stesso tempo lontani da lui.
Il primo momento era stato quando, condizionato dalla sua presunzione (oggi diremmo: dalla sua “autostima”!), aveva dichiarato che avrebbe seguito Gesù fino alla morte e che quindi non lo avrebbe abbandonato, anzi in perfetta divergenza si era impegnato ad intervenire per impedire la sua morte. Il secondo momento, accaduto nel Getsemani, è rappresentato dalla sua negligenza nel pregare: Gesù lo aveva invitato a rimanere sveglio accanto a lui, pregando con lui e per lui, ma lui… si era per tre volte addormentato. Il terzo momento è quando, ancora nel Getsemani, si è lasciato guidare dall’istinto, recidendo l’orecchio del servo del sommo sacerdote, senza fare il minimo sforzo per giungere ad una consapevole conoscenza della volontà di Dio.
Quando anch’io mi lascio guidare dalla mia presunzione e dal mio orgoglio che mi portano a credere che posso cavarmela da solo; quando trascuro di conseguenza la ricerca della volontà e della presenza operante di Dio nella mia vita attraverso la preghiera; quando mi lascio guidare da quello che a me sembra meglio e non dalla volontà del Signore: tutto questo sta a dimostrarmi che lo sto seguendo da lontano anche se magari dichiaro di essergli vicino; tutto questo rappresenta un campanello d’allarme per il mio cammino di discepolo di Cristo.
Qualche settimana più tardi. come sappiamo dai racconti del libro degli Atti, Pietro comparirà per due volte in quello stesso tribunale, ma con un atteggiamento ben diverso, determinato in lui dalla potenza dello Spirito Santo. E questo insegna anche a noi che umiltà, preghiera, sottomissione alla volontà di Dio e coraggio sono frutto della forza che viene non da noi, ma dal Signore.