eneralmente le ultime parole di Gesù riportate alla conclusione del vangelo di Matteo (Mt 28:19-20) vengono liquidate con l’espressione, non del tutto corretta, di “Grande Mandato”, volendo indicare con queste due parole che ci troviamo qui davanti all’incarico prioritario dato da Gesù ai suoi discepoli. In realtà dovremmo parlare o di quattro aspetti di questo “Mandato” o, meglio ancora, di quattro indicazioni operative, una dipendente dall’altra. È infatti necessario andare per poter fare discepoli. Dopo aver fatto discepoli, Gesù chiede di battezzarli e, dopo averli battezzati, ci ricorda che occorre istruirli.
L’incarico di andare ci ricorda che non dobbiamo aspettare che le persone vengano da noi, ma dobbiamo essere noi ad andare a cercarle. L’incarico affidatoci da Gesù richiede l’andare incontro alla gente. I discepoli non potevano rimanere lì fermi, ma, partendo dalla loro terra, avrebbero dovuto raggiungere tutto il mondo:
“… mi sarete testimoni e in Gerusalemme e in tutta la Giudea e Samaria e fino alle estremità della terra” (At 1:8).
L’invito ad andare verso tutti i popoli non ha soltanto una connotazione geografica (da Gerusalemme verso tutto il mondo), ma indica che la testimonianza dei discepoli deve operare senza alcuna forma di discriminazione. Tutti i popoli devono essere raggiunti, nessuno escluso. L’uso dell’aggettivo possessivo “miei” ricorda che occorre incoraggiare gli uomini a seguire Gesù, a diventare suoi (non nostri!) discepoli. Al centro della testimonianza dei veri discepoli di Cristo non deve esserci un movimento, né una persona-leader, ma soltanto lui e nessun altro che lui.
Il fare discepoli di Cristo non deve essere soltanto la conseguenza della nostra ubbidienza ad un mandato di Gesù, ma piuttosto l’effetto di una causa ben precisa: “voi riceverete potenza, quando lo Spirito Santo verrà su di voi e mi sarete testimoni…” (At 1:8). Non è possibile essere testimoni senza aver ricevuto la potenza dello Spirito Santo, che opera in noi perché le persone vedano Gesù e decidano di seguire Gesù attraverso le nostre parole e attraverso la nostra vita, attraverso cioè la testimonianza del nostro camminare in modo degno del
La terza indicazione operativa è l’invito a battezzare coloro che avrebbero deciso di essere suoi discepoli, esprimendo attraverso il segno del battesimo la decisione di riconoscerlo e seguirlo come Messia-Salvatore, ma riconoscendo anche come nell’opera di salvezza fosse totalmente coinvolta la persona di Dio nella sua espressione trinitaria: il Padre che ha concepito il progetto per la salvezza dell’uomo peccatore, il Figlio che lo ha realizzato e lo Spirito Santo che lo testimonia.
Attraverso la quarta e ultima indicazione operativa i discepoli vengono incaricati dal Maestro a diventare a loro volta maestri: “insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate”. Ma il loro insegnamento non doveva soltanto guidare alla conoscenza del messaggio e dei comandamenti di Gesù, doveva soprattutto guidare alla loro obbedienza. Cioè non si doveva insegnare soltanto a conoscere Gesù, ma soprattutto ad essergli obbedienti. L’incarico di fare discepoli doveva essere completato dal condurre gli uomini a vivere una vita di sottomissione autentica alle “cose comandate” da lui. Quindi all’opera di evangelizzazione doveva seguire un’attenta opera di “cura pastorale”, per insegnare a tutti coloro che avevano scelto di diventare discepoli di Gesù, in quale modo avrebbero dovuto vivere una vita degna di lui, in sintonia con il Vangelo e coerente con la loro scelta di seguirlo.