Questo articolo è la seconda parte dell’articolo Vita social. Clicca qui per leggere la prima parte.
Una responsabilità non da poco…
Consapevoli che non possiamo più parlare, riferendoci alla vita social di una tendenza del momento, destinata a passare, ma di una realtà nella quale stiamo e con la quale dobbiamo confrontarci, in quanto figli di Dio, consapevolmente e col discernimento che provengono dalla sua Parola e dalla guida dello Spirito Santo, in questo secondo articolo approfondiremo lo straordinario scenario di potenzialità che possono essere espresse nella dimensione social, per contribuire come strumenti nelle mani di Dio al fine di far emergere i suoi valori e i suoi standard. Spostandoci su quest’altra linea di sviluppo, è quindi opportuno provare a comprendere meglio il campo d’azione nel quale ci muoviamo e gli strumenti utilizzati.
I social stanno assumendo sempre più la forma di veri e propri médium, di canali attraverso i quali si veicolano messaggi e si diffondono notizie, al pari dei più tradizionali mass-media quali tv, giornali e radio.
Con una sostanziale differenza, però: il nuovo médium, a differenza dei precedenti, è a portata di tutti e in qualsiasi momento sia in termini di fruizione sia, soprattutto, in termini di utilizzo attivo al fine di veicolare messaggi e notizie. Fino al punto che io, singolarmente e direttamente, posso inviare un messaggio a tanti, in ogni momento della giornata senza ostacoli di luogo, senza la necessità di possedere network milionari per la trasmissione, né tantomeno passare dal vaglio editoriale di terzi!
È evidente che questo médium ha caratteristiche e potenzialità non comuni, che difatti aprono quello scenario ampio, per certi versi illimitato, nel quale il Vangelo può entrare, portando così una straordinaria spinta verso il pieno adempimento del mandato di Gesù lasciato ai discepoli prima dell’ascesa in cielo: “…e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea e Samaria, e fino all’estremità della terra”.
Da ciò ne deriva una responsabilità non da poco per chi ha ricevuto dal Maestro la precisa chiamata ad essere “luce del mondo”, nel momento in cui attraverso una tastiera entriamo in contatto con uno oppure con centomila persone, col nostro vicino di casa con il quale incontrandoci per strada accenniamo un timido saluto ma che poi segue attentamente il nostro profilo facebook, oppure con chi vive a migliaia di chilometri di distanza e probabilmente non riusciremmo mai a incontrare di persona, eppure sta imparando a conoscerci dai nostri tweet!
Uno… Centomila…
Attraverso la realtà social ognuno diventa un personaggio pubblico visibile a tanti e finanche a tutti gli utenti mediali, a seconda del livello di privacy che si sceglie. È come se ci si mettesse in vetrina e ognuno può osservarci e valutarci per come appariamo. Entriamo, così, continuamente nella vita di chi si mette in “vetrina”, come anche loro entrano dalla loro “vetrina” nella nostra vita. Si abbattono in questo modo le barriere della distanza fisica, ma anche di quella emotiva, dovuta a timidezza, o anche a vergogna e pudore.
Ci si può sentire meno soli divenendo parte di una comunity virtuale nella quale è possibile condividere, sfogarsi ed esprimere senza remore il proprio libero pensiero.
Ho accennato, nell’articolo precedente, alla dinamica comunicazionale che si sviluppa nell’atto social della condivisione di contenuti vari, per la quale avviene una sorta d’identificazione momentanea col messaggio e con l’autore, divenendo come dei suoi co-autori.
Questa dinamica social che di primo acchito potrebbe sembrare esagerata, può essere spiegata pensando che la condivisione social equivale, nelle conversazioni di persona, a trasmettere a terzi una notizia, un’informazione ricevuta da altri.
Se la notizia trasmessa verbalmente si dimostrasse falsa, oppure condita con un linguaggio volgare, violento o minaccioso, per non essere assimilati alla fonte originale dovremmo utilizzare ogni possibile accorgimento per precisare che quel che stiamo dicendo non è da noi accettato, non ci appartiene, ma facciamo soltanto da ripetitori, riportiamo ciò che abbiamo ascoltato dissociandoci però dal suo contenuto.
Nel linguaggio verbale questa operazione può essere facilitata da quello non verbale, ossia la tonalità della voce, la mimica del viso e la gestualità del nostro corpo. Il linguaggio non verbale, all’interno di una comunicazione di persona, può quindi aiutarci a prendere le distanze da ciò che stiamo dicendo. Ora, la semplice condivisione social o il più immediato mi piace, sono privi di questa complessità comunicativa che invece abbiamo quando parliamo dal vivo condividendo qualcosa e, inevitabilmente, ci portano agli occhi virtuali del destinatario ad essere considerati come approvatori del messaggio condiviso, qualunque esso sia, veritiero o inventato, corretto o manipolato, sobrio o squilibrato!
Acquisire una sempre maggiore consapevolezza al riguardo dovrebbe essere una priorità per chiunque abbia a cuore la propria persona e ciò che trasmette agli altri con la sua presenza e influenza nella società; a maggior ragione, come potrebbe non essere urgente per i figli di Dio porvi attenzione, dal momento che nel rendere pubblica la propria vita tramite quel che ne emerge sui social, ci mostriamo agli altri con determinate caratteristiche? E come potrebbe essere secondario, o non rilevante per un figlio di Dio, rischiare di trasmettere così messaggi contrastanti e incoerenti con la propria identità dichiarata in Gesù Cristo?
Ritenere la questione in esame necessaria di attenzione e, desiderare di trovare risposte a partire dalla Parola di Dio, ci indirizza appunto, come prima accennato, a fare qualche breve riflessione conseguente a quella dell’articolo precedente, incentrata sul secondo elemento naturale citato da Gesù sul Sermone sul Monte: la luce! È inevitabile escludere dalla chiamata cristiana a “far risplendere la vostra luce davanti agli uomini”, la realtà social, ancor di più consci, come brevemente è stato qui illustrato, del potenziale divulgativo proprio di questi strumenti, in positivo e in negativo!
“Voi siete la LUCE del mondo … così risplenda la VOSTRA LUCE davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli”
Per poter apprendere a pieno la portata rivoluzionaria di questa immagine, ci vengono in aiuto altri passi dei Vangeli nei quali scopriamo sfaccettature che possono condurci ad una migliore comprensione utile per il nostro quotidiano, indifferentemente che sia nella dimensione fisica o in quella virtuale.
“Mentre avete la luce, credete nella luce, affinché diventiate figli di luce”
(Gv. 12:36)
Nessuna luce “artificiale” è inesauribile, ogni fonte ha bisogno dell’alimentazione necessaria per splendere e illuminare; così la prima verità ineludibile è che si è figli di luce non in virtù di una propria fonte: non viviamo di luce propria, infatti, ma solo e unicamente per la “Luce del mondo” che splendendo raggiunge le esistenze di chi per fede crede in lui.
“La lampada del corpo è l’occhio. Se dunque il tuo occhio è limpido, tutto il tuo corpo sarà illuminato; ma se il tuo occhio è malvagio, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre”
(Lu 11:34)
L’immagine dell’occhio limpido che fa entrare luce per illuminare il corpo all’interno, ci pone in evidenza una seconda verità inerente l’essere figli di luce: lo possiamo essere se questa luce penetra nelle nostre vite per mezzo di una fede limpida, ossia indivisa, sana, unica. Difatti il termine limpido nel corrispondente originale greco, da cui è stato tradotto, e ancor di più nella radice della lingua parlata da Gesù, rimanda ai termini citati. Queste parole ci fanno meglio comprendere perché poi Gesù, quando parla dell’opposto, del rischio a cui si può essere esposti, cita l’occhio malvagio, simbolo di una fede vacillante e tutt’altro che sana.
Questo insegnamento ben si sposa con il funzionamento di una serra: se è ben esposta alla luce, i semi piantati porteranno il frutto sperato, ma se invece i pannelli trasparenti che l’avvolgono iniziano a coprirsi fino al punto di non far più trapelare i raggi solari, la resa diminuirà fino ad azzerarsi! Così le vite dei figli di luce devono tendere alla limpidezza e trasparenza ed essere desiderose di ricevere giorno dopo giorno la luce della Scrittura ed i benefici spirituali ad essa connessi.
“Se dunque tutto il tuo corpo è illuminato, senza avere alcuna parte tenebrosa, sarà tutto illuminato come quando la lampada t’illumina con il suo splendore”.
Quest’ultima sfaccettatura si abbina perfettamente all’invito di Gesù a risplendere in quanto luce del mondo e, presa in considerazione per l’argomento in esame, trova un’ottima sponda nelle potenzialità che i social sono in grado di esprimere in termini di ampiezza dei possibili fruitori, tenendo conto dei numeri in ascesa a livello mondiale anno dopo anno. I figli di luce, essendo così predisposti a ricevere la luce per poi rifletterla intorno a loro, hanno mediante la dimensione social un ampio raggio d’azione. Cosa ne facciamo, però, di questa straordinaria opportunità? Come la utilizziamo? Le nostre dimensioni social permettono di riflettere interamente la Luce della Parola di Dio, oppure ne sono di ostacolo, di confusione, o forse sono completamente indifferenti al messaggio del Vangelo?
E inoltre, quanto investiamo a livello comunitario affinché i social diventino utili strumenti nel far risplendere la testimonianza evangelica tra i nostri concittadini, quelli vicini e quelli lontani? Ribadiamo l’invito già rivolto da queste pagine a non soprassedere al riguardo, dedicando ogni opportuna attenzione al nostro comportamento social affinché la luce del mondo non rimanga nascosta o venga coperta!