Due vite sbagliate, come tante, come troppe. Da un lato una ragazza, da poco uscita dall’adolescenza con un disagio interiore che l’ha portata a compiere la scelta di tanti, di troppi: drogarsi per dimenticare e per evadere, ma anche per esaltarsi e provare sensazioni surreali (non senza motivo le droghe si chiamano anche “sostanze… stupefacenti”). Dall’altro lato un giovane con il corpo palestrato, allevato nel mito della violenza e con la mente imbottita di farneticanti ideali nazionalisti e giustizialisti, eredità di un vergognoso passato che evidentemente scoppietta ancora sotto la cenere.
Entrambi: italiani! Italianissimi! Non si incontreranno né si conosceranno mai! Lei finirà drammaticamente assassinata forse proprio da quella stessa mano che lei, per sua libera scelta, era andata a cercare per dimenticare, per eccitarsi ancora una volta. Lui cercherà di vendicarla sparando dall’auto in corsa a tutte le persone che ha incontrato e che avevano lo stesso colore della pelle di quel presunto assassino. In questo intreccio perverso il vero colpevole mediatico è però lui: il negro, lo straniero, il venditore di droga e di morte. La ragazza uccisa suscita commiserazione, pietà; il giovane – a detta del suo stesso avvocato – suscita inattesa e sconcertante solidarietà. Il negro provoca solo insulti, imprecazioni e invocazioni a sbarazzarsi quanto prima di lui e di tutti quelli della sua razza.
C’è chi piange sul corpo martoriato della povera ragazza di Roma; c’è chi si compiace per la vendetta messa in atto dall’uomo di Macerata. Così sommariamente si potrebbe concludere che bianco è il colore di chi è vittima come bianco è il colore di chi sa fare giustizia, mentre nero è il colore del peccato e soprattutto del peccatore. Ormai nel sentimento popolare il “tutti hanno peccato” dell’apostolo Paolo (Ro 3:23) non esprime più la realtà; così davanti ad ogni fatto di cronaca, quando il protagonista negativo è straniero, i media mettono subito in evidenza la sua nazionalità quasi che noi italiani fossimo diversi, migliori! Questa tendenza a evidenziare soprattutto le colpe degli stranieri rende certi giornalisti ed anche certi uomini “politici” seminatori di diffidenza, di paura, di odio, di violenza. Ciò che ha fatto il pusher negro è certamente orribile e rivela a quali aberrazioni possono condurre “le profondità di Satana”. Ma chi gestiva lo spaccio della droga di cui era una pedina? Sono forse “straniere” la mafia, la camorra, la ’ndrangheta? Molti stranieri, arrivati in Italia, imparano qui a percorrere la strada dei guadagni facili, imparano presto dagli italiani quali siano i commerci più redditizi (droga e prostituzione in primo luogo), ma la più elementare legge del mercato ci insegna che i venditori per fare affari hanno bisogno di clienti. E che nazionalità hanno i clienti?!?
Sono forse “stranieri” i circoli pseudo sociali e pseudo culturali che hanno scelto come “missione” quella di far rivivere gli ideali nazionalisti e razzisti, violenti e anti-libertari, del regime fascista?
In questo devastato contesto sociale il compito che il Signore ci chiama ad assolvere si fa particolarmente necessario ed urgente, anche se oggettivamente impegnativo e talvolta frustrante. Siamo infatti chiamati ad annunciare che tutti gli uomini sono peccatori indipendentemente dal colore della pelle; a proclamare che Gesù “è stato immolato”, per “acquistare a Dio, con il suo sangue, gente di OGNI tribù, lingua, popolo e nazione” (Ap 5:9). Ma siamo chiamati anche ad adoperarci, prima di tutto con il nostro esempio di vita, perché ai nostri adolescenti siano trasmesse risorse morali e spirituali che consentano loro di vincere la tentazione di evadere e di eccitarsi, così come l’attrazione verso ideali che la stessa storia umana ha già condannato, ma evidentemente non ancora superato.