Il tumulto delle nazioni
Il profeta Zaccaria parla diffusamente degli avvenimenti degli ultimi tempi e del destino di Gerusalemme:
«Ecco, io farò di Gerusalemme una coppa di stordimento per tutti i popoli circostanti; verranno pure contro Giuda, quando cingeranno d’assedio Gerusalemme. In quel giorno avverrà che io farò di Gerusalemme una pietra pesante per tutti i popoli; tutti quelli che se la caricheranno addosso saranno interamente fatti a pezzi, anche se tutte le nazioni della terra fossero radunate contro di lei» (Za 12:2-3).
Poche ore dopo l’annuncio di Trump, facendo “zapping” tra i canali satellitari, mi sono imbattuto in un canale cinese in lingua inglese, e sono rimasto sconcertato ascoltando leader di nazioni lontane, come Malesia e Indonesia, che protestavano contro Israele e gli Stati Uniti, per quella presa di posizione.
Ancora una volta non ho potuto fare a meno di pensare come noi siamo testimoni delle profezie della Bibbia che si realizzano sotto i nostri occhi, ed ho pensato che gli ultimi tempi e il ritorno del nostro Salvatore e Signore Gesù, il Re dei re, sono sempre più vicini.
Il Congresso Statunitense aveva, già nel lontano 1995, deciso di riconoscere Gerusalemme come capitale dello stato ebraico e di conseguenza di trasferire l’ambasciata nella città santa, ma la decisione di Trump di rendere operativa tale delibera ha scatenato la reazione del mondo intero, dall’Europa all’Estremo Oriente, per non parlare ovviamente degli Stati arabi.
La “moderata” ANP (Autorità Nazionale Palestinese, erede della belligerante organizzazione terroristica OLP) ha proclamato che ogni venerdì “di preghiera” si trasformi in una “giornata della rabbia” e, a seguito di queste proteste, undici giovani arabi sono rimasti uccisi negli scontri con i soldati israeliani.
Il mondo è insorto, l’ONU ha votato compatto una mozione di condanna (128 paesi, contro 9), e il Papa ha parlato dell’opportunità di non toccare lo “status quo”.
Insomma ancora una volta le nazioni “tumultuano” contro quanto dichiarato nella Parola di Dio, come profeticamente espresso:
Perché tumultuano le nazioni, e i popoli tramano cose vane? I re della terra si ritrovano e i principi si consigliano insieme contro l’Eterno e contro il suo Unto, dicendo: «Rompiamo i loro legami e sbarazziamoci delle loro funi». Colui che siede nei cieli riderà, il Signore si farà beffe di loro. Allora parlerà loro nella sua ira, e nel suo grande sdegno li spaventerà, e dirà: «Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte» (Sl 2:1-6).
Non questione politica,ma spirituale
Il Signore è “lento all’ira”, ma ciò non toglie che la sua ira alla fine si riverserà contro i ribelli alla sua volontà e alla sua Parola.
Noi cristiani, che crediamo nella Bibbia come Parola di Dio, quale posizione dovremmo tenere a questo proposito? Affermiamo con forza che non è una questione politica, bensì spirituale!
Se però volessimo lasciarci coinvolgere brevemente in questioni politiche, potremmo elencare una serie di elementi a sostegno del fatto che la decisione del Congresso Americano è semplicemente logica e storica. (Per un approfondimento raccomando anche lo scritto di Marcello Cicchese “Dio ha scelto Israele” comparso a puntate su IL CRISTIANO nel 2002).
Mi limiterò a elencare una serie di cinque fatti che il lettore interessato può approfondire per proprio conto:
1. Gerusalemme è stata capitale solo di uno Stato ebraico, dopo l’unificazione del regno operata da Davide, circa 1000 anni prima di Cristo.
2. Gerusalemme non è mai stata capitale di uno Stato arabo o musulmano.
3. Non è mai esistito un popolo “palestinese” e Palestina dovrebbe essere un termine puramente geografico. L’imperatore Adriano nel 135 d.C. impose alla Giudea il termine di “Palaestina”, (da Philistia) in onore dei Filistei, acerrimi storici nemici degli israeliti, e in segno dispregiativo nei confronti di Israele. Dalla fine della Prima Guerra Mondiale al 1948 la regione è stata un protettorato britannico, abitata da palestinesi ebrei e palestinesi musulmani (anche il “Jerusalem Post”, uno dei maggiori quotidiani in lingua inglese si chiamava allora “The Palestinian Post”).
4. Gli Arabi hanno già avuto il loro Stato: la Giordania. Infatti, nel 1922 la Gran Bretagna decise di cedere il 77% del territorio affidato al mandato britannico ad Abdullah bin Hussein, figlio dello Sceriffo della Mecca come ricompensa per la fedeltà mostrata durante la guerra contro gli Ottomani. La Giordania ha governato Gerusalemme Est dal 1948 al 1967, e non ha voluto sfruttare questa occasione per proclamare Gerusalemme capitale di uno Stato palestinese. Questo semplicemente perché non lo riteneva importante. Gli Arabi oggi usano questa rivendicazione in modo pretestuoso, perché la realtà è che non accettano l’esistenza dello Stato d’Israele.
Inoltre:
5. Nella storia moderna gli arabi hanno rifiutato sei volte la creazione di uno Stato “palestinese”.
Nel 1937 Piano Peel |
Accettato dagli Ebrei e rifiutato dagli Arabi |
Nel 1939 Piano Mac Donald |
Rifiutato da entrambi |
Risoluzione ONU 181 del novembre 1947 |
Accettata dagli Ebrei e rifiutata dagli Arabi: in seguito ad essa il 14 maggio 1948 fu proclamato lo Stato di Israele |
Risoluzione ONU 242 del novembre 1967 |
Rifiutata dagli Arabi, dopo la “Guerra dei sei giorni” |
2000: Rifiuto di Arafat della proposta di Clinton e Barak a Camp David |
Prevedeva la cessione del 91% della Cisgiordania |
2008: Rifiuto di Abu Mazen della proposta di Olmert |
Prevedeva la cessione del 93% della Cisgiordania |
Non vogliamo parlare (solo) di politica
Abbiamo già detto che non è un conflitto politico, ma un conflitto spirituale!
Come ricordato, Gerusalemme è speciale, perché il nostro Dio, il Dio di Abrahamo, Isacco e Giacobbe ha posto il suo nome lì per sempre, e sul monte di Sion ha insediato il suo Unto (Mashiach, cioè tradotto in greco: Cristo):
“Ho insediato il mio re sopra Sion, il mio santo monte” (Sl 2:6)
È ovvio che l’avversario voglia contrastare questa decisione di Dio: per questo motivo (spirituale) gli Arabi pongono la pregiudiziale di avere Gerusalemme come loro capitale e rifiutano uno stato con capitale Ramallah, o altra città del cosiddetto “West Bank” (cioè della Cisgiordania, letteralmente de “la sponda occidentale del fiume Giordano”).
Gerusalemme è citata più di 800 volte nella Bibbia, ma neanche una volta nel Corano. Eppure i Musulmani affermano che Gerusalemme è la loro città santa, solo perché nel Corano si afferma che Maometto salì al cielo da “un luogo lontano” che sarebbe appunto Gerusalemme.
Essi però, quando salgono al monte del Tempio (che per loro è la spianata delle moschee), pregano con la faccia rivolta alla Mecca, e la schiena rivolta al luogo dove Salomone, figlio di Davide, edificò il Tempio, di cui per altro molti Musulmani disconoscono l’esistenza.
D’altra parte Gesù lo aveva profetizzato, dicendo che Gerusalemme sarebbe stata “calpestata dai gentili” (Lu 21:24) e la cupola dorata della Roccia sta lì e troneggia in tutte le cartoline di Gerusalemme, nel posto dove non dovrebbe stare!
Noi cristiani affermiamo, in base a quanto dice la Bibbia, che GERUSALEMME è la città del Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe, NON è dell’Islam!
Le nazioni complottano contro la città di Dio, ma questa è una questione spirituale, perché
1. Gerusalemme è la città dove Dio ha posto il suo nome:
“I tuoi occhi siano rivolti notte e giorno verso questo tempio, verso il luogo di cui hai detto: «Lì sarà il mio nome», per ascoltare la preghiera che il tuo servo farà rivolto a questo luogo!” (1Re 8:29).
E anche:
“… a suo figlio lascerò una tribù, affinché Davide mio servo abbia sempre una lampada davanti a me in Gerusalemme, la città che ho scelto per mettervi il mio nome” (1Re 11:36).
2. Gerusalemme è nel cuore di Dio e Dio l’ha desiderata:
“Poiché l’Eterno ha scelto Sion, egli l’ha desiderata per sua dimora: «Questo è il mio luogo di riposo per sempre; qui abiterò, perché l’ho desiderata»” (Sl 132:13-14).
3. Gerusalemme è la fonte della parola di Dio:
“Negli ultimi giorni avverrà che il monte della casa dell’Eterno sarà stabilito in cima ai monti e si ergerà al di sopra dei colli, e ad esso affluiranno tutte le nazioni. Molti popoli verranno dicendo: «Venite, saliamo al monte dell’Eterno, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie e noi cammineremo nei suoi sentieri». Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola dell’Eterno. Egli farà giustizia fra le nazioni e sgriderà molti popoli” (Is 2:2-4).
Oggi Satana, il Principe di questo mondo, incita molti popoli e nazioni a prendere posizione contro Israele.
Centoventotto nazioni, (purtroppo tra queste anche l’Italia), hanno votato contro Gerusalemme capitale all’assemblea dell’ONU, ma queste nazioni saranno “sgridate”, come dice la Parola di Dio!
Eppure il nostro cuore non deve essere turbato e non dobbiamo lasciarci coinvolgere dall’odio contro i nemici della città di Dio, perché il nostro Messia ci ha insegnato ad amare quelli che ci odiano, e a lasciare a Lui la vendetta. Anzi, noi siamo chiamati a pregare per i nostri nemici, ad avere compassione di essi, perché sono ingannati dal maligno.
Le Nazioni Unite vogliono stabilire i confini di Israele, e vogliono dividere la città del gran Re, ma la parola di Dio dice altro:
“Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità, quando separò i figli di Adamo, Egli fissò i confini dei popoli, in base al numero dei figli d’Israele” (De 32:8)
Dio sta miracolosamente raccogliendo i dispersi di Israele dai quattro angoli della terra: gli Israeliti nell’America del Sud sono stimati in circa sei milioni, ed almeno altrettanti sono nell’America del Nord. Quando il Signore avrà finito la sua raccolta, egli conterà i figli d’Israele, e metterà in atto la sua Parola, stabilendo i confini dei popoli circostanti.
Chi oggi protesta contro Israele, protesta contro ciò che Dio ha stabilito ed il loro destino è segnato: come l’esercito del Faraone, che inseguiva baldanzoso Israele e perì nelle acque del mar Rosso, come la Germania nazista di Hitler, che ancora una volta nella storia voleva attuare la “soluzione finale”, ma che proprio per questo è stata devastata e sconfitta.
“Consolate, consolate il mio popolo”
Il 7 gennaio scorso sono tornato da Gerusalemme, dove negli ultimi anni ho trascorso spesso, insieme a mia moglie, il periodo di Natale e Capodanno.
Molti ci dicevano, prima che noi partissimo: “Ma andate lo stesso? Ma non è pericoloso?”.
La risposta più bella è stata vedere la lunga fila di turisti e pellegrini al controllo passaporti all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv. Migliaia di credenti da tutto il mondo (Europa, Africa, Asia e Stati Uniti) che non si sono lasciati intimidire dai media ed hanno deciso di andare in Israele per benedire il popolo di Dio, (ed anche i “cugini” Arabi), per un supporto spirituale di preghiera e consolazione, ma anche tangibile, economico.
Infatti le entrate derivanti dal turismo sono una voce importante ed in continua crescita del bilancio di Israele, ma ovviamente una guerra improvvisa, o semplici “rumori di guerra”, metterebbero a rischio migliaia di posti di lavoro, oltre che naturalmente le vite dei singoli.
Noi continuiamo ad andare in Israele e ad accompagnare fratelli alla scoperta della terra della Bibbia. Il nostro proposito infatti è consolare il popolo di Dio, come ci invita a fare il profeta Isaia:
“Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro DIO. Parlate al cuore di Gerusalemme” (Is 40:1-2).
Inoltre andiamo anche per intercedere per coloro che alzano la loro mano contro il monte del tempio. Infatti noi che seguiamo gli insegnamenti di Gesù abbiamo il dovere di amare tutti i popoli:
“Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano” (Mt 5:44).
Esperienze personali e incontri speciali
Negli ultimi tredici anni ho avuto la possibilità, prima con dei gruppi e poi da solo con mia moglie, di viaggiare in Israele molte volte. Nostro figlio ha fatto un Master all’Università di Hertzlyia, ed abbiamo consolidato molte buone amicizie, visitando diverse congregazioni di ebrei “messianici” (per un approfondimento sugli Ebrei messianici vedi l’articolo “La croce, i nomi, i Giudei messianici” su IL CRISTIANO n. 1/gennaio 2008 pp. 26-30). Questi ultimi stanno profondendo molti sforzi cercando di realizzare l’unità del “corpo di Cristo” specialmente con i cristiani arabi.
Abbiamo parlato con molti Arabi, cristiani e non.
Abbiamo conosciuto un diplomatico israeliano beduino e musulmano, Ishmael Khaldi, che è la prova vivente del fatto che in Israele non si pratica “l’apartheid”, come molti detrattori di Israele sostengono.
Nel 2013 lo abbiamo invitato in Italia, dove ha tenuto alcune conferenze, affermando, da musulmano moderato, che il Corano dice che la terra è promessa agli Ebrei, ma che tutti sono benvenuti se vogliono vivere in pace, come la sua stessa storia testimonia.
Nella congregazione messianica di Kfar Saba, a nord di Tel Aviv, abbiamo conosciuto la straordinaria figura di Taysir Abu Saada, ex-terrorista, un tempo guardia del corpo di Arafat, scappato negli anni settanta negli USA, dove ha conosciuto il Signore Gesù.
Ora è tornato a Gerico, tra i suoi fratelli arabi, e si adopera per dare lavoro agli abitanti, e per costruire l’unità con i credenti ebrei in Yeshùa (Gesù in ebraico). La sua congregazione raccoglie circa 300 credenti, quasi tutte donne, hanno un asilo nido e recentemente ha aperto una fabbrica d’imbottigliamento di acqua minerale, incanalata dalla sorgente di Eliseo.
I suoi ex-compagni l’hanno condannato a morte, ma l’Imam di Gerico lo protegge, perché porta lavoro in città. Fuori da Gerico si muove solo in incognito o sotto scorta. Pregate per lui.
In molti nostri viaggi abbiamo avuto modo di parlare con Palestinesi che vivono a Gerusalemme, a Gerico, a Betlemme, ed abbiamo spesso trovato una grande cordialità, una grande voglia di normalità, e molti (più o meno nascostamente) pensano che siano fortunati quelli che vivono sotto l’autorità israeliana, e non sotto quella palestinese.
Purtroppo gli estremisti ci sono da ambo le parti, anche se è enorme la sproporzione tra il numero di estremisti arabi, che non accettano nemmeno l’esistenza dello Stato di Israele (lo statuto di Hamas riporta come obiettivo la distruzione dello Stato ebraico) e il numero di estremisti ebrei, che vorrebbero la deportazione degli Arabi che vivono in Israele.
Gesù disse: “Beati coloro che si adoperano per la pace”. Noi abbiamo a cuore di intercedere per tutti i “costruttori di pace”.
Noi abbiamo anche il dovere di intercedere per tutti quelli che si pongono “Gerusalemme come una pietra pesante”, perché dice il Signore, essi saranno fatti a pezzi.
Intercediamo per i nostri governanti, (come insegna Paolo in 1Timoteo 2:1-2), e per quelli degli altri Paesi, affinché governino con saggezza e non attirino addosso ai loro popoli l’ira di Dio.
Intercediamo per i governanti dell’area, per quelli di Israele e per quelli palestinesi, affinché Dio doni loro saggezza. A questo proposito, nell’ultimo viaggio abbiamo anche visitato Arad, nel deserto del Negev, dove da anni frequentiamo la congregazione messianica “Hasdey Yeshua”.
Dopo il culto siamo andati con Joe, uno degli anziani, al ristorante, dove abbiamo “per caso” incontrato il sindaco, Nisan Ben Amo. Siamo stati presentati e lo abbiamo incoraggiato, riferendogli che in Italia c’è un gruppo di credenti che prega per lui, perché è un uomo coraggioso che vuole far rispettare la legge e difende i diritti della comunità messianica contro i soprusi dei gruppi ultra ortodossi che disturbano i nostri fratelli (per un approfondimento su questa vicenda vedere il sito www.hasdeyyeshua.com.
Il nostro prossimo viaggio
Anche per continuare quest’opera di consolazione e di sostegno, di intercessione e di supporto al dialogo, mia moglie Mercedes ed io quest’anno abbiamo deciso di accogliere la richiesta di molti fratelli che da tempo ci sollecitavano, e di organizzare, con l’aiuto del Signore, un viaggio in Israele, pensato specialmente per chi vi si reca per la prima volta, quest’anno, orientativamente dal 27 dicembre 2018 al 5 gennaio 2019 (per informazioni scrivere a claudio_groppi@fastwebnet.it – 335/391017).
Noi che amiamo la Parola di Dio e siamo in attesa del ritorno di Gesù, condividiamo con Lui l’amore per Gerusalemme.
“Per amore di Sion io non tacerò,
e per amore di Gerusalemme
non mi darò riposo finché la sua giustizia non spunti come l’aurora e la sua salvezza come
una fiaccola ardente” (Is 62:1).
E noi sappiamo che quella luce e quella salvezza è Yeshùa, (Gesù in ebraico significa “salvatore-salvezza”). È Lui la stella mattutina, che si rivelerà al suo popolo ed alle nazioni, quando tornerà glorioso per sconfiggere i suoi nemici, poggiando i suoi piedi sul monte degli Ulivi.
Fino ad allora non ci daremo riposo, continuando a lavorare per la predicazione del Vangelo e per l’avvento del Suo Regno.