Il forte noce e il giovane ciliegio
C‘era un giardino senza nome in un paese altrettanto sconosciuto, nel quale un grosso e vecchio noce si vide un giorno piantare accanto un piccolo ciliegio così asciutto e striminzito che gli faceva tanta pena.
Questo vecchio solitario, ormai lì da molto, molto tempo, osservava questo piccoletto tanto esile e scarno, con quattro foglioline appiccicate a malapena al debole fusto del suo primo anno di vita e ancora privo di rami. Non fu molto sorpreso che nei momenti di particolari bizze del tempo – soprattutto quando soffiava il vento gelido del nord – il piccolo alberello si piegasse con tutte le forze in suo possesso verso il possente e rugoso fusto del vecchio noce; anzi, anche il vecchio, con un forte senso di compassione e senza dirgli una parola, ripiegava i suoi folti rami al di sopra e tutt’intorno al giovane e indifeso “ciliegino”. Così avveniva ogniqualvolta in cui il tempo volgesse alle sue periodiche manifestazioni di inquietudine, in quella regione già frequentata e martoriata da questi avvenimenti naturali.
Ma col passare del tempo e l’arrivo della seconda primavera il vecchio noce si accorse che il più piccolo e giovane ciliegio – grazie alle sue premure compassionevoli e protettive e all’abitudine che il giovane albero aveva ormai preso di protendere il suo fusto nella sua direzione – stava crescendo storto, e il vecchio se ne risentì un poco; così che, col passare del tempo, questo fatto divenne per lui motivo di vera preoccupazione, senza però riuscire a porre rimedio al “problema” di quel “ciliegino” sempre più vigoroso ma, allo stesso tempo, sempre più storto.
La preoccupazione del vecchio noce cessò il giorno in cui decise cosa fare di quel robusto paletto di legno che gli era stato lanciato vicino al suo grande tronco da uno di quei colpi di vento dei quali parlavamo. Dopo averlo osservato a lungo, gli venne appunto l’idea di porre fine alle prevedibili sofferenze del molto più giovane alberello, in pericolo di crescere come uno storpio, e glielo piantò bello dritto alla base delle sue radici legandolo poi per bene intorno al suo crescente fusto con alcuni rametti giovani e sottili presi dalla propria e folta chioma.
Un intervento poco gradito ma necessario!
Finita l’istallazione di questa sorta di protesi, il giovane alberello – rimasto zitto per tutto quel tempo – emise un grido di disperazione che riecheggiò nel tranquillo e poco popolato giardino di quel posto ancora sconosciuto:
“Ma, cosa ti è venuto in mente di farmi? Vecchio bacucco e privo di sensibilità, mi hai tolto la libertà che madre natura mi ha dato; sei per caso impazzito?!”.
“No caro, oltre ad aver deciso di toglierti la protezione che ti ho dato finora, evitandoti ogni capriccio del cattivo tempo, ora che sei un po’ più robusto e cresciutello, ho anche pensato che sia giusto che ti sforzi un pochino da solo, affidandoti a questo più forte paletto che ti ho legato attorno; così tra qualche annetto sarai bello diritto e vigoroso, soprattutto dopo che avrai ricevuto una bella e sostanziosa potatura dei tuoi rami più ribelli, al fine di portare molto frutto”.
Dopo qualche momento di silenzio che pareva di arrendevole accettazione, il giovane – che soltanto apparentemente sembrava possedere un docile temperamento – ribatté furioso:
“Ora, a parte la libertà per la quale mi spetta di diritto di decidere ciò che voglio fare di me stesso, ti ho osservato bene, sai. In questo anno, da quando sono stato messo a dimora vicino a te e, siccome sei abbastanza grande e maturo, vedo bene come sei storto e quanto poco frutto porti nei tuoi vecchi rami. Quindi, io non sto facendo nulla di diverso da te! Come la mettiamo?”.
Il giovane ciliegio già pregustava una colossale “sfregata di mani”, pensando di cogliere di sorpresa il vecchio noce e di sentirlo arrendersi alla sua replica così brillante, lampante e persuasiva; ma questo gli rispose con calma:
“Vedi, sarebbe più saggio che tu stesso – dato che hai osservato i miei tanti difetti – cercassi di fare meglio di me: questa sarebbe la soluzione più logica e intelligente. Ma proprio perché io conosco già questo tipo di indolenza giovanile, so bene quali sono le conseguenze di non essere stato corretto per tempo e secondo le possibilità di chi mi ha preceduto quando avevo la tua età e anche il mio fusto era bello tenero e flessibile, quindi ho pensato di aiutarti in questo modo. Ciò per il momento ti sembra come la tortura di chi calza una scarpa troppo stretta… ma so che presto non sentirai più nulla perché le tue fibre sono in piena formazione, ma sei ancora cedevole e ben adattabile allo sviluppo naturale, mentre per me è ormai troppo tardi. Cercare di raddrizzarmi a questa età sarebbe impossibile, perché il mio fusto è diventato troppo legnoso e rigido e mi creerebbe soltanto un grave danno. Ciò che posso invece fare della mia poca forza rimasta, è di cercare di aiutare i più giovani e di dare comunque il frutto che – anche se poco – sono ancora in grado di produrre. Ciò di cui per adesso sono certo, è che, anche se non subito, un giorno mi ringrazierai”.
Un singhiozzo sommesso seguì queste parole persuasive, poi il silenzio ritornò nell’antico giardino senza nome del paese tutt’ora sconosciuto; ma ora la gente si ferma ad osservare quel vecchio colosso di noce, non più solo, ma insieme a un ciliegio di bell’aspetto, ricco del succoso frutto che fa venire l’acquolina in bocca ai passanti, sbalorditi da tanta vigorosa bontà.
Così, attravero la penna di Paolo, lo Spirito Santo dice oggi alla chiesa:
“Anche se vi ho rattristati con la mia lettera, non me ne rincresce; e se pure ne ho provato rincrescimento (poiché vedo che quella lettera, quantunque per breve tempo, vi ha rattristati), ora mi rallegro, non perché siete stati rattristati, ma perché questa tristezza vi ha portati al ravvedimento; poiché siete stati rattristati secondo Dio, in modo che non aveste a ricevere alcun danno da noi. Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte”.
(2Co 7:8-10)