Il 4 maggio 1949 alle ore 17:03, il Fiat G. 212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE, con a bordo l’intera squadra del Grande Torino, si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese.
L’aereo stava riportando a casa la squadra da Lisbona, dove aveva disputato un incontro amichevole contro il Benfica, organizzata per aiutare, con l’incasso, il capitano della squadra lusitana Francisco Ferreira, in difficoltà economiche. Nell’incidente perse la vita l’intera squadra del Torino, vincitrice di cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-1943 alla stagione 1948-1949 e che costituiva la quasi totalità della Nazionale italiana.
Il Torino fu proclamato vincitore del campionato a tavolino e gli avversari di turno, così come lo stesso Torino, schierarono le formazioni giovanili nelle restanti quattro partite. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scese in piazza a Torino per dare l’ultimo saluto ai giocatori. Lo shock fu tale che l’anno seguente la nazionale si recò ai Mondiali in Brasile viaggiando in nave.
Così ricordano la tragedia le pagine di Wikipedia. Uomini abituati ad anni di meritati trionfi, alcuni di loro nel pieno di una brillante carriera sportiva e tutti nel pieno vigore della vita. Felici per aver compiuto un atto di generosità offrendo ad un calciatore in difficoltà le loro prestazioni, felici anche perché da lì a pochi momenti avrebbero abbracciato i loro cari… poi in un attimo tutto finito: gloria, gioia, affetti, generosità, speranze…
Mi ha colpito nel rileggere la cronaca di quei giorni anche l’elenco di persone che avrebbero dovuto essere a bordo di quell’aereo, ma non c’erano per i contrattempi più vari (fra questi spicca il nome dello storico radiocronista Nicolò Carosio). Per alcuni era giunta l’ora, per altri non ancora e, in questo insieme di presunte “fatalità”, fa sorridere la scelta della nazionale di rifiutare il viaggio in aereo per viaggiare in nave (forse avevano dimenticato il Titanic!).
Noi non sappiamo “né il giorno né l’ora” del momento in cui Gesù tornerà sulla terra per giudicarci, ma non conosciamo neppure il momento in cui il nostro cammino sulla terra verrà interrotto non certo per inesistenti fatalità, ma per l’imperscrutabile volontà di Dio.
È possibile che quest’interruzione avvenga in modo graduale ed atteso, ma è anche possibile che avvenga in modo del tutto inatteso ed improvviso, come accadde purtroppo per il Grande Torino. Allora faremo bene a “vegliare” in modo che quel momento ci trovi pronti e preparati ad incontrare il nostro Dio (Amos 4:12).