Istituzioni bibliche sotto attacco
Sin dal principio della creazione, Dio ha previsto che la società umana non si moltiplicasse in maniera scomposta, anzi ha da subito guidato l’uomo e la donna a costituire un nucleo stabile – la famiglia – da cui sarebbero discesi altri esseri umani in grado a loro volta di formare nuove famiglie (Ef 3:15). Per quanto riguarda la gestione degli affari comuni a un intero popolo, Dio suscita delle autorità (Ro 13:1) che sono presenti in ogni nazione secondo specifiche istituzioni civili. Anche in riferimento al popolo del Nuovo Patto, cioè la Chiesa, essa non è un insieme indefinito di persone più o meno affini tra di loro. Il Signore riconosce una identità specifica a ogni comunità di cristiani che si riuniscono abitualmente in un luogo e camminano insieme (Ap 1:20); noi di solito chiamiamo “chiesa locale” un gruppo di credenti uniti tra di loro in questo modo.
Dobbiamo constatare che le varie dinamiche generate dai social stanno attaccando l’esistenza e la natura di queste istituzioni che Dio ha previsto per la comunità umana e per la comunità dei credenti. Perciò vorrei prendere in esame alcuni elementi che possono farci riflettere e che, quindi, possono incoraggiarci ad agire con più sobrietà nei contesti sopracitati, in modo da rispettare meglio l’ordine che il nostro Creatore e Padre celeste ha previsto.
In questo articolo iniziamo dalla famiglia, in uno successivo ci concentreremo sulla Chiesa.
Pericoli per la coppia
Ricordo che all’esame di maturità (era il 1999), scelsi di proporre un saggio sulla famiglia, e la traccia fornita indicava come filo conduttore le “trasformazioni provocate dai mutamenti sociali degli ultimi decenni nella struttura della famiglia italiana”. Parlai soprattutto di come lo stile ed il ritmo di vita, oltre alla disgregazione generale in cui versavano (e versano!) molte famiglie, determinasse sempre meno comunicazione sia tra coniugi, che tra genitori e figli. All’epoca i social erano al loro esordio e non c’è dubbio che lo sviluppo che hanno conosciuto negli ultimi due decenni abbia peggiorato notevolmente il quadro generale. Da questo deriva l’isolamento anche tra i membri di una stessa famiglia.
I social riducono sensibilmente la comunicazione all’interno della famiglia, anzitutto tra i coniugi.
È diventato normale, nell’arco di pochi anni, che un marito e una moglie siedano l’uno accanto all’altro, ma ciascuno di essi sia assorto nei propri contatti social, mentre osserva attentamente il proprio smartphone e scorre rapide le dita sul proprio schermo. La ripetizione del pronome “proprio” è indicativa di come i social abbiano, tra le loro impostazioni fondanti, quella di mettere al centro il singolo, l’individuo, isolandolo da tutto e da tutti. Qualche volta si ricevono informazioni dal proprio coniuge attraverso i suoi post anziché dalla sua voce! Si tratta di una normalità inquietante. Dobbiamo esaminarci attentamente su come ci stiamo comportando, perché la nostra superficialità potrebbe favorire la semina di frutti molto velenosi che noi e i nostri figli raccoglieremo in futuro.
Ricordiamoci sempre, che “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori; invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare e mangiate pane tribolato” (Sl 127:1-2).
Quanto scontento, frustrazione, delusione e ribellione si accumulano nell’animo di uomini e donne che hanno iniziato un cammino a due, ma ora lo ritengono fallimentare e, in molti casi, lo interrompono. La ragione principale di questi risultati è quella di non avere permesso al Divino Costruttore di edificare la “casa”, cioè la famiglia. Tutte le fatiche, quando manca questo elemento basilare, risultano inutili.
In una coppia il dialogo è un elemento fondamentale, e ciò che lo minaccia deve essere considerato un “sorvegliato speciale”.
Il ritmo di vita frenetico, con il susseguirsi di impegni, è già di per sé un elemento critico per un tranquillo conversare tra marito e moglie, e non è facile trovare rimedio. Se poi noi aggiungiamo altre abitudini dannose, che ci isolano ulteriormente, abbiamo maggiori responsabilità. Una di queste abitudini è la TV accesa mentre siamo a tavola (uno dei pochi momenti in cui la famiglia si raccoglie, anche se non a tutti i pasti e non sempre al completo). Ma l’uso incontrollato dei social ormai supera di gran lunga qualunque altra abitudine “dis-social”!
Una coppia non ha soltanto bisogno di accordarsi sulle questioni pratiche (esempi: “A che ora rientri stasera?”, “Puoi passare tu a prendere i bambini a scuola?”, “Sabato possiamo fare un po’ di spesa?” ecc.). Una coppia ha bisogno di confrontarsi e convergere sui principi che orientano la famiglia in tutti i settori, ne cito qualcuno: “Come gestiamo il denaro? Come ci comportiamo di fronte alle richieste del figlio più grande, o alle paure della piccola? Che cosa possiamo fare per la chiesa? Come possiamo avere contatti sani con amici non credenti che apprezzano la nostra presenza?” ecc. ecc.
Dove non c’è dialogo, si procede in ordine sparso e, a volte, tutto il carico di responsabilità di alcune scelte e impegni ricade su uno solo dei due, che ne avvertirà tutta la pesantezza. Ciò è in completa contraddizione con lo spirito di quanto scriveva l’Ecclesiaste:
“Due valgono più di uno solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. Infatti, se uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a chi è solo e cade senz’avere un altro che lo rialzi! Così pure, se due dormono assieme, si riscaldano: ma chi è solo, come farà a riscaldarsi? Se uno tenta di sopraffare chi è solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così presto.” (Ec 4:9-12).
Una coppia dovrebbe poi coltivare il dialogo, al suo interno, per il piacere stesso che ne deriva. Il parlare sereno, anche spensierato, dovrebbe essere un elemento gioioso e gratificante della vita di coppia, un forte collante e una ricarica di energie:
“Abimelec…vide che Isacco scherzava con Rebecca sua moglie” (Ge 26:8);
(Lo sposo): “…mostrami il tuo viso, fammi udire la tua voce” (Ca 2:14); (la sposa): “…i compagni stanno attenti alla tua voce! Fammela udire!” (Ca 8:13).
Anche se gli esempi di cui sopra sembrano preludere a qualcosa di più, mettono anzitutto in risalto il valore della comunicazione in una relazione matrimoniale affiatata!
Perciò dobbiamo imparare a staccarci dai nostri dispositivi e a guardarci in faccia. Dobbiamo esaminarci e verificare in che modo possiamo dialogare più spesso e meglio. Anche quando sembra che di tempo libero non ce ne sia, ci sono abitudini che possono essere cambiate in vista di “cose migliori” (Fl 1:10), e per questo occorre renderci disponibili all’azione del divino vignaiuolo (Gv 15:1-17), affinché tutto quello che non porta frutto venga tolto via da noi. Dobbiamo ascoltarci (Gm 1:19), imparando dall’esempio che ci viene da Dio stesso (Sl 40:1; Is 50:4). Dobbiamo fare in modo che, come mariti e mogli, trovino applicazione nella nostra coppia le parole di Efesini 4:26-27:
“Adiratevi e non peccate; il sole non tramonti sopra la vostra ira e non fate posto al diavolo”.
Per dare corso a quanto sopra, è indispensabile un dialogo costante e fiducioso da parte di entrambi i coniugi, senza ignorare i problemi e le responsabilità, ma confrontandoci e chiarendoci in un cammino alla presenza del Signore. Su queste basi diventa possibile una relazione amorevole ed appassionata come quella descritta dal Cantico dei Cantici. Quindi, per iniziare: chiudiamo più spesso tutti i social!
Dobbiamo inoltre essere attenti ai modelli di uomo e di donna che i social ci propongono. Di solito, con uno spazio importante occupato dalle immagini, i social ci presentano uomini e donne molto attenti al loro aspetto fisico, che mostrano con disinvoltura, e molto propensi a spendere per viaggi, divertimenti e cene fuori. Ma le occupazioni di un uomo e di una donna adulti e responsabili, o di un padre e di una madre di famiglia sono molto più di tutto questo! La nostra ricerca, come uomini e donne, deve essere anzitutto quella di diventare un “uomo che teme il Signore” (Sl 112:1), o una “donna che teme il Signore” (Pr 31:30). Persone occupate principalmente dalla ricerca di essere interiormente come piace a Dio, invece di volere essere esteriormente come piace agli uomini!
Educare i figli nell’era dei social
Dobbiamo considerare seriamente la responsabilità di essere genitori nei confronti dei nostri figli. Non possiamo pensare che i social, insieme alle tecnologie sempre più avanzate che li supportano, siano materiale molto più adatto a loro che a noi e, quindi, avremmo il diritto di ritirarci da questo ambito e abbandonarli all’autogestione. Ovviamente, le nuove generazioni riescono a stare al passo con le innovazioni meglio di noi, per questo dobbiamo sforzarci per essere in grado di vigilare. Ricordiamo la nostra specifica responsabilità:
“E voi, padri, non irritate i vostri figli, ma allevateli nella disciplina e nell’istruzione del Signore” (Ef 6:4).
La “disciplina” e la “istruzione del Signore” non possono evitare questo aspetto così presente nella vita di tutti e, in particolare, dei giovanissimi!
Una delle sfide attuali è capire a quale età sia opportuno dare il cellulare in mano ai propri figli. Ovviamente, siamo ormai consci del fatto che con “telefonino”, “cellulare”, “smartphone”, non intendiamo più semplicemente uno strumento per telefonare, ma un dispositivo che si porta sempre con sé e permette di connettersi a vari social, con tutte le possibilità e tutti i pericoli che ciò comporta. Non credo sia possibile individuare in modo univoco una “età giusta”. E non possiamo neppure seguire la strada del proibizionismo assoluto, sia perché l’utilizzo di questo strumento è ormai comune in tutti gli ambiti, anche nella scuola, sia perché produrremmo solo ribellione.
La strada più saggia è quella di inculcare nei nostri figli gli stessi principi che, in relazione ai social, dobbiamo applicare a noi adulti. In estrema sintesi, potremmo riassumerli in questi: porsi dei limiti, distinguere tra un uso utile e un uso perverso e privilegiare le relazioni in presenza.
Ovviamente, si deve tenere conto dell’età del bambino/ragazzo, e permettere un tempo e una accessibilità a essa commisurati. Credo sia doveroso proteggere i più piccoli dalla visione di violenza e di scene di sesso o dall’ascolto di discorsi volgari. I social veicolano di frequente questo genere di materiale, a volte in modo piuttosto subdolo.
Anche nei confronti dei figli, è necessario curare una sana comunicazione. I genitori non devono limitarsi a dire che cosa è concesso fare e che cosa no.
I primi 7 capitoli di Proverbi, con i loro ripetuti “Figlio mio…”, sono una meravigliosa guida per parlare ai figli ed educarli nella via del Signore. Per mezzo di quelle pagine, i più giovani vengono messi in guardia dal pericolo delle cattive compagnie, dell’immoralità sessuale, della pigrizia, della maldicenza ecc. Tutti argomenti che i social veicolano con tanta facilità, ma proponendoci principi antitetici rispetto alla Bibbia e offrendoci continue tentazioni! Dobbiamo fornire alle nuove generazioni quelle chiare basi scritturali che possono essere applicate anche nel nostro tempo, perché la Parola di Dio è stabile per sempre (Sl 119:89).
Per trasmettere degli insegnamenti, oltre a precisi momenti di lettura della Bibbia e di preghiera insieme, dovremmo approfittare di qualunque situazione venga a crearsi, tenendo presente quello che doveva già fare il popolo d’Israele: “Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai” (De 6:6-7). Oggi potremmo dire che dobbiamo parlare degli insegnamenti del Signore con la nostra famiglia quando ci rilassiamo sul nostro divano, quando siamo in macchina, dopo cena e a colazione, in poche parole: sempre! Ma se noi e loro siamo occupati dai social, non sarà possibile né parlare né essere ascoltati!
Ovviamente, gli insegnamenti rivolti ai figli devono essere supportati dall’esempio coerente. Se noi genitori siamo sempre attaccati al nostro smartphone, potremo essere autorevoli nel porre dei limiti ai nostri figli? Ci stupiremo se, crescendo, non cercheranno più la nostra presenza e non apprezzeranno il conversare con noi, ma saranno occupati dai social? Noi oggi stiamo facendo la stessa cosa con loro, occupati dai social in ogni momento possibile? Quando i bambini percepiscono che una cosa attira il papà e la mamma, diventa desiderabile anche per loro.
È più impegnativo dedicare tempo ed energie per stare con loro e fare qualcosa insieme; è più semplice parcheggiare i nostri figli piccoli davanti ad un tablet o ad uno smartphone, e nel frattempo anche noi seguire i nostri amati social. Ma abbiamo una grande responsabilità, “perché quello che l’uomo avrà seminato, quello pure mieterà. Perché chi semina per la sua carne, mieterà corruzione dalla carne” (Ga 6:7-8).
Un’ultima riflessione. Sempre più spesso i social sono veicolo di critiche (certamente non costruttive) nei confronti di qualsiasi autorità civile. E spesso, questo brutto esercizio prende di mira una delle prime forme di autorità che i nostri bambini incontrano sul loro cammino, vale a dire i loro insegnanti di scuola. Le chat dei genitori, solo per fare un esempio, ospitano sempre più spesso i peggiori commenti nei confronti degli insegnanti, molte volte completamente infondati.
Dobbiamo inculcare nei nostri figli il senso del rispetto per chi è in una posizione di autorità (1P 2:13-14), e l’ubbidienza all’esortazione: “che non dicano male di nessuno” (Ti 3:2). Ovviamente, anche questo dobbiamo fare noi adulti per primi, astenendoci dal parlare male di alcuno, a maggior ragione davanti ai nostri figli!