Già diversi anni fa mi sono posto un serio interrogativo davanti a due vicende simili, ma dall’esito diametralmente opposto: gratificante il primo, perché il giovane, vittima di un grave incidente stradale, si era ripreso – per molti di noi: “miracolosamente” – dopo settimane di coma e mesi di riabilitazione; devastante il secondo, perché, per il giovane coinvolto, l’incidente era stato fatale, dopo una settimana di agonia e di intercessioni da parte di tanti che lo conoscevano. Umanamente viene quasi spontaneo sentenziare che, nel primo caso, il Signore ha risposto alle preghiere, mentre nel secondo no. È la stessa conclusione alla quale spesso arriviamo, quando ci troviamo davanti a persone gravemente malate per le quali abbiamo pregato: alcune guariscono, altre no. Anche in questi tempi di Covid abbiamo saputo di persone guarite dopo settimane, e talvolta mesi, di sofferenza e di altre per le quali le cure dei medici non hanno potuto evitare la morte.
Spesso ho ascoltato testimonianze e letto commenti comprensibilmente entusiastici e riconoscenti davanti al verificarsi di guarigioni. Però non ricordo di aver mai ascoltato testimonianze relative a occasioni nelle quali le risposte del Signore sono state diverse da quanto desiderato e richiesto. Eppure citiamo spesso lo straordinario esempio di Giobbe che, davanti a un’impressionante serie di sciagure, “si prostrò a terra e adorò dicendo: «… il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1:20-21). Guardandomi intorno (e dovrei aggiungere: guardando dentro me stesso), è evidente che siamo pronti ad adorare il Signore e a testimoniare quando lui dà, ma non sempre lo siamo quando lui toglie. Ma non è soltanto della nostra relazione con il Signore che dovremmo preoccuparci. Dovremmo pensare anche alla nostra relazione con gli altri. Quando testimoniamo con esultanza di essere stati guariti, abbiamo mai pensato alla reazione che può avere, leggendoci o ascoltandoci, chi ha ricevuto da Dio una risposta umanamente negativa? Abbiamo mai pensato alla sofferenza, alla delusione, alla frustrazione che può provare una persona alla quale il Signore ha tolto, mentre ascolta le parole di qualcuno a cui invece il Signore ha dato? Quanta sensibilità e delicatezza dovrebbe avere questo “qualcuno”, pensando che ad ascoltarlo possa esserci chi ha vissuto un’esperienza del tutto diversa dalla sua!
L’esempio di Giobbe ci ricorda che la nostra fede e, di conseguenza, la nostra sottomissione e la nostra adorazione a Dio non devono dipendere dalle circostanze. Comunque, cioè in ogni caso e in ogni situazione, Dio è degno di essere adorato, non soltanto per chi egli è, ma anche per quello che ci ha già dato e che ci darà: realtà che hanno un peso di gran lunga superiore rispetto a quello che può averci tolto. “Comunque”! Fu proprio questa la parola pronunciata dai tre amici di Daniele, quando, a causa del loro rifiuto di adorare la statua d’oro fatta erigere dal re Nabucodonosor, furono da lui minacciati di essere “immediatamente gettati in una fornace ardente”. Infatti “Sadrac, Mesac e Abed-Nego risposero al re: «O Nabucodonosor, noi non abbiamo bisogno di darti risposta su questo punto. Ma il nostro Dio, che noi serviamo, ha il potere di salvarci e ci libererà dal fuoco della fornace ardente e dalla tua mano, o re. Anche se questo non accadesse, sappi, o re, che comunque noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai fatto erigere” (Da 3:16-18). I tre giovani credevano nella potenza di Dio, sapevano che egli avrebbe potuto salvarli. Ma non sapevano che cosa Dio avrebbe deciso per loro! Avrebbe potuto non intervenire e non liberarli dal fuoco della fornace ardente. Ma cosa sarebbe cambiato? La loro fede in lui non si sarebbe stata spostata di una virgola. Questo è chiaramente il senso delle loro parole! La lezione che raccolgo è che, anche se il Signore decidesse di non intervenire, di non compiere il miracolo di liberarmi da una prova, io sono incoraggiato a rimanere stretto a lui, a non tradirlo! È soltanto davanti a lui che continuerò a prostrarmi; è solo lui che adorerò e servirò, qualunque sia la decisione che egli prenderà per la mia vita!”. Lo adorerò comunque, perché so che, comunque, nessuno potrà separarmi da lui, dal suo amore!