Dopo la pandemia, per altro solo attenuata ma non ancora scomparsa, ecco la guerra ad alimentare le nostre paure, le nostre angosce. Per anni abbiamo sentito echeggiare da vari pulpiti, soprattutto in occasione di ricorrenze storiche, il grido: “Mai piu!”. Mai più la guerra, mai più l’olocausto, mai più la mafia. Tutti possono riconoscere, indipendentemente dalle loro convinzioni ideologiche, le lezioni che provengono dalla storia. Come discepoli di Cristo, noi impariamo dalle Scritture, davanti all’evidenza del persistere della follia umana, che è saggio di non sbilanciarsi MAI PIÙ a gridare “Mai più!”. La Parola ci avverte che “ciò che è stato è quel che sarà; ciò che si è fatto è quel che si farà; non c’è nulla di nuovo sotto il sole” (Ec 1:9). La violenza che ha devastato in queste settimane l’Europa è là a dimostrare che non è saggio riporre alcuna speranza nell’uomo. Scopriamo quanto sia vero l’avvertimento di Paolo che, pur se riferito esplicitamente alla venuta del “giorno del Signore”, ha sicuramente conosciuto già molteplici adempimenti nella storia: “Quando diranno: «Pace e sicurezza», allora una rovina improvvisa verrà loro addosso” (1Te 5:3). Quante volte infatti una mano tesa ha nascosto l’altra mano armata o è stata fatta un’offerta di pace mentre in realtà ci si preparava alla guerra? Quante volte si sono piantati ulivi, continuando nello stesso tempo a fabbricare le armi più micidiali? Nel tempo l’uomo non è cambiato, il suo cuore era e rimane “ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente maligno” (Gr 17:9).
In questo panorama umanamente senza speranza, troviamo una via di uscita nelle parole del re Giosafat: “Noi siamo senza forza… e non sappiamo che fare, ma gli occhi nostri sono su di te” (2Cr 20:12). È sollevando lo sguardo dalle miserie della terra e volgendolo verso l’Alto che possiamo trovare la speranza e il coraggio per proseguire il cammino ed essere liberati dall’angoscia. Rileggendo in questi giorni le parole del Salmo 107 vi ho scoperto cinque “quadri” che rivelano come il soccorso dall’Alto sia concreto, reale, tangibile.
Dal primo quadro raccogliamo la testimonianza di come Dio possa trasformare l’angoscia in sicurezza. Infatti vi si parla di pellegrini che “vagavano nel deserto per vie desolate, non trovavano città dove poter abitare. Soffrivano la fame e la sete, l’anima veniva meno in loro. Ma nella loro angoscia gridarono al Signore ed egli li liberò dalle loro tribolazioni, li condusse per la retta via, perché giungessero a una città da abitare” (vv. 4-7). Il secondo quadro ci presenta la trasformazione dell’angoscia provocata dal peccato nella pace conseguente alla certezza del perdono divino: “dimoravano in tenebre e in ombra di morte… perché si erano ribellati alle parole di Dio e avevano disprezzato gli avvertimenti dell’Altissimo… Gridarono al Signore… ed egli li fece uscire dalle tenebre e dall’ombra di morte, spezzò le loro catene” (vv. 10-14). Il terzo quadro ci mostra come sia possibile vedere l’angoscia trasformata in gioia: “Soffrivano gli stolti per il loro comportamento ribelle e per le proprie colpe… Nell’angoscia gridarono al Signore ed egli li liberò… raccontino le sue opere con gioia” (vv. 17, 22). Il quarto quadro, quello per noi più attuale, ci presenta uomini sballottati e traballanti come ubriachi a causa delle tempeste della vita, ma, dopo aver ancora gridato al Signore, la loro angoscia si trasforma in calma, così che “si rallegrano alla vista delle acque calme ed egli li conduce al porto tanto sospirato”(vv. 27-30).
Infine nella parte conclusiva del salmo, il quinto quadro ci presenta il passaggio da una vita densa di preoccupazioni a una vita ricolma di benedizioni. Ed è proprio questo che dobbiamo ricordare, nei momenti difficili: “il Padre del nostro Signore Gesù Cristo ci ha benedetti di ogni benedizione spirituale nei luoghi celesti in Cristo” (Ef 1:3).
Tutti e cinque “i quadri” ci rivelano che la liberazione dall’angoscia fu conseguente alla scelta di “GRIDARE AL SIGNORE”. Non alzarono gli occhi verso l’Alto per contemplare, ma per invocare, gridando, l’intervento divino “ed egli li liberò” (vv. 6, 13, 19, 28).