Introduzione all’argomento
Nell’Antico Testamento si ritrova quasi 300 volte la parola PATTO (berit in ebraico e diathēkē nella versione in greco dei LXX), spesso tradotta con “alleanza”, che è una parola comune usata per una serie di accordi. Ad esempio: un patto fra due amici (1Sa 18:3) che poteva essere considerato come legale (1Sa 20:8); fra due persone che volevano fissare la loro sfera di interessi (Ge 21:27); per stabilire dei termini di pace (1Re 20:34); tra due re che, naturalmente, coinvolgeva anche i loro rispettivi popoli (1Re 5:26). La situazione era diversa quando, ad esempio, un re stipulava un patto con i suoi sudditi (2Re 11:4) o quando qualcuno, a causa di un patto, si metteva al servizio di un altro (1Sa 11:1).
L’Antico Testamento presenta diversi patti: Dio ne aveva stipulati due con l’umanità in generale, tre con Israele, precisamente con Abramo, Mosè e Davide. Di questi, due erano incondizionati, cioè sia che Israele avesse ubbidito o disubbidito, Dio li avrebbe adempiuti. Il sesto, profetizzato per Israele, si estendeva anche a tutti gli altri popoli.
A differenza di quanto a volte si sente dire, non risulta essere biblico che i vari patti di Dio possano essere riconducibili a uno solo, il cosiddetto “patto di redenzione”, che le tre Persone della Deità avrebbero stipulato nell’eternità. Il Nuovo Testamento è molto chiaro a riguardo. L’apostolo Paolo quando presenta i vari privilegi degli Israeliti, afferma: “ai quali appartengono i patti” (Ro 9:4) escludendo in modo categorico la dicitura “patto”.
Quindi, i vari patti di Dio non sono l’espressione di un solo patto. Lo afferma ancora l’apostolo Paolo quando presenta cinque elementi che “un tempo” i Gentili non avevano, prima della venuta di Cristo e della sua opera in croce. Egli scrive che essi “erano estranei ai patti della promessa” (Ef 2:12). C’è ancora da chiedersi il modo in cui la Chiesa si rapporta con i vari patti. Qui c’è chi fa entrare in gioco la cosiddetta “teologia della sostituzione” secondo la quale la Chiesa avrebbe sostituito Israele etnico nel piano di Dio in modo totale e per sempre essendo quindi beneficiaria delle promesse divine fatte a Israele. Una posizione che non corrisponde all’insegnamento scritturale.
Il patto con Adamo o adamitico
In Genesi 1:28 non troviamo usata in modo esplicito la parola patto, tuttavia, oltre ai dettagli del rapporto con l’uomo, simili ad altri patti, si può ugualmente considerare come tale la solenne ingiunzione di Dio, il Signore, a non mangiare “del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male” (Ge 2:15-17). Questo ordine di Dio è definito “patto” (Os 6:7). Nel caso della sua osservanza, Adamo avrebbe potuto continuare a gioire della presenza di Dio, con tutti i benefici che questo comportava. In caso contrario, ci sarebbe stata l’interruzione del rapporto con Dio e sarebbe subentrata la morte: “nel giorno che tu ne mangerai, certamente morirai”. Con la rottura del patto, a causa del peccato, Adamo ha perso tutte le benedizioni che Dio aveva previsto per lui e sono subentrati immediatamente la morte spirituale (Ef 2:1) e i vari tipi di sofferenza: fisica, morale e materiale (Ge 3:17-19). Adamo visse a lungo, tuttavia “poi morì” (Ge 5:5). Questo patto ha valore ancora oggi perché tutte le penalità vengono applicate a ogni uomo (Ro 5:12-14; 3:9, 23), inclusi i vari tipi di sofferenza il primo dei quali porta al decadimento fisico e alla morte (cfr. Gb 1). Per questo motivo Dio ha immediatamente promesso il rimedio per il peccato dei nostri progenitori (Ge 3:15) ed è diventata indispensabile l’opera dell’ultimo “Adamo”, ovvero Cristo, l’unico che può dare la vita spirituale e la sicurezza di non essere più sotto condanna (Ro 5:14-21; 1 Co 15:45; Ro 8:1) e aiutare nelle varie problematiche che il peccato ha prodotto (Ro 8:35).
Il patto con Noè o noetico
Con il pre-annuncio del suo patto prima del diluvio (Ge 6:18), Dio voleva assicurare a Noè e alla sua famiglia la salvezza mentre egli emetteva il giudizio e la condanna per punire la malvagità della discendenza di Adamo che era giunta al culmine (Ge 6:11-13). Questo patto, incondizionato, è stato stipulato alla fine del diluvio con Noè, in modo specifico, e con i suoi discendenti, ovvero con tutta l’umanità, in modo generale (Ge 9:8-17). Ogni volta che c’è un’alluvione dobbiamo pensare alla fedeltà di Dio. L’arcobaleno, che appare in cielo dopo la pioggia, è il segno del patto secondo il quale Dio, nella sua fedeltà, manterrà la promessa di non distruggere più la terra con l’acqua ma ricorda anche che Dio eserciterà il suo giudizio sul peccato (2P 2:5, 8).
Il patto noetico è anche una riaffermazione del piano iniziale di Dio quando egli diede all’uomo il “mandato culturale” (Ge 1:26, 28) che riconfermò dopo il diluvio (Ge 9:1-4, 7) con qualche aggiunta, evidenziando in particolare il valore della vita umana (Ge 9:5-6), cosa che oggi sembra caduta nel completo dimenticatoio! Inoltre, nonostante il concepimento dell’uomo “dei disegni malvagi fin dall’adolescenza”, nel patto è inclusa la promessa che sarebbe continuato l’alternarsi delle stagioni e la provvidenza di cibo (Ge 8:21-22).
Il patto con Abramo o abramitico o patriarcale
Quando Dio chiamò Abramo gli fece diverse promesse: quella di un territorio (Ge 12:2, 6-7; 13:17; At 7:4-6) con una grande nazione e una discendenza molto numerosa (Ge 12:2; 13:16; 15:5); quella di un nome grande, che sarebbe stato “fonte di benedizione” (Ge 12:2); infine, quella che egli sarebbe stato una “benedizione per tutte le famiglie della terra” (Ge 12:3). Quest’ultima promessa non significava che sarebbe stato il padre di tutte le nazioni dal punto di vista genealogico perché egli lo è stato solo di tre nazioni: degli Ismaeliti, con tutti i vari discendenti, da Ismaele; degli Edomiti, discendenti da Esaù e degli Israeliti discendenti da Giacobbe (Israele). Questo patto venne riaffermato con Isacco e Giacobbe (Ge 26:1-5; 28:14-15). La promessa di essere in benedizione per tutte le famiglie della terra era spirituale e si realizzò con la venuta di Cristo, “figlio di Abramo” (Mt 1:1). E il motivo per cui Matteo presenta Cristo con questo titolo è molto chiaro. Vuole farci vedere che quanto scrive nella genealogia non è soltanto la storia di una famiglia: c’è molto di più. Questa è una storia importante, incredibile! È la storia di un nuovo inizio, una nuova genesi. D’altronde quando Dio chiama Abramo lo fa dopo una delle più grandi e gravi crisi dell’umanità. Questa chiamata infatti avviene dopo la ribellione dell’uomo che, con tutto il suo orgoglio, voleva costruire una torre per giungere fino al cielo. E Dio era escluso. È in questo contesto che Dio inizia qualcosa di nuovo, proprio chiamando Abramo.
C’è un personaggio nella storia più grande di Abramo da cui è venuta così tanta prosperità? Attraverso cui il mondo è stato così benedetto e arricchito?
C’è un nome, che è molto più grande del suo, attraverso il quale ogni nazione del mondo, da quelle più grandi e importanti fino alle più oscure tribù, sono state benedette perché tante persone hanno conosciuto la salvezza. Questi non è un figlio ma il figlio di Abraamo, il Signore Gesù Cristo che continua a salvare. Pertanto, il patto di Dio con Abramo non riguarda soltanto il passato e il futuro di Israele, come ad esempio l’ampiezza del suo territorio durante il regno messianico promessagli da Dio, ma ha a che fare con il presente: “La Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato gli stranieri per fede, preannunciò ad Abraamo questa buona notizia: «In te saranno benedette tutte le nazioni»”. (Ga 3:8).
Il patto con Mosè o mosaico
Dio stipulò questo patto quando il popolo d’Israele arrivò nel deserto del Sinai (Es 19:4-6). Per essere “il suo tesoro particolare”, “un regno di sacerdoti” e “una nazione santa”, Israele avrebbe dovuto mantenere il patto di Dio sottomettendosi a tutte le sue condizioni, stipulate da lui e descritte in Esodo 20-23. Aderendo a questi obblighi e a tutte le ingiunzioni susseguenti date al Sinai, Israele avrebbe manifestato la propria diversità dalle altre nazioni e quindi avrebbe potuto mostrare tutta la saggezza e la grandezza di Dio ai popoli vicini.
Nel contesto di questo patto, Dio diede la legge tramite Mosè (Es 20:1-17) e, con essa, trasmise i comandamenti che era necessario ubbidire per vivere con ordine gli aspetti spirituali, cultuali, morali, civili e sociali della società. Questo patto, che Dio rinnovò subito dopo la distruzione delle tavole della legge (Es 34:10-28) e poco prima di entrare in Canaan (De 29:1-14), era condizionato ovvero avrebbe portato benedizione o maledizione a seconda se Israele avesse obbedito o disobbedito (Le 26; De 27-28). Con il patto mosaico Dio non annullava quello abramitico ma avrebbe fatto notare a Israele l’urgenza di riconoscere il bisogno di Cristo (Ga 3:16-24, in particolare i vv 16 e 24).
Il patto con Davide o davidico
Con il patto davidico (2Sa 7:16 in cui non c’è la parola patto, che è però menzionata in 2Sa 23:5 e 2Cr 13:5, qui definito “un patto inviolabile”; Sl 89:3), Dio prosegue quanto aveva già detto nel patto abramitico. Davide è un discendente di Giuda e i suoi discendenti avrebbero regnato per sempre. Questo patto è incondizionato e si concentra sul lignaggio regale che porterà a Cristo, come si vede nella genealogia di Matteo. Già nel primo versetto del Vangelo, Matteo vuole dimostrare come Cristo fosse l’adempimento della promessa del patto che Dio aveva stipulato con Davide. Nel definire Gesù come Figlio di Davide, Matteo ci sta dicendo una cosa importantissima: tutte le promesse che erano state fatte a Davide si sono compiute in lui. Naturalmente il trono di Davide non è sempre esistito ma verrà il giorno in cui qualcuno del lignaggio di Davide siederà sul trono e regnerà come re (Sl 132:11). Questo futuro re è Gesù che regnerà sull’Israele etnico (Ez 37:21-28, in particolare i vv. 24-25; At 3:19-21; Lu 1:32) e per sempre con il Padre (Sl 45:6; Lu 1:33; Eb 1:8; Ap 11:15; 22:1, 3, 5) al quale “consegnerà il regno” (1Co 15:24) rimettendo questa autorità e dominio nelle mani del Padre.
Il “nuovo” patto
Anche se c’è un solo testo biblico nell’Antico Testamento dov’è menzionato, ce ne sono tuttavia altri cui vi si allude. In Isaia questo patto “eterno” e di “pace” è strettamente associato alla figura del Servo del Signore (Is 42:6; 49:8; 54:10; 61:8). Geremia, in un periodo molto critico del regno di Giuda, profetizza, sono le parole del Signore, che Dio avrebbe stipulato in futuro “un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda” (Gr 31:31-33). Cosa che è avvenuta quando Gesù Cristo l’ha stipulato per mezzo del suo sacrificio in croce con “il sangue del patto” (Mt 26:28; Mr 14:24) o, come aggiungono Luca e Paolo, con “il nuovo patto nel suo sangue” (Lu 22:20; 1Co 11:25). Quindi non c’è alcun dubbio che la profezia di Geremia trovi qui il suo adempimento perché identifica nel sacrificio di Cristo, quale nostro sostituto, l’elemento che costituisce il fondamento del nuovo patto. E, per di più, anche se il nuovo patto era stato profetizzato per Israele, si estende anche a tutti gli altri popoli, infatti Paolo, nello scrivere ai Corinzi, scrive a persone convertite dal paganesimo. Nella profezia di Geremia non era menzionato il perdono eterno; Gesù, nell’istituire il memoriale, lo dichiara tale in modo molto chiaro (Mt 26:28).
È in modo particolare la lettera agli Ebrei che presenta con grande chiarezza tutti gli aspetti del nuovo patto (Eb 8:1-13; 10:10-18) che è tale nei confronti del “primo” dato esclusivamente ad Israele (Eb 8:13) ed è definito “migliore” (Eb 8:6). Questo nuovo patto mostra una continuità e una discontinuità con quelli del passato. Non ci sorprende quindi il suo collegamento con il patto abramitico perché con la venuta di Gesù e la sua opera si è realizzata la promessa fatta ad Abramo: “in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (cfr. anche Lu 1:54-55 e 69-75, in particolare i vv 55 e 73 dove si fa riferimento specifico ad Abramo). E non ci sorprende nemmeno il collegamento con il patto davidico perché il Messia doveva discendere dalla casa di Davide per ricevere il trono (Lu 1:27, 32-34).
Questo nuovo patto è valido per sempre; ci sono quattro importanti elementi da considerare:
- Esso è distinto da quello stipulato dal Signore con Mosè sul Sinai in relazione al perdono o al tipo di perdono che garantisce; infatti i peccati di chi, per mezzo della fede in Cristo, beneficia di questo patto, non “saranno più ricordati” (Eb 8:12; 10:17) perché la giustizia di Cristo è stata imputata, ovvero è come se fosse stata trasferita legalmente sul loro conto (Ro 4:23-24; 2Co 5:21): siamo ricchi in Lui! Inoltre, un elemento centrale del patto mosaico era costituito dal tabernacolo con i vari aspetti cultuali. Nel tabernacolo (e poi nel tempio) c’era una netta divisione tra il luogo santo e il luogo santissimo. Questo significava l’impossibilità per l’uomo peccatore di potersi presentare direttamente davanti a Dio (Eb 9:1-10). Il superamento di questo patto mosaico è avvenuto nel momento della morte di Cristo (Eb 9:12) quando “la cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo” (Mt 27:51; Mr 15:38) dando così la possibilità a chi crede di accostarsi liberamente a Dio (Eb 10:19-20).
- Perché questo patto potesse realizzarsi, il Figlio di Dio ha dovuto venire in terra come “progenie d’Abraamo” (Ga 3:16; 4:4) e, in quanto tale, ha distrutto “il diavolo” e “viene in aiuto alla discendenza di Abraamo” (Eb 2:14-16).
- Adesso tutti i credenti, indistintamente, siano essi Giudei o Gentili, in quanto convertiti a Cristo, entrano a fa parte del nuovo patto e sono tutti ugualmente partecipi delle sue benedizioni (Ga 3:28-29; Ef 3:4-6).
- Infine c’è un aspetto futuro di rilievo. Quando Israele si convertirà nella sua totalità riconoscendo in Gesù il Messia promesso (Ro 11:26-27), allora si realizzerà la profezia di Geremia per quanto concerne il futuro di Israele etnico nell’entrare nel nuovo patto (Gr 31:33-34).
I patti di Dio costituiscono un aspetto essenziale della rivelazione biblica; prendendo coscienza di questo si potrà comprendere meglio l’opera di Dio nel passato, nel presente e nel futuro, visto che essi abbracciano tutte queste dimensioni temporali.