Nel primo dei suoi discorsi riportati nel libro del Deuteronomio, Mosè precisò qual era stato il modo di rapportarsi di Dio con gli uomini: “A me, in quel tempo, il SIGNORE ordinò d’insegnarvi leggi e prescrizioni, perché voi le mettiate in pratica nel paese dove ora entrerete per prenderne possesso. Siccome non vedeste nessuna figura il giorno che il SIGNORE vi parlò in Oreb dal fuoco, badate bene a voi stessi, affinché non vi corrompiate e non vi facciate qualche scultura, la rappresentazione di qualche idolo, la figura di un uomo o di una donna, la figura di uno degli animali della terra, la figura di un uccello che vola nei cieli, la figura di una bestia che striscia sul suolo, la figura di un pesce che vive nelle acque sotto la terra; e anche affinché, alzando gli occhi al cielo e vedendo il sole, la luna, le stelle, tutto l’esercito celeste, tu non ti senta attratto a prostrarti davanti a quelle cose e a offrire loro un culto” (De 4:14-19).
Quindi: il Signore parlò ma non si fece vedere (“Non vedeste nessuna figura”). Dio, conoscendo il cuore dell’uomo, sapeva bene che è più forte il desiderio di vedere piuttosto che quello di ascoltare, per questo volle chiarire che la sua rivelazione non passa attraverso le immagini, ma sempre attraverso la Parola. Anche Gesù, pur avendo avuto un corpo visibile per il tempo limitato al suo passaggio sulla terra, non viene presentato come Immagine riproducente Dio, ma come Parola: così recita il prologo del Vangelo di Giovanni. Sicuramente una delle cause principali della deriva spirituale e morale della società attuale, nella quale viviamo, è il dilagare della cultura dell’immagine e il restringersi sempre più marcato degli spazi concessi alla parola. Si guarda sempre di più, si legge sempre di meno. La conseguenza è che si trascura l’ascolto della rivelazione di Dio: così facendo, ci si priva della sua conoscenza che passa proprio attraverso la Parola scritta che ci rivela anche la Parola incarnata, Gesù.
Dio si relazionò con il popolo d’Israele, e desidera relazionarsi ancora oggi con gli uomini, esclusivamente servendosi della Parola e non di immagini. Dio ha scelto di comunicare con noi attraverso l’ascolto e non attraverso la visione. L’unica “visione” di Dio che ci viene offerta è legata all’incarnazione del Signore Gesù come Giovanni ricorda nel prologo del suo Vangelo: “Nessuno ha mai visto Dio; l’unigenito Dio, che è nel seno del Padre, è quello che l’ha fatto conoscere” (Gv 1:18). Giovanni sottolinea però, guidato dallo Spirito Santo, che Gesù ci ha fatto conoscere Dio, non scrive che ce lo ha fatto vedere.
Nella celebre dossologia con cui chiuse la lettera a Timoteo, l’apostolo Paolo sottolineò che Dio “abita in una luce inaccessibile, che nessun uomo ha visto né può vedere” (1Ti 6:16) e in un’altra dossologia, contenuta nell’apertura della stessa lettera, Paolo rivolse la sua adorazione “al Re eterno, immortale, invisibile” (1Ti 1:17).
Dio non entra in relazione con l’uomo attraverso immagini, ma solo attraverso le sue parole, di conseguenza anche l’uomo, nel relazionarsi con lui, non deve affidarsi alle immagini, ma alle parole, così come precisato con estrema chiarezza nel secondo comandamento del Decalogo (Es 20:4-6). Gesù, al termine della sua conversazione con la donna samaritana, pronunciò la nota affermazione, dalla quale non può prescindere ogni uomo che desideri realmente entrare in relazione con il Dio vivente e vero: “Dio è Spirito; e quelli che l’adorano bisogna che lo adorino in spirito e verità” (Gv 4:24). Chi esce da questo modo di relazionarsi con Dio non è in sintonia con la sua volontà e, di conseguenza, non riuscirà mai ad avere un rapporto personale con il Dio che è Spirito, con il Dio che è Parola. Ogni tentativo umano di rappresentare Dio e, di conseguenza, ogni rappresentazione di Dio costruita dall’uomo, pittorica o scultorea che sia, costituiscono un insormontabile ostacolo nel rapporto fra il Creatore e la sua creatura.