In quale Gesù hai creduto?
Quando parliamo agli altri della nostra fede in Gesù ci sarà capitato di sentirci rivolgere, con presunta sicurezza, delle risposte del tipo:
“Ma guarda che anch’io credo in Gesù!”.
Nei nostri interlocutori, però, qualcosa cambia quando iniziamo loro a spiegare che “la fede viene da ciò che si ascolta e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo” (Ro 10:17).
Quando diciamo loro che la nostra fede in Cristo Gesù proviene dall’avere udito il messaggio della salvezza contenuto nella Parola di Dio ecco che quella loro presunta sicurezza viene meno.
Spesso, per difendersi, queste persone iniziano ad avanzare il solito rifiuto verso la Parola di Dio: non è vera, è una favola, è stata scritta da uomini e quindi contiene errori e pensieri umani, nel tempo è stata cambiata e potremmo andare ancora avanti per molto.
Davanti a ciò la domanda che sorge spontanea è: “Ma tu in quale Gesù hai creduto?”.
Affermare di credere in Gesù Cristo, il Figlio di Dio, ma poi rifiutare la Bibbia, la Parola di Dio, del Padre, di Cristo stesso ci porta alla conclusione che il mondo si è fatto tanti “gesù” e vari “cristo”, ognuno dei quali conforme alle proprie esigenze e credenze, ma falsi e diversi dall’unico e vero Gesù Cristo.
Abbiamo creduto nel Gesù della Scrittura
Esiste solo un vero Gesù, quello che c’è testimoniato, rivelato e presentato dalla Scrittura. Noi possiamo ben dire che in quel Gesù abbiamo creduto e riposto la nostra fede. Questo implica che la nostra testimonianza deve presentare il Gesù della Scrittura.
I nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, le nostre attività, i nostri metodi di evangelizzazione devono essere, in tutti i loro aspetti e le loro sfaccettature, tali da testimoniare dell’unico e vero Cristo Gesù: quello delle Scritture.
Presentare agli altri il Gesù delle Scritture
Come possiamo presentare in modo efficace agli altri il Gesù delle Scritture? Guardando alla Scrittura ci sono forniti numerosi esempi da seguire. Prima è necessario, però, puntualizzare un aspetto che ci aiuta meglio a comprendere come questi esempi facevano riferimento alle Scritture.
La suddivisione delle Scritture ebraiche: Legge, profeti e scritti
Quando nel Nuovo Testamento sono fatti dei riferimenti alla Parola di Dio scritta, questi riguardano l’Antico Testamento.
Coloro che hanno vissuto al tempo in cui avvengono gli episodi narrati nel Nuovo Testamento avevano a disposizione quello che noi chiamiamo Antico Testamento ma che per loro erano le “Scritture” (es. Mt 21:42) o la “Scrittura” (es. Mr 12:10).
Alcune volte il riferimento alla Scrittura è fatto anche in merito alle parti in cui essa era suddivisa. La suddivisione citata è quella ebraica e quindi diversa da quella presente nelle nostre Bibbie le quali seguono quella utilizzata nella versione Vulgata, una traduzione della Bibbia in latino del 400 d.C.
Le Scritture erano, e sono, presso gli ebrei suddivise in Legge, Profeti e Scritti. Ognuna di tali sezioni contiene al suo interno dei libri che probabilmente al tempo dei fatti e della redazione del Nuovo Testamento erano ripartiti come di seguito indicato:
a) “Legge”: Tale sezione comprende il pentateuco. Le citazioni del Nuovo Testamento contenute in questa sezione oltre che con il termine generico “Legge” (es. Mt 5:17) sono indicate anche citando “Mosè” (es. Gv 1:45) l’autore di questi cinque libri
b) “Profeti”: Tale sezione comprende i profeti definiti anteriori (Giosuè, Giudici, Samuele e Re), quelli posteriori (Isaia, Geremia ed Ezechiele) e infine gli altri dodici (da Osea a Malachia). Molte citazioni presenti nel Nuovo Testamento contenute nei libri di questa sezione sono fatte in modo da riportare non solo il termine generico“profeti” (es. Mt 5:17) ma anche il nome del libro profetico esatto in cui essa è contenuta come per esempio avviene con “Isaia” (es. Mt 12:17).
c) “Scritti”: Questa sezione comprende Salmi, Giobbe, Proverbi, Rut, Cantico dei Cantici, Ecclesiaste, Lamentazioni, Ester, Daniele, Esdra, Neemia e Cronache. Gli Scritti sono chiamati generalmente anche“Salmi” (il primo libro degli scritti; es. Lu 24:44).
Guardiamo ora solo ad alcuni esempi da seguire per presentare efficacemente agli altri il Gesù delle Scritture.
In questi esempi troviamo:
• il testimone,
• il messaggio testimoniato,
• i destinatari della testimonianza e
• la reazione di quest’ultimi.
Filippo a Natanaele
Dopo che Filippo, uno dei dodici, si sentì dire da Gesù: “Seguimi” (Gv 1:43) questi divenne immediatamente un testimone. Infatti quando “trovò Natanaele” subito “gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti: Gesù da Nazaret, figlio di Giuseppe»” (Gv 1:45).
Nel presentare Gesù, Filippo fece ricorso al mezzo evangelistico per eccellenza, il più fedele di tutti. Fece ricorso a quello che è “scritto” nella Parola di Dio. Fu questo il fondamento dell’evangelizzazione di Filippo verso Natanaele. Quest’ultimo diede una risposta che lasciò trasparire il suo dubbio: “Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?” (Gv 1:46a).
Siccome solo la Parola scritta conduce alla Parola incarnata, Cristo Gesù, ecco che Filippo disse a Natanaele: “Vieni a vedere” (Gv 1:46b). “Vieni a vedere”… chi?
“Colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti” (Gv 1:46b,45).
Filippo condusse Natanaele dal Gesù della Scrittura. Fu così che Natanaele incontrò Gesù, ebbe un colloquio con lui e poi credette in lui affermando: “Rabbì tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele” (Gv 1:49).
Quando portiamo gli altri da Gesù e loro diciamo “vieni a vedere”, poniamo lo stesso fondamento che pose Filippo: quello della Scrittura. Gesù non è “colui” del quale parlano un gruppo di persone o una religione, ma è “colui del quale hanno scritto Mosè nella legge e i profeti”. Annunciamo che Gesù e il Gesù della Parola di Dio scritta, essa non fa altro che condurre gli uomini alla Parola di Dio incarnata cioè a Gesù stesso. Egli, infatti, è“la parola … diventata carne che ha abitato per un tempo fra noi” (Gv 1:14).
Gesù ai Giudei
Proprio Gesù mentre parlava con dei Giudei, che “cercavano d’ucciderlo” (Gv 5:18), riguardo a chi era che rendeva testimonianza di lui, dopo aver parlato di Giovanni Battista, disse che lui aveva “una testimonianza maggiore” (Gv 5:36) cioè quella del “Padre” che lo “ha mandato” (Gv 5:37).
Ma a sua volta il Padre per testimoniare al mondo di Gesù ha scelto “la sua parola” (Gv 5:38). Tanto che Gesù rivolto ai Giudei, afferma loro: “Voi investigate le Scritture… ed esse sono quelle che rendono testimonianza di me” (Gv 5:39).
La Parola di Dio non conduce mai lontano da Cristo, ma sempre e solo a Cristo. “Infatti” – conclude Gesù – “se credeste a Mosè, credereste anche a me; poiché egli ha scritto di me. Ma se non credete ai suoi scritti, come credereste alle mie parole?” (Gv 5:46-47).
La Parola di Dio e Cristo sono due realtà inscindibili, nessuno può affermare di credere alle Scritture e non a Gesù oppure di credere a Gesù e non alle Scritture. Gesù stesso nel testimoniare di sé a dei Giudei increduli usò “la Scrittura”, si riferì a quello che Mosè aveva scritto di lui, rimandò i suoi interlocutori agli “scritti”.
La cultura del mondo, come del resto la religione che in essa si esprime, tende a separare Cristo dalla Scrittura. Ma Parola scritta e Parola incarnata sono una realtà sola e l’una conduce all’altra. La Scrittura rende “testimonianza” di Cristo e credere in Cristo significa credere nella Scrittura.
Facciamo nostre le parole che Gesù ha lasciato ai religiosi e agli uomini del suo tempo e annunciamole anche noi a quelli del nostro tempo.
Gesù ai due discepoli sulla via di Emmaus
Due discepoli di Gesù se ne andavano da Gerusalemme verso “Emmaus” (Lu 24:13) e “parlavano” (Lu 24:14)“di Gesù” e di com’era stato condannato a morte e ucciso (Lu 24:19-20).
Erano scoraggiati, delusi, “tutti tristi” (Lu 24:17) perché speravano “che fosse lui che avrebbe liberato Israele”(Lu 24:21). Proprio mentre “discorrevano… Gesù stesso (risorto) si avvicinò e cominciò a camminare con loro” (Lu 24:15). Quegli uomini non riconobbero Gesù perché “i loro occhi erano impediti” (Lu 24:16).
Poi Gesù domandò loro quale era l’argomento della loro discussione e dopo aver ascoltato il loro resoconto…
“Disse loro: «O insensati e lenti di cuore a credere a tutte le cose che i profeti hanno dette! Non doveva il Cristo soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria? E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture le cose che lo riguardavano” (Lu 24:25-27).
Gesù nel presentarsi utilizzava il fondamento della Scrittura, essa fu il mezzo con il quale iniziò la sua rivelazione ai due discepoli. Gli occhi dei due discepoli furono definitivamente aperti per riconoscere Gesù dopo che egli si rivelò loro nello spezzare il pane.
Tuttavia fu quando Gesù stesso “cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture (quindi anche negli Scritti) le cose che lo riguardavano” che i due discepoli assistettero a un qualcosa di meraviglioso:la Parola incarnata che spiega la Parola scritta.
Nel loro cuore durante questa spiegazione accadde qualcosa di straordinario tanto che poi si dissero: “Non sentivamo forse ardere il cuore dentro di noi mentre egli ci parlava per la via e ci spiegava le Scritture?” (Lu 24:32).
La spiegazione delle Scritture per testimoniare agli altri di Gesù è ancora in grado di fare “ardere il cuore dentro”le persone che l’ascoltano.
Spesso reputiamo questo mezzo di testimonianza al giorno d’oggi incapace di far “ardere il cuore” e così facciamo ricorso ad altri mezzi che definiamo più coinvolgenti, più interessanti, meno pesanti e il mezzo di testimonianza per eccellenza è rilegato a ruoli secondari se non eliminato definitivamente dalla scena della testimonianza della chiesa.
Che quanto Gesù fece possa invece ricordarci che l’uso di “tutte le Scritture” per testimoniare di lui è veramente in grado di far “ardere il cuore” delle persone che ascoltano.
Presentiamo il Gesù delle Scritture, come il Risorto fece con due uomini tristi e dagli occhi impediti la cui tristezza fu rimossa e i cui occhi furono aperti dall’avere udito la spiegazione “in tutte le Scritture” delle vicende che riguardavano il Salvatore del mondo.
Gesù agli undici
Sempre in seguito alla crocifissione “gli undici” e altri discepoli erano “riuniti” a Gerusalemme. Anche loro parlavano delle cose relative alla morte e alla risurrezione di Gesù. Proprio “mentre essi parlavano di queste cose, Gesù stesso comparve in mezzo a loro” (Lu 24:36).
Alla vista del suo corpo i presenti furono “sconvolti e atterriti” (Lu 24:37). Gesù gli disse:
“Perché siete turbati? E perché sorgono dubbi nel vostro cuore?” (Lu 24:38).
Quindi mostrò loro le mani e i piedi ma “per la gioia non credevano ancora e si stupivano” (Lu 24:40).
Così Gesù chiese loro qualcosa da mangiare e lo “mangiò in loro presenza” (Lu 24:43). Dopodiché disse loro:
“Queste sono le cose che io vi dicevo quand’ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi” (Lu 24:44).
Gli undici erano sconvolti, atterriti, turbati, dubbiosi, increduli, stupiti davanti al Risorto. Gesù pose fine a tale susseguirsi di sentimenti improduttivi nella loro vita per mezzo del fondamento inamovibile da cui proviene la fede di ogni uomo: la Scrittura.
Tutte le cose che si erano susseguite in quei giorni a Gerusalemme e che avevano turbato la vita degli undici non erano altro che “tutte le cose scritte nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi”. Tanto che Gesù afferma:
“Così è scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno” (Lu 24:46).
“Tutte le cose scritte …. Così è scritto”: presentare il Gesù della Scrittura àncora la fede a un punto inamovibile anche quando nell’uomo si producono, causa la sua natura, sentimenti di turbamento e dubbio.
Filippo al ministro etiope
Anche Filippo, uno dei sette uomini scelti per svolgere particolari servizi nella chiesa di Gerusalemme (At 6:3-6), evangelizzò partendo dalla Scrittura ed ancorandosi ad essa.
Egli “sulla via che da Gerusalemme scende a Gaza” (At 8:26) incontrò “un etiope” che “stava leggendo il profeta Isaia” (At 8:27-28).
“Il passo della Scrittura che stava leggendo era” Isaia 53:7-8 dove leggiamo:
“Egli è stato condotto al macello come una pecora; e come un agnello che è muto davanti a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca. Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra” (At 8:32-33).
Trovandosi davanti a queste parole la domanda che l’etiope rivolse a Filippo, è molto significativa:
“Di chi ti prego dice questo il profeta? Di se stesso oppure di un altro?” (At 8:34).
Fu così che Filippo “prese a parlare e cominciando da questo passo della Scrittura, gli comunicò il lieto messaggio di Gesù” (At 8:35).
In seguito l’etiope affermò:
“Io credo che Gesù è il Figlio di Dio” (At 8:37).
Forse non ce ne rendiamo conto ma, anche in modo nascosto, ci sono delle persone intorno a noi che, come l’etiope, ci stanno dicendo: “Ti prego, spiegami cosa la Scrittura afferma di Cristo!”.
Spesso forniamo loro elementi che seppure contengano il nome di Cristo omettono o fanno passare in secondo piano il legame della Scrittura con Cristo e i veri bisogni del mondo rimangono insoddisfatti.
Paolo e Apollo ai Giudei
Paolo nelle diverse tappe dei suoi viaggi missionari si recava prima di tutto, se presenti, nelle sinagoghe giudaiche della città in cui si trovava. Così giunto a Tessalonica poiché “c’era una sinagoga dei Giudei… Paolo com’era sua consuetudine, entrò da loro, e per tre sabati tenne loro ragionamenti tratti dalle Scritture, spiegando e dimostrando che il Cristo doveva soffrire e risuscitare dai morti” (At 17:1:3).
In seguito a tale predicazione “alcuni di loro furono convinti” mentre altri Giudei, “mossi da invidia”, si opposero a Paolo.
Anche Apollo, un uomo “versato nelle Scritture” (At 18:24), si recò a testimoniare del Signore Gesù in Acaia.
In quest’area egli “con gran vigore confutava pubblicamente i Giudei, dimostrando con le Scritture che Gesù è il Cristo” (At 18:27-28). Questo “fu di grande aiuto a quelli che avevano creduto” (At 18:27).
Anche nell’epoca di espansione della testimonianza di Cristo Gesù da “Gerusalemme … fino all’estremità della terra” (At 1:8), nel tempo in cui le chiese si formavano e crescevano, veniva predicato “dalle” e “con le” Scritture il messaggio di salvezza in Cristo Gesù.
Trovandoci anche noi in un tempo di quella stessa epoca della grazia, dobbiamo impegnarci perché sia lo stesso il modo con cui presentiamo il messaggio dell’Evangelo lì, nel punto della “terra” in cui il Signore ci ha posto per svolgere il nostro servizio di testimoni.
Diversità e unicità
Guardando a questi esempi non potremmo fare a meno di notare elementi di diversità:
• I testimoni erano diversi: Filippo l’apostolo, Gesù, Filippo l’evangelista, Paolo, Apollo;
• i destinatari erano diversi: Natanaele, i Giudei, i due discepoli di Emmaus, gli undici apostoli, il ministro etiope, di nuovo i Giudei;
• le reazioni di quest’ultimi sono state diverse: conversione, rifiuto, tristezza rimossa e occhi aperti, sentimenti negativi scacciati, di nuovo una conversione, opposizioni e ravvedimenti, come anche edificazione della chiesa.
Ma oltre questi elementi di diversità vi è un’unicità. Testimoni diversi annunciano a destinatari diversi, i quali avranno reazioni diverse, un unico messaggio: il messaggio proveniente dalla Scrittura, il messaggio che presenta Gesù Cristo.
La nostra preghiera deve essere che nuovi e diversi testimoni, noi, raggiungano nuovi diversi destinatari annunciando non nuovi e diversi messaggi ma quell’unico messaggio, proveniente dalla Scrittura e fondato sulla Scrittura, che presenta Gesù Cristo: il Gesù della Scrittura.