Scorrendo il dialogo fra Gesù e la donna samaritana (Gv 4:7-26) si rimane sorpresi dal brusco cam- biamento di tema suggerito dalla donna quando vede il discorso scivolare sulla sua condizione personale (“…hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito…”, Gv 4:18). Finché si tratta di dibattere sul valore dell’acqua, anche se lei e Gesù stanno parlando di due tipi di acqua completamente diversi, la donna è disponibile, anzi sotto sotto spera di ottenerne qualche van- taggio (“…dammi quest’acqua affinché non abbia più sete e non venga più fin qui ad attingere”), ma quando si trova costretta a parlare di sé stessa, del suo disordine morale, sessuale, familiare, insomma della sua condizione di peccato, capisce che è meglio cambiare discorso: la sua è una reazione simile a quella di tante persone che amano discutere di altro e di altri, ma non amano parlare di sé stesse. La sorpresa è costituita dal fatto che la donna, vedendosi scoperta, ricono- sce che quell’uomo che le sta parlando ha indubbiamente delle capacità particolari che non può mettere in dubbio, se è vero che ha dimostrato di conoscerla così bene (“Signore, vedo che tu sei un profeta”), ma sposta la conversazione dalla sua situazione personale al dibattito religioso. Quanto sono bravi gli uomini a discutere di tutto e su tutto, basti che non si parli dei loro difet- ti, delle loro pecche! Così inaspettatamente la donna si rivela come esperta di questioni religio- se, ma lo fa sottolineando il fatto che ognuno è libero di avere la sua opinione: “I nostri padri hanno adorato su questo monte, voi dite che a Gerusalemme è il luogo dove bisogna adorare”. Sta cercando una legittimazione al relativismo teologico che implicitamente sottintende anche un tentativo evidente di legittimazione del relativismo morale: ciascuno è libero di credere come vuole, così come è libero di vivere come vuole. Queste due forme di relativismo, la prima causa della seconda, non sono forse le stesse che hanno caratterizzato per secoli e stanno caratteriz- zando ancora oggi le convinzioni religiose degli uomini? Così si afferma che qualsiasi religione va bene, che le vie per essere salvati e giungere alla vita eterna sono tante e ciascuna di esse è di per sé buona; che il concetto di peccato (quindi di ciò che è male rispetto a ciò che è bene) è relativo perché dipendente dai costumi e dai valori dei diversi popoli e delle diverse epoche.
Gesù respinse con forza l’accettazione del relativismo religioso e morale suggeritogli dalla samaritana, come conclusione del loro dialogo. Anzi colse l’occasione per affermare che la rela- zione con Dio deve essere fondata sulla conoscenza e non sulle opinioni e che, per quanto riguar- da la salvezza frutto di questa conoscenza, non esistono diverse origini possibili, ma una sola ori- gine: “la salvezza viene dai Giudei”. Questo secco “NO!” ad ogni forma di relativismo sarà testi- moniato dall’affermazione dell’unicità di Cristo: come unica via che porta al Padre (“nessuno vie- ne al Padre se non per mezzo di me”, Gv 14:6), come unico strumento di salvezza (“In nessun altro è la salvezza”, At 4:12), come unico mediatore (“Infatti c’è un solo Dio ed anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo”, 1Ti 2:5).
La donna samaritana, davanti alla risposta di Gesù, accennò alla possibilità che ogni relativismo sarebbe stato superato con la venuta del Messia (“…quando sarà venuto ci annunzierà ogni cosa”). Quando scoprì la vera identità dell’uomo che le stava parlando, il suo relativismo crollò!
È nell’incontro personale con Cristo che abbiamo anche noi conosciuto ed accettato la sua unicità. Camminando con lui ogni giorno, questa sua unicità come Salvatore e come Signore troverà conferma nella nostra mente e nel nostro cuore.