Tempo di lettura: 11 minuti

L’invito a tornare sempre alla croce!

 

Miei cari nel Signore, vogliamo leggere insieme in Luca 22:19-20.

 

“Poi prese del pane, rese grazie e lo ruppe, e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me». Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi»”.

 

Questo ordine santo che il nostro benedetto Salvatore ha lasciato è stato ripreso come una fiamma di divina bellezza e trasmesso di generazione in generazione di credenti, arrivando così fino a noi.

 

Vediamo che già la primitiva chiesa era formata da coloro che erano già salvati e che erano perseveranti nella dottrina degli apostoli, nella comunione fraterna, nel rompere il pane e nella preghiera. Ed ancora oggi risuonano nel nostro cuore, piene di valore, le parole del nostro Salvatore e del nostro benedetto Signore.

Del pane e del vino posti innanzi ai suoi discepoli, il suo corpo vivente posto davanti a loro come indicazione che quel corpo sarebbe stato offerto. L’indicazione di questa rammemorazione che loro avrebbero perpetuato per poter avere del continuo davanti agli occhi del cuore la conoscenza, la meditazione, sopra i valori del sacrificio della croce:

“Fate questo in memoria di me”.

 

Il Signor Gesù ha voluto con questo far sì che noi tornassimo sempre là dove è possibile l’incontro dell’uomo con Dio: alla croce, alla Parola della croce, al messaggio della croce, al valore della croce. È soltanto alla croce che l’anima può incontrarsi con il suo Dio.

 

Quando la legge è stata data a conoscenza del peccato, fu manifestata come espressione viva della santità di Dio e della esigenza giusta della sua giustizia.

Quando la legge fu data, noi possiamo vedere  che subito il Signore disse:

“Fammi un altare di terra; e su questo offri i tuoi olocausti, i tuoi sacrifici di ringraziamento, le tue pecore e i tuoi buoi; in qualunque luogo, nel quale farò ricordare il mio nome, io verrò da te e ti benedirò” (Es.20:24).

 

Ciò che non faceva la legge lo faceva l’opera della grazia. Era così preannunciata l’opera benedetta del nostro Signore Gesù Cristo. Per  la legge di Mosè voi non avete potuto ricevere remissione di peccato, ma chiunque crede in Gesù ha questa benedizione della grazia.

La legge ha soltanto posto l’uomo in condizione di conoscere che è un peccatore. La legge ci è stata data per Mosè, ma la grazia e la verità ci vengono per Gesù Cristo: l’incontro dell’anima con Dio alla croce.

 

 

Alla croce non soltanto incontro con Dio, ma anche incontro con gli uomini!

 

Ma anche l’incontro degli uomini con gli uomini è alla croce; perché è là dove noi ci incontriamo, è là dove noi ci comprendiamo, è là dove noi ci vediamo come fratelli e sorelle riscattati da un medesimo prezzo di sacrificio.

 

È là alla croce dove si compongono tutte le difficoltà, è alla croce dove si fondono tutte le durezze, la croce è il basamento dove le anime trovano la comunione con il Signore e tra di loro. Ogni distacco dalla conoscenza della croce è un distacco con Dio ed i fratelli. Ogni ritorno alla pienezza della sua efficacia e del suo messaggio è un approfondimento della comunione con Dio e fra di noi.

La croce è il punto di congiunzione di tutto l’universo rinnovato; poiché è scritto che è per il sacrificio della croce che il Signore ha gradito fare la congiunzione di tutte le cose. “…e di riconciliare con sé tutte le cose per mezzo di lui, avendo fatto la pace mediante il sangue della sua croce” (Cl 1:20).

 

E, proprio la domenica mattina, noi torniamo a considerare tutti i suoi valori, perché torniamo a rinverdire in tutto quello che riguarda la nostra speranza e la nostra conoscenza: è alla tavola del Signore. che la nostra fede rinverdisce e si rinnova!

È questo punto meraviglioso d’incontro nostro  che esprime l’incontro delle nostre anime alla conoscenza del messaggio del valore che è scaturito dall’opera di grazia di Gesù alla croce.

 

 

Da dove nasce la vera adorazione?

 

Non c’è adorazione se non c’è la relazione con il sacrificio del Signore.

La lode sorge spontanea da un cuore che ha conosciuto il beneficio dell’opera compiuta in suo favore dal Signore. E non c’è profumo che si innalzi a lui e che da lui sia gradito: se non poniamo l’incenso in un turibolo spento, il fumo non si innalza. Noi possiamo costruire un innario, un libro di adorazione, o d’innistica, noi possiamo conoscere un insieme di concetti; ma il cuore deve essere ripieno del fuoco della riconoscenzaper colui che si è donato per noi  perché l’incenso possa esalare il suo nardo, il suo profumo.

 

Quando leggiamo nel libro dell’Apocalisse l’inno dell’adorazione, dopo l’inno innalzato al Signore come creatore, quando leggiamo l’inno dei redenti all’Eterno redentore, troviamo che quando egli prese il libro i 4 esseri viventi ed i 24 anziani si gettarono giù davanti all’Agnello avendo ciascuno delle cetre e delle coppe piene di profumi che sono le orazioni dei Santi, e cantavano un nuovo cantico dicendo:

“Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione,…” ( Ap 5:9 ).

 

Si adora perché si è in relazione con la conoscenza del sacrificio del Signore Gesù.

Non c’è lode altrimenti!

Nessun cuore potrà adorare se non è venuto alla conoscenza di ciò che il Signore ha fatto.

 

Il verbo greco “Adorare” parla di una azione: gettarsi a terra; una espressione esteriore di una realtà interiore. Noi possiamo avere una religione che ci insegna di gettarci a terra, ma se ci gettiamo a terra senza che il cuore sia a terra, vano sarà un atteggiamento esterno.

Noi adoriamo quando siamo venuti in contatto con l’opera che Dio ha fatto per noi, allora sì che sale la lode dal nostro cuore.

 

 

I veri adoratori

 

“Fate questo in memoria di me” (Lu 22:19 ).

Quando Tommaso dopo la sua esperienza è venuto in contatto con il Signore che lo ha portato subito davanti all’evidenza del suo sacrificio “Metti le mani nelle mie ferite”, allora è caduto a terra e così ha adorato.

 

I veri adoratori sono coloro che hanno conosciuto l’Opera della Croce.

I veri adoratori sono coloro che hanno conosciuto il Signore come il granello di frumento che, caduto in terra, muore per portare frutto. Non c’è adorazione se non c’è conoscenza del valore della croce.

 

La religione ha piantato milioni di croci; ma le anime sono lontane dalla conoscenza della Parola della croce e non adorano come il Signore desidera essere adorato, perché i veri adoratori sono chiamati al contatto personale con l’azione compiuta dal benedetto Figliolo.

Non c’è davanti a noi quando si adora dell’acqua per ricordare che egli camminò sul mare, non c’è del pane e del pesce per ricordare che egli li moltiplicò, non c’è una luce per ricordare che fu luminoso al monte della trasfigurazione (Tabor); ma ci sono del pane e del vino per ricordare che egli si è donato per noi, perché la vita santa e perfetta del Signore Gesù Cristo posta davanti alla mia vita mi schiaccia, ma la morte del Signore Gesù posta davanti alla mia morte mi dà la vita, ed è questo che mi fa adorare.

 

 

La vera consacrazione

 

Tutti coloro che sono indifferenti nell’adunanza dei redenti, tutti coloro che vivono ai suoi margini, tutti coloro che valgono solo come abbellimento esteriore come un vaso da fiori, un quadro od una tappezzeria, sono coloro che non sono venuti in contatto con il valore della croce e non possono adorare perché non conoscono ciò che è stato compiuto per loro. E non c’è consacrazione se non si conosce la croce.

 

Le vocazioni del mondo possono essere vocazioni chiamate religiose (anche la carne è religiosa), ma la consacrazione della vita noi la conosciamo, la possiamo effettuare e siamo esortati ad effettuarla dallo Spirito Santo, quando abbiamo conosciuto il valore della croce.

“Io vi esorto dunque, fratelli, per le compassioni di Dio…” (Ro 12:1 -Luzzi-): queste “compassioni” sono l’opera del Signore Gesù, perché Gesù è l’espressione della compassione di Dio.

 

L’Iddio del cielo che mi ha visto perduto e condannato eternamente ha avuto compassione di me, le viscere di Dio si sono commosse e nel suo piano era al centro la preordinazione dell’Agnello senza difetto né macchiaper la mia salvezza: l’Agnello donato a noi per purificarci da ogni peccato col suo sacrificio. L’Agnello di Dio che si presenta come il sacrificio gradito al Signore per noi. L’Agnello di Dio sul cui capo ponendo le mani possiamo trasmettere tutti i nostri peccati ed essere liberati. L’Agnello di Dio che porta i nostri peccati nel suo corpo sul legno

“Io vi esorto – scrive Paolo – per queste compassioni di Dio manifestatesi nel Signore Gesù”, donato a noi. Solo così anche noi possiamo offrirgli i nostri corpi.

 

La triste esperienza delle vocazioni nasce dal fatto che, se non sono passate attraverso la conoscenza del sacrificio della croce e non sono mosse dall’azione dello Spirito Santo, sono vocazioni senza consacrazione, perché non c’è consacrazione se non si conosce il sacrificio della croce.

 

 

Il vero amore si conosce alla croce!

 

Ci sono tanti di noi che sono salvati e non sono consacrati perché questo messaggio della croce ha perduto per loro la sua luminosità. Hanno oltrepassata la porta della salvezza che è Cristo, ma non si sono inoltrati più profondamente nella via da lui tracciata e non vi è stata nella loro vita l’esperienza della comunione con la sue sofferenze.

 

“Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me!” (Ga 2:20, Luzzi): ciò che io vivo nella mia vita di ogni giorno lo vivo nella vita del Figliuol di Dio che mi ha amato e che ha dato sé stesso per me. Ho conosciuto questo dono ed ora per sua grazia posso fare il dono della mia vita a lui.

 

Non c’è amore nella vita, l’amore di Dio sparso nel cuore per lo Spirito Santo, l’amore che procede dal Cielo come la sapienza, puro, santo, incontaminato, arrendevole, pieno di misericordia e di frutti buoni; non c’è amore che si dona, non c’è amore disinteressato, non c’è amore che non gioisce dell’ingiustizia, non c’è amore che perdona, non c’è amore che si dona, non c’è amore di Dio nel cuore se non si conosce l’Opera della croce.

È soltanto quando noi abbiamo contemplato l’amore di Dio per noi nell’opera compiuta da Dio, nella persona del suo benedetto Figliuolo che possiamo avere la forza, la potenza per quello che è lo Spirito d’amore.

 

Nel nostro cuore non c’è amore perché la pianta della nostra vita non dà nessun frutto piacevole a Dio. Dice Giovanni: “In questo è l’amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati” (1Gv  4:10, Luzzi).

Allora, soltanto quando si è conosciuto questo amore, noi possiamo prendere la penna e scrivere: “Noi lo amiamo, noi amiamo (in senso generale della parola) perché lui ci ha amati”.

 

Noi non conosciamo l’amore, se non siamo passati alla conoscenza del suo amore che ci dà altresì la potenza per la gioia dello spirito d’amore della croce in noi.

 

 

Ogni comprensione è alla croce!

 

L’incontro della croce vuol dire l’anima che comprende l’adorazione, l’anima che comprende la consacrazione, l’anima che comprende l’amore.

È qui che si compone ogni cosa: alla croce, dove il fuoco fonde ogni cosa, dove vengono fuse tutte le ebbrezze. Essa è l’altoforno che disfa tutte le durezze che sono in noi.

Noi possiamo comprendere perché il mondo non ami il Signore.

Il mondo, così come si trova, non può amare il Signore.

 

Quando noi al mondo vi portiamo la Legge, non facciamo altro che presentare ad esso una espressione maggiore della sua condanna, ed esso deve conoscere questo. La legge dice: “Ama!”, ma noi non siamo capaci d’amare per natura. Il mondo non ama perché non si è riconosciuto peccatore e perché non può comprendere l’amore di Dio che si dona per lui.

 

Simone il fariseo (Lu 7:36 e segg.) che accoglie il Signore Gesù nella sua casa, ma non nella sua vita e nel suo cuore come fece Zaccheo, è l’espressione di un mondo che vuole avere una relazione in qualche maniera con Gesù ma non ha relazione della vita e nel suo cuore: vi sono il giudizio e l’ironia verso il Signore.

 

Egli è venuto per coloro che sono peccatori e non per coloro che si credono giusti, e Gesù non è stato capito da lui. È la povera peccatrice che ha capito l’opera del Signore per lui, ha potuto sentire le sue parole di grazia e si è gettata ai piedi per adorare; questa donna ha molto amato.

 

Noi non possiamo amare se non è stato compreso ciò che ci è già stato donato.

 

 

Alla croce comprendo il perdono

 

“Fate questo in rammemorazione di me” ( Lu 22:19, Diodati).

Egli vuole che noi torniamo sempre là, sempre al punto centrale della comunione con lui, della comunione fra di noi e della comunione nella speranza futura di tutta la creazione ricreata. Non c’è perdono se noi non conosciamo la croce.

 

Noi possiamo perdonare, solo quando abbiamo conosciuto come noi siamo stati perdonati.L’esortazione a perdonare fatta ad un cuore irrigenerato vale come un proverbio di carattere morale.

Ma la esortazione fatta dallo Spirito Santo a perdonare dice: “Perdona come sei stato perdonato in Cristo”e là io sono atterrato, perché fuori di quello non c’è perdono.

 

Non possiamo lavare i piedi a nessuno se non ci sono stati lavati: se non ho capito cosa significa avere i miei piedi lavati dal Signore, io non posso chiamarmi davanti a nessuno per lavarglieli. Così noi possiamo perdonare soltanto quando abbiamo capito il perdono del nostro Signore.

“Padre perdona”, disse Gesù sulla croce: noi dobbiamo appropriarci di queste parole e comprendere il valore di questo. La parola greca tradotta con perdono, vuol dire: far scomparire, far allontanare il peccato. Tutti gli elementi che costituivano una ragione di mancanza di comunione fra me e te sono allontanati. Se sei perdonato. i tuoi peccati ti sono stati rimessi o rimossi. Oh! Quale grazia è per noi! Allora sì che possiamo perdonare.

 

Nell’epistola ai Filippesi l’apostolo Paolo esorta Evodia e Sintiche ad avere un medesimo sentimento. E questa può essere una esortazione di carattere generale e morale (“Vogliatevi bene, vivete in una medesima armonia”), ma aggiunge:

“Io vi esorto ad avere un medesimo sentimento nel Signore” ( Fl 2:1-2 ).

Era “nel Signore” che avrebbero dovuto incontrarsi, guardarsi ancora negli occhi, trovare ancora gli elementi profondi dell’amore, ritornando a comprendere e considerare colui che le aveva amate e dava loro la forza di perdonare, e – notate, miei cari! – di chiedere perdono.

 

Ma non c’è perdono se non andiamo là, alla conoscenza intima dell’opera della croce. Tutto il resto è vuoto. Noi facciamo una ricostruzione della scena di antichi drammi sacri per impressionare la folla e portarla a qualcosa di mistico, tutto questo è vuoto. Ma, è l’opera della croce che deve essere conosciuta per il messaggio divino portato nel nostro cuore e l’azione di Dio in noi per lo Spirito Suo Santo.

 

 

La santificazione viene dalla croce!

 

Non c’è santità di vita se noi non abbiamo conosciuto l’opera della croce.

Non c’è nessuna possibilità di avere la vita santa secondo Gesù. Avremo la vita santa secondo il cenobio, la cella, secondo la regola monastica che non è santità del Signore; ma l’apparenza religiosa che soddisfa il piacere carnale.

Lo Spirito Santo dice:

“Avendo i lombi della vostra mente cinti, stando sobri, sperate perfettamente nella grazia che vi sarà conferita nell’apparizione di Gesù Cristo come figliuoli di ubbidienza non conformandovi alle concupiscenze del tempo passato mentre eravate in ignoranza, anzi siccome colui che vi ha chiamati è santo siate altresì santi in tutta la vostra conversazione… (1P 1:13-15, Diodati)… perché siete stati riscattati, non con oro non con argento, dal vano modo di vita insegnato dai padri o avi dalla forma religiosa che ricevemmo come una eredità di carne o sangue” (1Pi 1:18, Diodati).

 

Ma siete stati riscattati da questo modo di vita per lo spargimento di sangue dell’Agnello. Allora noi possiamo comprendere cosa voglia dire la santità e la separazione per colui che è separato dedicandosi completamente al Signore.

Cosa sarà, nel cielo quando coloro che sono venuti in contatto con la grazia del Signore, con la conoscenza dell’opera della croce da lui compiuta saranno rivestiti di bisso?

Questo vestimento di candore sono le opere giuste dei santi, cioè tutto quello che sarà apparso nella vita dei credenti perché suscitato dalla comunione con il Signore.

Le opere giuste sono venute come conseguenza della nostra relazione con lui: noi siamo salvati per grazia senza opere; ma siamo creati in Gesù Cristo a nuove opere.

Dobbiamo ricercare una vita rinnovata, una vita che riluce con quei caratteri che manifestano la presenza del Signore.

 

Non ci sarà nessuna lode nel cielo in questa sinfonia di lode eterna, non ci sarà nessuna piccola nota del più piccolo strumento o della più piccola voce che non esalti il Signore, perché tutto è da lui nel cielo, non essendoci nulla dell’uomo.

Noi facciamo delle contraffazioni, noi facciamo delle vocazioni, noi facciamo l’amore, noi facciamo il perdono, noi facciamo la vita santa, ma tutto questo non passerà nel cielo se non quello che sarà conseguente alla comunione dell’anima con il valore della croce.

 

 

Seduti attorno alla Tavola

 

Amiamo la Parola di Dio per la cui predicazione noi siamo stati salvati! Noi non abbiamo conoscenza di salvezza al di fuori della Parola.

L’azione dello Spirito che convince l’anima di peccato è ancora l’azione dello Spirito di Dio… il ravvedimento per cui noi medesimi ci guardiamo davanti al Signore.

Questo inondarci della sua luce per farci vedere le nostre brutture è ancora una espressione della sua grazia. Quando noi confessiamo i nostri peccati, la salvezza proviene dall’applicazione a noi del sacrificio di Cristo accettato dal nostro cuore.

La fede è ancora un dono di Dio. L’azione dello Spirito Santo produce la vita santificata: la speranza, la carità e la fede sono le virtù che Dio ci trasmette e non c’è nulla dell’uomo.

Tutto quello che noi esaminiamo e che godiamo da parte di Dio proviene unicamente da lui e non dalla carne e solo a lui ne vada tutta la gloria.

 

Così, avviciniamoci alla tavola del Signore, aperti, fondati e illuminati onde poter sentire tutta la bellezza in tutto il suo valore dell’opera compiuta da lui in favore nostro.

Che possiamo veramente sederci attorno alla Tavola, adorandolo e ringraziandolo per la comunione che noi abbiamo con lui e per la comunione che abbiamo fra di noi e sentire le sue parole portate al nostro cuore in tutto il loro valore:

“Fate questo in rammemorazione di me” (Lu 22:19, Diodati).