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Un sentimento diffuso che

non risparmia i credenti in Cristo

 

Le indagini statistiche odierne ci indicano che il sentimento oggi più diffuso è la paura.

Viviamo nel mondo e nell’epoca della paura; non che le epoche passate ne fossero esenti, ma oggi, nella civiltà del benessere che dovrebbe attenuare ogni forma di paura in realtà accade proprio l’opposto.

Aumenta il numero dei suicidi e quando si indaga su quelli fortunosamente non riusciti si constata che i motivi sono sempre gli stessi: senso di fallimento, di frustrazione, timore del futuro.

 

Si ha paura di affrontare la vita, di assumere responsabilità, di sposarsi, di non trovare lavoro; a ciò si aggiunge l’angoscia delle notizie di guerre, rivoluzioni, migrazioni di massa ecc… che aumentano l’insicurezza per quanto riguarda il futuro.

Il senso di solitudine dell’uomo moderno (proprio nell’epoca dei mezzi di informazione di massa) è un altro motivo di paura: l’uomo e la donna (e non solo quelli anziani) si sentono più che mai soli di fronte ad un mondo ostile contro il quale devono lottare per sopravvivere e quando le forze vengono meno, le speranze sono deluse sopraggiunge la paura.

 

Il credente non è esente dalla paura ed a lui non è concesso difendersi con le stesse armi usate dal “mondo” in quanto chiamato ad essere “mansueto”, facitore di pace e ricercatore della giustizia (Mt 5:5-9) ma, nonostante la buona volontà, l’impegno, la perseveranza nella preghiera, il peso e le difficoltà della vita producono sovente incertezza seguita da timore ed infine paura.

 

Gesù stesso ha avvisato i suoi discepoli circa le difficoltà che avrebbero incontrato nel tentativo di essere fedeli al Maestro:

• ‑“Io vi mando come pecore in mezzo ai lupi” (Mt 10:16)

• ‑“Nel mondo avrete tribolazione” (Gv 16:33).

• ‑“Vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male…” (Mt 5:11).

 

 

Il conforto di Gesù

 

Quando Gesù pensa all’avvenire del suo piccolo gruppo di discepoli lo immagina come un “piccolo gregge”esposto a innumerevoli pericoli al quale rivolge una parola di conforto ma anche di esortazione: “Non temere piccolo gregge” (Lu 12:32).

A questi uomini non particolarmente coraggiosi ed esposti a tanti pericoli Gesù non si stanca di ripetere “Non temere”.

 

In mezzo al mondo della paura, in mezzo al mondo che riesce a spaventare il Figlio di Dio (“L’anima mia è oppressa da angoscia mortale”) risuona costantemente l’affermazione di Gesù “Non temere, solo abbi fede”(Mr 5:36).

 

Non si tratta evidentemente di una semplice espressione di incoraggiamento simile a quelle assolutamente inutili che abitualmente si sentono pronunciare di fronte al dolore altrui battendo amichevolmente una mano sulla spalla di chi soffre: “ Fatti forza, fatti coraggio, il tempo attenua il dolore ecc. ecc.”: frasi inutili, vuote di senso, che non fanno del bene né a chi le riceve né a chi le pronunzia; soprattutto quando non c’è partecipazione vera.

 

 

Al limite della speranza umana…

 

Poniamo attenzione, come esempio del conforto di Gesù, all’episodio della risurrezione della figlia di Iairo:

 

“Mentre egli parlava ancora, vennero dalla casa del capo della sinagoga, dicendo: «Tua figlia è morta; perché incomodare ancora il Maestro?» Ma Gesù, udito quel che si diceva, disse al capo della sinagoga: «Non temere; soltanto continua ad aver fede!» E non permise a nessuno di accompagnarlo, tranne che a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.

Giunsero a casa del capo della sinagoga; ed egli vide una gran confusione e gente che piangeva e urlava. Entrato, disse loro: «Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». Ed essi ridevano di lui. Ma egli li mise tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui, ed entrò là dove era la bambina. E, presala per mano, le disse: «Talità cum!» che tradotto vuol dire: «Ragazza, ti dico: àlzati!» Subito la ragazza si alzò e camminava, perché aveva dodici anni.

E furono subito presi da grande stupore; ed egli comandò loro con insistenza che nessuno lo venisse a sapere; e disse che le fosse dato da mangiare” (Mr 5:35-43).

Si possono qui fare due osservazioni importanti:

 

Il “Non temere” Gesù lo esprime sovente al limite della speranza umana, quando l’uomo si trova in una situazione tale che non gli consente altro da fare se non temere!

Marco racconta che la figlia di Iairo, il capo della sinagoga che intendeva chiedere l’intervento di Gesù, è ormai morta; e proprio in quel momento, al padre straziato dal dolore Gesù dice: “Non temere!”.

Una esortazione sconvolgente che ha dell’incredibile!

 

Di fronte alla tomba di Lazzaro, morto da quattro giorni, pur senza usare la stessa parola Gesù, a Marta, dice la stessa cosa: “Non ti ho detto che se credi, tu vedrai la gloria di Dio?” (Gv 11:40). Gesù sembra pretendere da Marta un fiducia sovrumana!

Anche ai discepoli che stanno per annegare Gesù rivolge il rimprovero: “Perché avete avuto paura, o gente di poca fede?” (Mt 8:26).

 

Alla chiesa di Smirne, che sta per affrontare un periodo di persecuzione ( la storia ci ha raccontato cos’erano le persecuzioni sotto l’impe-
ratore Domiziano!) il Signore dice: “Non temere quello che avrai da soffrire” (Ap 2:10).

 

 

La presenza di Gesù allontana la paura

 

La seconda osservazione è che il “Non temere” è sempre in stretta relazione con la persona di Gesù.

Lo è nell’episodio di Iairo dove Gesù risolve la situazione.

Lo è nell’episodio della tempesta sedata, dove Gesù dà un ordine sovrano e comanda ai venti e alle onde.

 

Anche la nascita di Gesù stesso è preceduta da diversi “Non temere” detti:

• ‑a Zaccaria, nell’annunzio dell’arrivo di Giovanni Battista, il precursore;

• a Maria, nell’annunciazione;

• ai pastori di Betlemme nella notte del Natale.

 

Anche la resurrezione di Gesù è segnata dal “Non temete” ripetuto dall’angelo alle donne presso il sepolcro vuoto (Mt 28:5).

 

 

Il vero antidoto alla paura!

 

A questo punto cominciamo a comprendere che il “Non temere” evangelico non è una vuota parola di conforto, ma è sempre l’annunzio della buona novella del Cristo che viene a noi, che muore e risorge per noi, che promette la sua presenza e disponibilità quotidiana al suo “piccolo gregge”: “Ecco io sono con voi tutti i giorni” (Mt 28:29).

 

Si evidenzia perciò che l’opposto evangelico della paura non è il coraggio, l’ardimento, una forza che sta in noi che si opponga alla paura; anzi il contrario della paura è la FEDE.

 

Non si tratta di parole neppure di una “buona parola” ma di fatti concreti.

Il nostro cammino per quanto difficile ed aspro, pieno di pericoli, è già stato percorso da Cristo, svuotato da lui di tutte le tenebre diaboliche che lo ricoprono.

Isaia affermò:

“In tutte le loro angosce, non fu un inviato, né un angelo ma lui stesso a salvarli” (Is 63:9).

È, questa, una grande verità messianica chiaramente riferita al Cristo liberatore.

 

In mezzo a tutte le nostre tribolazioni, a tutto il timore che incute questo mondo corrotto, violento, e inquinato dalle malattie, Gesù rimane il Salvatore, il punto di riferimento, la roccia su cui possiamo saldamente poggiare i nostri piedi e la nostra esistenza.

 

Questo non significa che siamo al riparo dai mali di questa terra: i credenti si ammalano, subiscono violenze, in certe parti del mondo muoiono di fame.

Paradossalmente possiamo dire che il mondo, la vita, la morte possono certamente ancora spaventarci, ma non ci fanno più paura, perché Gesù è già passato attraverso quello spavento e lo ha svuotato del suo veleno,lo ha annientato mediante la sua morte: come recita la lettera agli Ebrei:

 

“…Poiché dunque i figli hanno in comune sangue e carne, egli pure vi ha similmente partecipato, per distruggere con la sua morte, colui che aveva il potere sulla morte, cioè il diavolo, e liberare tutti quelli che dal timore della morte erano tenuti schiavi per tutta la loro vita (Eb 2:14, 15).

 

Confidiamo in Lui, affidiamoci completamente alla sua bontà e misericordia, al suo “amore perfetto” che, come ci annunzia Giovanni “…caccia via la paura” (1Gv 4:18).