Due uomini, ormai prossimi alla morte, con le poche forze loro rimaste, riescono a vivere un breve momento di conversazione. Le loro vite non si sono probabilmente mai incrociate: troppo diverse le loro personalità e troppo diversi i loro obbiettivi e i loro impegni. Ora però, per quello che gli uomini chiamerebbero “un tragico gioco del destino”, ma che noi sappiamo essere in realtà frutto di un progetto di Dio per le loro vite, si ritrovano insieme. Hanno subìto due distinti processi, alla fine dei quali è stata però emessa la stessa sentenza. Uno sta morendo per una giusta condanna: lui stesso riconosce che si trattava di una pena del tutto meritata per le sue azioni, per quello che aveva combinato durante una vita evidentemente sciagurata. L’altro invece sta morendo pur essendo stato riconosciuto del tutto innocente. Chi aveva decretato la sua morte, aveva detto, prima di pronunciare una sentenza senza appello: “Non trovo nessuna colpa in quest’uomo”. La loro breve conversazione non è frutto di quella istintiva solidarietà che gli uomini vivono quando si trovano accomunati nella sofferenza, ma nasce dal bisogno dell’uomo condannato giustamente di affrontare con serenità il suo futuro. Eh già, perché quest’uomo, pur reso ruvido e duro da una vita di delitti, sa che la sua morte non sarà per lui la fine di tutto, anzi potrebbe trasformarsi nell’inizio di una vita ancora più disgraziata ed infelice. Infatti, se è stata tragica per lui la scelta di escludere Dio dalla propria vita per il suo breve cammino sulla terra, sarebbe ancora più tragica la conseguenza: essere escluso per l’eternità della presenza e dalla gloria di Dio e vivere per sempre “nei tormenti”. Egli sa che per lui si sta inesorabilmente avvicinando il momento della sua morte e, proprio davanti all’imminenza della sua morte, egli si preoccupa finalmente della sua vita. Quest’uomo sta per morire, ma davanti a sé, nel suo futuro, non vede la morte: vede la vita! E si sta chiedendo: “Che razza di vita sarà la mia al di là?”. Una rapida riflessione, forse iniziata precedentemente, fa volgere il suo sguardo verso l’uomo che stava morendo con lui e come lui, pur non avendo commesso “nessuna colpa”. In Israele l’attesa del Messia era talmente viva che anche un “malfattore” come lui ne aveva sentito parlare. Un’illuminazione improvvisa gli dà in quel momento la certezza che l’uomo innocente è proprio il Messia che Israele stava aspettando e che ora sta drammaticamente rifiutando. Ma lui non si unisce a questo rifiuto, anzi! Riconosce che l’uomo che sta morendo con lui e come lui, in realtà sta morendo per lui. Riconosce che, seppur prossimo alla morte, quell’uomo ha certamente un futuro: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Riconosce che quell’uomo, seppur catturato, processato, condannato, crocifisso dagli uomini, è Re di un regno la cui realtà va ben al di là dei confini di spazio e di tempo dei regni della terra. Egli esprime infatti la certezza che Gesù sarebbe entrato nel suo “regno”, che la sua vita non si sarebbe quindi fermata alla croce. E, quando Gesù si volta per parlare al “malfattore” e dare una risposta al suo bisogno ed alla sua richiesta, le sue parole rivelano come davvero nella morte si possa avere la vera visione della vita: “Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso”. Cioè: “Io ti assicuro che oggi tu verrai con me, continuerai ad esistere: a vivere al di là della morte del tuo corpo! Non dovrai attendere che io mi ricordi di te quando entrerò nel mio regno. Tu verrai con me subito, oggi stesso!”.
“Esisterai… sarai”: sì, con Cristo, e solo con Cristo, anche davanti alla morte è possibile parlare usando verbi al tempo futuro. L’altro malfattore aveva parlato con Gesù, ma la sua unica preoccupazione era legata alla sua vita sulla terra, come – ahimè – sembra legata alla vita sulla terra la preoccupazione della maggior parte degli uomini. Avere la visione della vita che va ben al di là della morte ed affidarci completamente a Gesù, come fece il malfattore, ci permetterà di sentire ogni giorno le sue parole: “Qualunque cosa ti accada, tu sarai…”.