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Introduzione

Gesù è stato probabilmente il primo sondaggista della storia. Prima di indirizzare la domanda specifica ai discepoli, chiede loro cosa la gente pensa del Figlio dell’uomo. Le risposte della gente ricalcano un po’ il pensiero distaccato verso questo Re dei Giudei. Comunque il giudizio è sommario e riduttivo come si addice a delle persone distaccate e non interessate pienamente. La domanda che Gesù rivolge ai discepoli esige una risposta chiara e sicura. Chi è Gesù per il discepolo? Nella sequela quotidiana dietro questo maestro così discusso, così misterioso, il discepolo ha avuto il coraggio di fissare lo sguardo sul volto autentico di Gesù? E quali tratti di questo volto è riuscito a cogliere?

Ancora oggi nella gente c’è qualcosa che impedisce la comprensione totale di Gesù, ma c’è la Scrittura come “una lampada splendente in luogo oscuro” (2P 1:19). Chi vuole oggi sapere chi è Gesù deve investigare le Scritture perché “esse son quelle che rendono testimonianza di me” (Gv 5:39).

 Tu sei il Cristo

Dopo le risposte al sondaggio di Gesù riguardo all’opinione della gente sulla sua persona, egli pone una domanda specifica ai suoi: “«E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente»” (Mt 16:15-16). La gente dice che Gesù è un profeta, cioè un uomo di Dio, questo è giusto ma insufficiente. Pietro, per rivelazione divina, formula la comprensione profonda e piena della missione e della persona di Gesù di Nazaret. Gesù non ha chiesto a Simon Pietro, ha chiesto a tutti quanti, ma Pietro irrompe rispondendo come portavoce degli altri. Ma non è un primato quello di Pietro, altri come lui hanno confessato Gesù con vari appellativi:

Giovanni Battista e Natanaele lo attestarono “Figlio di Dio” (Gv 1:34, 49).

Andrea, fratello di Pietro, gridò: “Abbiamo trovato il Messia!” (Gv 1:40-41).

I Samaritani lo riconobbero come “Cristo” e “Salvatore del mondo” (Gv 4:25,28, 41-42).

Tutti quelli che si appellavano a lui quale “Figlio di Davide”, con questo titolo lo riconoscevano come Messia (Mt. 9:27; 12:23; 15:22).

Nicodemo, il fariseo, pur nella sua conoscenza-ignoranza, lo riconosce come: “un dottore venuto da Dio” (Gv 3:2).

Gli stessi apostoli lo hanno confessato prima di ora. Quando Gesù ha camminato sull’acqua e sedato la tempesta, hanno detto: “Veramente tu sei Figlio di Dio!” (Mt 14:33).

Perfino alcuni pagani lo riconoscono come “Signore”, un lebbroso (Mt 8:2), un centurione (Mt 8:6), la donna cananea (Mt 15:22).

Senza dimenticare che Pietro stesso, in occasione del discorso sul “pane della vita”, che produsse l’abbandono di quasi tutti i suoi seguaci, alla domanda di Gesù: “Non volete andarvene anche voi?” (Gv 6:67), rispose con ardore: “Signore, da chi andremmo noi? Tu hai parole di vita eterna; e noi abbiamo creduto e abbiamo conosciuto che tu sei il Santo di Dio” (Gv 6:68-69).

Dove sta allora la novità di Pietro nell’episodio di Cesarea di Filippi? La sua risposta è la più cruciale di tutte quelle che l’hanno preceduta perché rivelata da Dio, tutti hanno fatto quelle confessioni sotto l’impulso di fenomeni miracolosi e della forte emozione. Anche il centurione e le guardie al momento della morte di Gesù: “visto il terremoto e le cose avvenute, furono presi da grande spavento e dissero: «Veramente, costui era Figlio di Dio»” (Mt 27:54).

La confessione di Pietro, invece, è l’espressione di una grazia ricevuta soprattutto per averlo riconosciuto come “il figlio di Dio, il vivente”.

Il grande equivoco che si faceva nei confronti di Gesù era che veniva riconosciuto come “Figlio di Davide”. Perché Davide? Davide è stato l’unico re che è riuscito a radunare tutte e dodici le tribù e ha inaugurato il Regno di Israele. Naturalmente mediante la violenza, mediante l’oppressione, allargando i confini in una maniera che dopo non sarebbe stata più possibile. Salomone resisterà ai confini ricevuti da Davide e poi ci sarà la scissione. Quindi la gente aspettava la rivincita: il Messia deve essere come Davide, cioè uno che attraverso la violenza inauguri il Regno di Israele. Ebbene, Simon Pietro, per la prima volta nei vangeli, riconosce che Gesù non è solo il figlio di Davide, non è uno che attraverso la violenza inaugurerà il regno, ma riconosce il Figlio di Dio, ed è importante l’attributo di questo Dio, il Dio vivificante, cioè il Dio che comunica vita. Questa è la risposta esatta, è la definizione esatta di Gesù.

Pietro afferma due distinte verità in merito a Gesù, fatto indicato dall’uso ripetuto dell’articolo “il”, “il Cristo”, “il Figlio del Dio vivente”.

“Il Cristo” riguarda la sua missione come unto di Dio, egli è il Messia promesso (greco christós: unto) l’inviato definitivo di Dio, quello che riassume e supera tutti i profeti, il “sì” pieno e ultimo di Dio alla domanda dell’uomo: “tutte le promesse di Dio hanno il loro «sì» in lui” (2Co 1:20). Quello che Dio voleva dire all’uomo, è tutto racchiuso in Gesù, non ci si deve aspettare altra rivelazione né su Dio, né sull’uomo, né sulla storia. Quello che Dio voleva fare per salvare l’uomo, trova il suo compimento in Gesù. Egli appunto è il Cristo, fuori di lui non c’è altro Salvatore,ecco la portata della risposta di Pietro.

Ma egli va avanti: “il Figlio del Dio” riguarda la sua natura divina (Gv 1:1, 14, 18; 5:17; 10:36; Lu 1:35; 22:67-71). La vera identità di Gesù, la sorprendente novità di questo Messia sta nel fatto che è il Figlio Unigenito, cioè proprio, di Dio; è Dio stesso in persona venuto tra gli uomini, Dio che ha assunto la nostra umanità per rendersi visibile e accessibile. Questo è il cuore del vangelo e della fede!

Pietro avrà compreso quanto stava dicendo? Probabilmente, ma in modo imperfetto! Ma non è giusto asserire che non capiva assolutamente nulla degli alti concetti da lui rivelati sotto l’impulso di Dio. Il clima intellettuale in Israele non ostacolava l’ipotesi che il Messia fosse in qualche modo anche divino. D’altronde i devoti ascoltatori della Scrittura, letta ogni sabato, conoscevano i testi messianici che prefiguravano il grande servo di Javè come “Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace” (Is 9:5), “le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni” (Mi 5:1). Infine le reazioni violente delle autorità ebraiche quando Gesù diceva di essere il Cristo, denotano una cultura messianica dei contemporanei dei discepoli. Ma Pietro non deriva il suo concetto della messianicità di Gesù, dal suo ambiente culturale.

“Tu sei il Cristo”, disse Pietro, non “Tu sei un unto di Dio”. Anche se il termine Cristo significa “unto”, c’è una netta differenza tra il Messia e tutti personaggi mandati da Dio e autenticati da una unzione speciale. Così Aronne e i suoi figli furono unti e designati sommi sacerdoti (Le 8), I profeti venivano unti (1Re 19:16), segno che il Signore approvava il loro messaggio. I profeti di Dio ungevano pure i re per indicare chi Dio stabiliva al governo del suo popolo (1Re 19:15, 1Sa 16:13). Tutti questi uomini di Dio erano unti, ma non erano “il Messia”. La confessione di Pietro, dunque, aveva ed ha un contenuto specifico: Gesù di Nazaret adempie l’ufficio profetico di Dio, portando la parola definita di Dio sia nella sua persona che nella sua opera. Gesù di Nazaret è l’unico sommo sacerdote, che con il suo corpo ha fatto il sacrificio perfetto per il peccato. Se vogliamo, pertanto, essere sulla stessa scia di Pietro, cioè confessare Gesù come il Cristo, dobbiamo sottometterci alla sua potestà regale e metterlo sul trono come Signore e Salvatore della nostra vita.

Il contenuto della confessione di Pietro include tutti questi concetti: Gesù di Nazaret è il profeta di Dio che rivela la verità, il sommo sacerdote, il Salvatore e il sovrano definitivo del mondo. Ecco la portata della confessione di Pietro che onora il Padre di Gesù, chiamandolo il Dio vivente, il preciso contrario degli idoli morti (Gr 10:6-10; Os 1:10).

Il Dio rivelato da Gesù è reale, vivo e attivo (Gv 6:57; Ro 9:26).

Tu sei beato, Simone figlio di Giona

 “«Tu sei beato, Simone, figlio di Giona, perché non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli»”

(Mt 16:17)

Pietro dice a Gesù: Tu sei il Cristo! Gesù dice a Pietro: Tu sei beato!

Cos’è che in quel momento ha reso speciale Pietro? Che cos’è che lo ha reso beato? Semplicemente la rivelazione del Padre, che in quel momento gli aveva reso chiaro di avere davanti a lui il Cristo di Dio. Pietro è beato, anche se non comprende la portata di questa confessione. Pietro è beato, anche se difficilmente può immaginare cosa significa “il Cristo”. Pietro è beato, perché le sue parole sono vere e sincere, e sostenute da tutta l’autorità di Dio.

Gesù si riallaccia alle beatitudini che sono presenti nel vangelo di Matteo, in particolare quelle presenti all’inizio del discorso della montagna (Mt 5:1-11). “Tu sei beato” però è l’eco anche di un’altra beatitudine:

“beati gli occhi vostri, perché vedono; e i vostri orecchi, perché odono! In verità io vi dico che molti profeti e giusti desiderarono vedere le cose che voi vedete, e non le videro; e udire le cose che voi udite, e non le udirono”

(Mt 13:16-17)

L’approvazione di Pietro da parte di Gesù non esclude altri: la stessa felicità è disponibile per chiunque è aperto alle informazioni che Dio gli concede tramite la vita, il carattere e le credenziali profetiche di Gesù il Nazareno. Il Signore dichiara particolarmente felice Pietro, perché egli ha creduto alla testimonianza di tutte le prove che Dio ha dato tramite i miracoli e le profezie di Gesù. Perciò, Pietro era veramente un credente convinto. Aver fede significa fidarsi di testimonianze alla realtà dei fatti intorno a Gesù. Perciò, chiunque oggi crede negli stessi fatti in base ai testimoni oculari che ce li raccontano accuratamente, può condividere questa stessa felicità quando dichiara questa stessa fede.

Pietro è chiamato col suo vero nome e identificato come “figlio di Giona”. Presso il mare di Tiberiade, dopo gli eventi pasquali, Gesù appare ai discepoli. Dopo la pesca miracolosa si intrattiene con Pietro e lo chiama per ben tre volte “Simone di Giovanni” (Gv 21:15-17). Perché a Cesarea di Filippi viene identificato come “figlio di Giona?”. Perché questa precisazione da parte di Matteo? Va detto subito che il testo originale riporta il ricalco aramaico “Barjonah”, o in alcuni codici “Bar-Jonah”, entrambi non si trovano altrove nelle Scritture. La traduzione italiana usa quest’ultimo modo e lo rende come patronimico (nome del padre): “figlio di Giona”.

Nella cultura ebraica il termine figlio non indica solo chi è nato da qualcuno, ma anche colui che assomiglia a qualcuno. “Figlio di Giona” significa che assomiglia a Giona. Giona è un profeta di Dio, ma è l’unico profeta dell’Antico Testamento che ha fatto esattamente il contrario di quello che Dio gli aveva chiesto. L’unico, non ne esistono altri. Dio aveva chiesto a Giona di andare a oriente, ma egli partì per andare a occidente, lontano dalla presenza del Signore. Quindi è l’unico profeta che anziché fare quello che il Signore gli ha chiesto fa esattamente il contrario, poi dopo si converte. Gesù additando Simone come figlio di Giona e come se gli dicesse: “Tu farai il contrario di quello che hai detto”. E così è stato, ha promesso a Gesù di essere pronto ad andare in prigione (Lu 22:33), invece lo ha rinnegato tre volte (Lu 22:56-62). Però come Giona anche per Pietro ci sarà una possibilità di conversione (Gv 21:17).

Comunque l’espressione “figlio di Giona”, ricorda ciò che Pietro è per natura, semplicemente un figlio umano di padre umano. È solo un essere tra molti altri che, da solo, non avrebbe potuto contribuire a nulla di singolare. Ma nonostante tutto è beato.

Pietro è beato perché “non la carne e il sangue ti hanno rivelato questo, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16:17), espressione tipicamente semitica per indicare la persona umana nelle sue condizioni terrene, usata dai rabbini e anche da Paolo: “carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio” (1Co 15:50).

Gesù non gli fa i complimenti per la sua intelligenza e neanche per la sua fede, non si tratta quindi di una intuizione di Pietro ma di una rivelazione datagli da Dio stesso. La carne e il sangue attraverso tutti i loro passaggi di formazione, di educazione, di studio, di dottrina, di scienza non c’entrano. Ciò che Pietro ha appena detto è solo frutto di rivelazione. Dietro al verbo rivelare (“ti hanno rivelato”: greco apokalypto) c’è proprio il concetto di apocalisse e quella di Pietro non riguarda le cose che devono accadere, ma una rivelazione, una illuminazione, gli si sono aperti gli occhi per grazia.

La rivelazione viene direttamente da Dio, dal Padre dei cieli: si sottolinea il grande contrasto tra l’umano (carne e sangue) e il divino (il Padre mio). Gesù in precedenza aveva ringraziato il Padre perché aveva nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti e le aveva rivelate ai piccoli (Mt 11:25). Quindi Gesù riconosce in Simone un puro di cuore che è riuscito a percepire la realtà di Gesù, che non è solo il figlio di Davide, uno che togliendo la vita agli altri inaugurerà il regno di Dio, ma colui che darà la propria vita per gli altri, il Dio vivificante, cioè il Dio la cui unica azione nei confronti degli uomini sarà sempre ed esclusivamente quella di comunicare e trasmettere vita. Questa è la perfetta definizione di Dio. Chi è Dio? Dio è colui che comunica vita, continuamente e incessantemente.

Il grande equivoco sorto intorno alla figura di Gesù consisteva nel riconoscerlo come “figlio di Davide”, cioè nel vedere in lui un Messia che, come il re Davide, avrebbe instaurato il regno di Israele. Pietro quindi non si sbaglia sull’identità di Gesù e riconosce in Gesù colui che rivela il Dio vivificante, il Dio che comunica vita, ma si rifiuterà poi di comprendere che questo Dio è un Dio che dà la propria vita per gli altri, cosa che lo porterà ad aggredire subito dopo Gesù per le sue parole alludenti al destino di morte che lo attendeva a Gerusalemme (Mt 16:22).

Certo è che la confessione Pietro è pronunciata in una forma così completa, che Gesù impone ai suoi discepoli di non divulgare che egli era il Cristo (Mt 16:20). Ma Pietro nonostante i suoi fallimenti, soprattutto durante la passione, è beato perché Dio lo ha reso capace di percepire la sua realtà, che altrimenti egli, in quanto figlio di Giona, cioè in quanto in continuo atteggiamento di resistenza nei suoi confronti, non avrebbe mai percepito.

E questa beatitudine è ancora disponibile per chiunque ancora oggi confessa Gesù come il Figlio del Dio vivente.