Nell’intento dei rappresentanti dei Paesi del mondo, aderenti all’ONU, che redassero e poi sottoscrissero il testo della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”, questo documento avrebbe dovuto contribuire a proteggere ogni creatura umana da ogni forma di violenza, garantendole piena libertà in tutti gli aspetti della propria vita. Non dubitiamo delle buone intenzioni degli estensori di questo testo, ma a settant’anni di distanza siamo obiettivamente costretti a riconoscere che ha avuto in questi anni una limitatissima attuazione e che in molti dei Paesi firmatari esso è stato disatteso e ignorato.
Basta leggere quanto scritto nell’art. 1 (“Tutti gli esseri umani nascono liberi e eguale in dignità e diritti…”) per essere costretti a riconoscere che ci troviamo davanti ad un’affermazione che è completamente al di fuori della realtà e della storia.
E che dire, tanto per fare un altro esempio, dell’art. 3 che recita: “Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”?
E dell’art. 6: “Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica”?
E, ancora, che dire dell’art. 18: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti”?
Pensando alle realtà nazionali, dove questi e gli altri articoli della Dichiarazione sono stati contraddetti, ci vengono spontaneamente in mente i Paesi arabi e tante realtà dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina. Ma possiamo dire che nella nostra Italia gli impegni dichiarati e sottoscritti siano stati rispettati? Giustamente ha osservato qualcuno che in molti articoli di questa, come di altre dichiarazioni similari, andrebbe aggiunta per onestà e per trasparenza storica la parola “quasi” e, questo, anche nel nostro Paese. Quindi dovremmo leggere: “Quasi tutti gli esseri umani nascono liberi…Quasi ogni individuo ha diritto alla vita” e via dicendo. Con quel “quasi” si sarebbe riconosciuta oggettivamente l’esistenza di un limite di quantità: non a tutti infatti, ma “quasi” a tutti, è concesso di beneficiare dei diritti affermati nella Dichiarazione! Come sappiamo dalla Parola di Dio, questo è uno dei tanti limiti della natura umana che, se non redenta e non trasformata dall’opera di Cristo, non potrà essere in grado di vivere la realtà dell’amore per il prossimo che è l’unica risorsa in grado di garantire i diritti gli uni degli altri.
Allora, più che fare “dichiarazioni”, idealmente presuntuose e praticamente poco utili, dovremmo realizzare un concreto impegno di vita che ci porti, in Cristo, a “non rendere a nessuno male per male… a fare il bene davanti a tutti gli uomini”, a vivere per quanto dipende da noi “in pace con tutti gli uomini” e a non lasciarci vincere dal male ma a vincere “il male con il bene” (Ro 12:17-21).