“Non v’illudete; né fornicatori, né idolatri, né adùlteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né
avari, né ubriachi, né oltraggiatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcu-
ni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore
Gesù Cristo e mediante lo Spirito dal nostro Dio” (1Co 6:9-11).
Sono parole, queste dell’apostolo Paolo, che in tanti hanno ormai cancellato dalla Bibbia: “effe-
minati, sodomiti” infatti non hanno più bisogno di essere “lavati, santificati, giustificati”. Povero
Paolo che si era dato tanto da fare a Corinto per “evangelizzare”, per predicare “Cristo crocifis-
so” e lo aveva fatto “con debolezza, con timore e con gran tremore” affinché i Corinzi giungesse-
ro ad una fede “fondata non sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio”. Povero Paolo che
ha sprecato il suo tempo, in preghiera e nella testimonianza di Cristo, per convincere “effeminati
e sodomiti” a cambiare il loro modo di vivere. Non sapeva (Paolo!) che avrebbe dovuto rispetta-
re la loro “identità inalienabile, buona, scaturiente dalla creatività generosa e variegata e forse
tremenda di Dio”1. Non sapeva quel povero “ignorante” di Paolo che “è necessario operare delle
scelte etiche che comporteranno una presa di posizione a favore della persona e contro i modelli
culturali di discriminazione, violenza e morte”1. In una parola Paolo non sapeva che considerare
“effeminati e sodomiti” come peccatori ed esortarli ad essere “lavati, santificati e giustificati” e
a cambiare vita (“tali eravate, ma…”) equivaleva a disconoscere la loro “identità inalienabile”
per di più frutto della “creatività generosa e variegata” di Dio. Non sapeva, il nostro caro Paolo
sempre più “ignorante”, che vivere in quel modo la testimonianza dell’Evangelo e di Cristo equi-
valeva a sposare “modelli culturali di discriminazione, violenza e morte”?
Lo scrivere queste parole potrebbe fra qualche mese costarmi fino a sei anni di carcere, quando –
come quasi sicuramente accadrà – sarà approvato il disegno di legge contro l’omofobia, ma io
preferisco continuare a fondare la fede “sulla potenza di Dio” e non “sulla sapienza umana”;
preferisco continuare ad essere “ignorante” con l’apostolo Paolo! In realtà non si tratta di un
disegno di legge creato appositamente per combattere l’omofobia; è un testo che inserisce le
discriminazioni relative alla propria identità sessuale nella legge Mancino del 1993, che condan-
na ogni atto di violenza provocata da motivi etnici, religiosi e razziali (nel ddl: anche “sessuali”).
Se l’apostolo Paolo si era avvicinato come testimone di Cristo ad “effeminati e sodomiti” non lo
aveva fatto sicuramente perché mosso da sentimenti omofobi, ma unicamente perché, mosso
dall’amore di Cristo nei loro confronti. Questo amore lo aveva spinto a non nascondere a loro,
come del resto ad altri (“fornicatori, idolatri, adùlteri,ladri, avari, ubriachi, oltraggiatori, rapina-
tori”), la propria condizione di peccatori perduti. Anche “effeminati e sodomiti” avevano accolto
Cristo nella loro vita e, nel suo nome e per la sua opera di redenzione, erano stati purificati dai
loro peccati (“lavati”), avevano iniziato un cammino di separazione dal peccato (“santificati”) e
la loro vita era stata resa giusta (“giustificati”), cioè in sintonia con la volontà di Dio. Nascondere
o giustificare la loro condizione di peccato sarebbe stata una mancanza di amore che avrebbe
portato loro, come tutti gli altri peccatori (me compreso!) alla eterna separazione da Dio. Oggi è
proprio la loro condizione di peccato che gli uomini hanno difficoltà a riconoscere. Non stupia-
moci se presto arriverà anche una proposta di legge contro la “peccatofobia”. Ma, almeno in
questo, non ci sarà pericolo di discriminazioni perché sappiamo che siamo, tutti, peccatori!