Introduzione
Si suggerisce la lettura di Giovanni 15:18-16:4, 17-33.
Il Vangelo provoca, e provocherà sempre, la persecuzione. Erwin Lutzer, “pastore” della Moody Church di Chicago ha scritto:
“Un credente che ha molto séguito nel mondo è senza mezzi termini una contraddizione. Se non ci siamo attirati il disprezzo del mondo, può essere benissimo che sia perché abbiamo fatto dei pasticci con la nostra testimonianza cristiana. Il vangelo è il comandamento fondamentale del Nuovo Testamento e se lo predicheremo ci sarà persecuzione. Se non predicheremo il vangelo ci fossilizzeremo; esso è l’àncora di salvezza della Chiesa”.
E George F. MacLeod, esponente della “Chiesa di Scozia” ha affermato.
“La più grande critica che viene mossa alla Chiesa oggi è che nessuno vuole perseguitarla perché non c’è un motivo serio per cui debba essere perseguitata”.
La storia delle persecuzione
La persecuzione ha inizio all’epoca dell’Antico Testamento fuori dal giardino dell’Eden, quando Abele fu assassinato a motivo della sua fede e della sua obbedienza.
Prosegue attraverso Mosè ed Elia, i profeti e i sacerdoti. Molti di questi sono stati perseguitati non dal di fuori ma dal di dentro. L’Antico Testamento riporta tantissime storie del genere.
Pensate a Geremia nei ceppi in prigione, a Daniele nella fossa dei leoni.
E troviamo l’apice e il punto culminante della persecuzione alla croce nella Persona del nostro amato Salvatore.
Gesù raccomanda ai suoi discepoli di ricordarsi che egli è stato odiato dal tempo della sua nascita al tempo della sua morte. È stata la Buona Notizia della salvezza, il Vangelo, a promuovere tale odio. Pensate: la vita di Gesù è iniziata con il tentativo del re Erode di ucciderlo. La sua vita è terminata in una morte di vero e proprio odio. È stato crocifisso per volere del suo popolo: i Giudei.
La Bibbia dice che tutti coloro che vivono una vita pia, saranno perseguitati (2Ti 3:12). La persecuzione è continuata nella storia e un vivido resoconto lo si vede all’inizio della storia cristiana. La persecuzione nel libro degli Atti è iniziata quando tutti i credenti vivevano una vita di servizio e grandi cose accadevano nella Chiesa; quando le anime erano salvate; quando i credenti vendevano tutto ciò che avevano e mettevano tutto in comune.
Il testo biblico che fa da base al nostro tema avvalora quanto stiamo dicendo.
Gesù avvertì i suoi: “Se il mondo vi odia… prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo allora il mondo non vi odierebbe” (Gv 15:18). Da questo deduciamo che, se non siamo perseguitati o se non soffriamo per il nome di Cristo, allora apparteniamo a questo mondo.
La storia ci dice che tutti i discepoli eccetto uno morirono da martiri. La presentazione dei “grandi della fede” ci fa un altro bellissimo resoconto.
“Ci furono donne che riebbero per risurrezione i loro morti; altri furono torturati perché non accettarono la loro liberazione, per ottenere una risurrezione migliore; altri furono messi alla prova con scherni, frustate, anche catene e prigionia. Furono lapidati, segati, uccisi di spada; andarono attorno coperti di pelli di pecora e di capra; bisognosi, afflitti, maltrattati (di loro il mondo non era degno), erranti per deserti, monti, spelonche e per le grotte della terra” (Eb 11:35-38).
La Chiesa non si è mai sentita a proprio agio con il potere. Non riesce a gestirlo e ogni volta che la Chiesa ha ricevuto il potere, ne ha fatto cattivo uso. La storia ce lo insegna e ce lo ripete all’infinito e c’è una sola ragione per la quale non mi sento molto attratto dal tentativo della Chiesa di mischiarsi con la politica. Il Signore molto chiaramente non ha scelto il sistema politico per dire cose importanti. Non ne ha mai fatto uso e non ha mai voluto. L’unica via è quella del Vangelo.
Definizione:
cos’è la persecuzione “cristiana”?
La persecuzione cristiana è qualsiasi ostilità s’incontri che provenga dal mondo come risultato della propria identificazione come credente in Cristo. Dalle offese verbali ai sentimenti, agli atteggiamenti e alle azioni ostili, i credenti che vivono nelle aree con severe restrizioni religiose pagano un prezzo molto alto per la loro fede. Battiture, torture fisiche, segregazione, isolamento, stupri, punizioni severe, carcerazione, schiavitù, discriminazione nell’istruzione e nel lavoro e persino la morte: questi sono solo alcuni esempi della persecuzione che sperimentano giornalmente.
Il nostro compito non è quello di ricordare la storia della persecuzione e neppure quello di fare una panoramica di ciò che sta accadendo nel mondo oggi, anche se i dati sono impressionanti. Infatti si stima che ogni mese in media: 322 Cristiani vengono uccisi per la loro fede; 214 locali di culto e centri cristiani vengono distrutti; 722 forme di violenza vengono perpetrate contro i cristiani e le loro attività.
Quello che desideriamo fare è dare uno sguardo agli avvertimenti dati dal Signore Gesù stesso ai suoi discepoli e umilmente chiederci cosa significa per ciascuno di noi.
La teologia del Vangelo e la persecuzione
Il Vangelo viene prima. Troppo spesso pensiamo e parliamo della persecuzione e delle difficoltà e dimentichiamo il Vangelo, la notizia straordinaria della Persona di Gesù (chi lui è) e del suo amore straordinario (cosa lui ha fatto). Il Vangelo pone la persecuzione nella sua prospettiva. Quando il Signore parla ai discepoli parla loro come il Dio che conosce la fine dall’inizio e ne ha percorso egli stesso il sentiero. Nel testo di Giovanni 15:17-27 troviamo il “perché” della persecuzione.
È confortante sapere che a noi non accade nulla che non sia accaduto prima al nostro Signore: che consolazione e che conforto! “Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (Eb 4:15). Egli è andato davanti: egli è il nostro Pioniere.
La persecuzione dipende dalla nostra identità. • In primo luogo, noi non ci identifichiamo più con il mondo.
Gesù ha detto: “Se foste del mondo, il mondo amerebbe quello che è suo; poiché non siete del mondo, ma io ho scelto voi in mezzo al mondo, perciò il mondo vi odia” (Gv 15:19).
• In secondo luogo, noi ci identifichiamo con Cristo.
Sempre Gesù ha detto: “Ricordatevi della parola che vi ho detto: «Il servo non è più grande del suo signore». Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra” (Gv 15:20).
• In terzo luogo, il mondo perseguita i credenti perché non s’identifica con Dio e non conosce Dio Padre.
Ricordiamo ancora le parole di Gesù: “Ma tutto questo ve lo faranno a causa del mio nome perché non conoscono colui che mi ha mandato” (Gv 15:21). Il versetto 25 conclude l’argomento: “Mi hanno odiato senza motivo”. Questa è anche una grande lezione per noi: non dovremmo dare nessun motivo alla nostra persecuzione; stiamo attenti perché con la nostra vita e con la nostra condotta potremmo danneggiare la testimonianza del nostro Signore.
• La persecuzione scaturisce dall’odio intenzionale dell’unicità di Gesù Cristo. “Essi hanno visto questi miracoli, eppure hanno odiato me e il Padre mio” (Gv 15:22-23). I miracoli si vedono nella vita dei credenti, ma la gente si allontana da loro e ce l’ha contro di loro.
Ad esempio, prendiamo il caso di una persona che, prima di convertirsi, era alcoolista e violenta ma che dopo aver creduto in Gesù smette di bere: nonostante questo, i suoi parenti si adirano perché “si è convertito” e non danno alcun valore al suo cambiamento di vita.
Il racconto dell’uomo posseduto dai demoni è in questo esemplare: dopo la sua liberazione, tutta la popolazione dei Geraseni pregò Gesù che se ne andasse!
Il Vangelo è offensivo ad un certo livello; è l’unicità di Cristo che è offensiva; egli non è una delle molte “vie”, ma è LA Via, LA Verità e LA Vita. “Noi predichiamo Cristo crocifisso: pietra d’inciampo per i Giudei e pazzia per i Greci” (1Co 1:23).
• La persecuzione è una reazione alla proclamazione del Vangelo. Lo Spirito Santo testimonierà: anche noi dobbiamo testimoniare (Gv 15:26-27). Ogni credente ha ricevuto dal Signore Gesù quest’ordine: “Anche voi mi renderete testimonianza”(15:27). Notate il percorso della testimonianza: lo Spirito testimonia ai credenti e i credenti testimoniano al mondo (vv. 26, 27). Per questo Pietro affermò: “Noi siamo testimoni di queste cose; e anche lo Spirito Santo…” (At 5:32) Questo ci dà una grande responsabilità: coloro che hanno conoscenza del Salvatore hanno la responsabilità di passarla a coloro che non ne hanno: non solo con le parole ma con la vita: perciò dobbiamo predicare il Vangelo, usando le parole e usando la vita. La nostra “vita comoda” non è forse il risultato della disobbedienza all’ordine di Cristo di testimoniare di Lui?
• La persecuzione scaturisce da false idee circa il servizio che si deve a Dio. Gli uomini, dal momento che non conoscono Il Dio vero e vivente, sono accecati. Perciò spesso la persecuzione ha come motivazione dei sentimenti religiosi (Gv 16:2; At 26:9-11). Gesù sapeva che sarebbe andato a morire e che altri sarebbero morti per mano di persone che pensavano di fare un favore a Dio: “…chiunque vi ucciderà, crederà di rendere un culto a Dio” (Gv 16:2b). Saulo da Tarso era convinto di onorare e servire Dio, perseguitando la Chiesa primitiva
(At 8:3; 26:9-11). Le parole: “Faranno questo perché non hanno conosciuto né il Padre né me”
(Gv 16:3) richiamano alla memoria la supplica di Gesù al Padre a favore di coloro che lo uccidevano: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lu 23:34).
• La persecuzione porterà all’ostracismo sociale e forse anche alla morte per i seguaci di Gesù. «Vi espelleranno dalle sinagoghe» (Gv 16:2a). Il boicottaggio e l’ostracismo sociali sono strumenti potenti che si usano ancora. Il timore degli altri impedisce molti di crescere nel Signore. Anche ai tempi di Gesù molti credevano ma non lo manifestavano apertamente per paura degli altri (Gv 12:42). Gesù, prima di morire per mano di uomini iniqui, parla ad alcuni Suoi seguaci della morte come qualcosa che si sarebbero dovuti aspettare: «quando chiunque vi ucciderà». La morte per il Signore è considerata come un dato di fatto e viene profetizzata molte volte nella Scrittura (Ap 6:9;
Eb 11:36-38).
• La persecuzione è reale ma è anche temporanea e limitata. “In verità, in verità vi dico che voi piangerete e farete cordoglio e il mondo si rallegrerà” (Gv 16:20a). Il seguace di Gesù patisce dolori e sofferenze che a volte possono sembrare insopportabili. Gesù usa l’immagine degli atroci dolori del parto per preparare i Suoi seguaci. Sebbene i dolori siano atroci per la madre, vengono presto “dimenticati” una volta che ha dato alla luce il suo bimbo (Gv 16:21). Molti santi hanno testimoniato di questo: atroci sofferenze ma “dimenticate” appena sono cessate (ricordo ad esempio la testimonianza di Richard Wurmbrand, perseguitato in Romania). Gesù ricorda che la sofferenza è temporanea ma la gioia è eterna: “…voi siete ora nel dolore; ma io vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi toglierà la vostra gioia” (Gv 16:22). Gesù promette una conoscenza del Padre molto più intima e una grande potenza spirituale: “In quel giorno… qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà” (Gv 16:23). E prima ancora (Gv 16:16-22) abbiamo le affermazioni del Signore a proposito della sua morte e risurrezione.
Queste sono le ultime parole del Signore con le quali egli ha dato degli insegnamenti ai suoi discepoli; qui ne abbiamo alcuni che si riferiscono a due periodi:
1. “Tra poco non mi vedrete più” come riferimento al periodo tra la sua morte e la sua risurrezione.
2. “Tra un altro poco mi vedrete” come riferimento al periodo tra la sua risurrezione e la sua ascensione.
Stupisce il fatto che i discepoli, durante tutto il corso del ministero terreno del Signore, abbiano mostrato una deplorevole ignoranza riguardo alla sua morte e alla sua risurrezione. Perciò non ci sorprendono le parole di rimprovero rivolte dal Signore ai due discepoli incontrati sulla strada per Emmaus: “O insensati e lenti di cuore a credere…”.
Purtroppo queste parole sono attuali, il Signore deve ripeterle anche a noi al giorno d’oggi.
Come affrontiamo la persecuzione?
Dovremmo affrontare la persecuzione con la conoscenza della potenza della sua risurrezione. Questa è la potenza che ci sosterrà (Fl 3:10)! Riflettiamo su quanto Gesù ha insegnato in relazione alla preghiera: “… qualsiasi cosa domanderete al Padre, nel mio nome, egli ve la darà” (cfr. Gv 16:23-24); “… quello che chiederete nel mio nome, lo farò…” (Gv 14:13) e “tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia” (Gv 15:16).
Questa promessa ripetuta più volte, cioè che riceveremo qualunque cosa chiederemo nel nome di Gesù, che cosa significa?
In primo luogo, dobbiamo osservare che, chiaramente, Gesù non intende dire che l’uso del suo nome funga da talismano magico, per ottenere qualunque cosa si desideri. Se fosse questo il caso, perché egli dovrebbe “promettere” la sofferenza? Basterebbe infatti semplicemente usare il suo nome per uscire fuori dalle situazioni che ci causano la sofferenza!
No, Gesù non è semplicistico.
Ma allora che cosa intendeva dire Gesù con questa affermazione? Nell’Antico Testamento, il nome di Dio era una fonte di potenza in sé stesso. Il secondo comandamento in Esodo 20:7 proibisce l’uso improprio del nome del Signore. I Salmi abbondano di lode per il nome del Signore ed è il nome del Signore che dà potenza ai profeti. Il nome proprio di Dio era così sacro che non veniva pronunciato. Ogni volta che gli scribi leggevano il nome che noi translitteriamo in Jahvè o meno esattamente Jehova, dicevano: HaShem, che significa semplicemente “Il Nome”. Essi dicevano anche Adonai che significa “Signore”.
Se c’era tanta riverenza e rispetto per il nome di Dio, allora possiamo tranquillamente supporre che anche Gesù meriti lo stesso rispetto. Perciò pregare nel suo nome significa pregare sotto la sua Signoria, cercando i suoi desideri e non i nostri. Noi non sappiamo realmente cosa chiedere in preghiera. Chiedere nel nome di Gesù significa sottomettersi alla sua Signoria. Significa chiedere: “Sia fatta la tua volontà”. Significa mettere da parte i nostri programmi e cercare di scoprire quali siano i programmi di Dio per noi. Allora, questa promessa non ci viene fatta per soddisfare ogni nostro capriccio, ma piuttosto per allineare il più possibile i nostri desideri con quelli di Dio. Così Gesù ci mostra che quando andiamo incontro a tempi difficili, egli trasforma la sofferenza in gioia e orienta i nostri desideri verso quelli di Dio.
Gesù porta tutto il discorso al punto di partenza (Gv 16:32-33). Egli ricorda ancora una volta ai suoi discepoli che avranno tribolazione nel mondo ma devono farsi animo perché lui ha vinto il mondo. È una promessa con due risvolti: la sofferenza da una parte e la vittoria finale dall’altra. È una promessa che comprende sia la croce sia la risurrezione.
Qui Gesù prepara i suoi discepoli e noi, se davvero lo siamo, al fatto inevitabile che per giungere alla risurrezione dobbiamo passare per il sacrificio. Per avere la vittoria dobbiamo seguire Gesù mentre porta la sua croce. La vittoria è certa ma solo al prezzo del corpo rotto e del sangue versato dall’unico Uomo innocente che sia mai esistito.
Infine, questa croce è la nostra sola speranza per avere la forza in tempi difficili. Essa ci ricorda che sull’altra sponda di tutte le sofferenze e le lotte, c’è una gioia inimmaginabile. Essa ci ricorda che il nostro dolore si tramuta in gioia e i nostri desideri imperfetti si allineano con la sua volontà perfetta.
Le reazioni alla persecuzione
Come reagire, quando noi stessi siamo perseguitati? Abbiamo due grandi esempi: quello del Signore Gesù e quello della Chiesa primitiva.
Il Signore Gesù “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca. Come l’agnello condotto al mattatoio, come la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca” (Is 53:7); “Nella sua umiliazione egli fu sottratto al giudizio. Chi potrà descrivere la sua generazione? Poiché la sua vita è stata tolta dalla terra” (At 8:33); “Oltraggiato, non rendeva gli oltraggi; soffrendo, non minacciava, ma si rimetteva a colui che giudica giustamente” (1P 2:23).
Come ha reagito la Chiesa? Come ha reagito Stefano? I membri del tribunale di Gerusalemme “non potevano resistere alla sapienza e allo Spirito con cui egli parlava… e tutti quelli che sedevano nel sinedrio, fissati gli occhi su di lui, videro il suo viso simile a quello di un angelo”
(At 6:10-15). E poi egli si alzò e parlò davanti al Sinedrio: sì, siamo anche noi chiamati a fare questo; noi dobbiamo difendere la nostra fede; dobbiamo conoscere i fatti; la nostra fede non è costruita su miti ma su fatti sull’esempio di Luca: “Poiché molti hanno intrapreso a ordinare una narrazione dei fatti che hanno avuto compimento in mezzo a noi, come ce li hanno tramandati quelli che da principio ne furono testimoni oculari e che divennero ministri della Parola, è parso bene anche a me, dopo essermi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine, di scrivertene per ordine, illustre Teofilo, perché tu riconosca la certezza delle cose che ti sono state insegnate” (Lu 1:1-4).
Noi dobbiamo rispondere a chi ci pone delle domande e non possiamo accampare nessuna scusa perché abbiamo la Parola scritta. Dobbiamo ricordarci del costo che è stato pagato perché noi avessimo nelle nostre mani la Parola scritta. Dobbiamo conoscere la Parola. Dobbiamo spendere del tempo su queste verità. Dobbiamo conoscere il Vangelo, sperimentarlo, insegnarlo, difenderlo e conoscerlo nei suoi vari aspetti. Anche oggi molti moriranno per ciò in cui credono ma nessuno morirà per una bugia. Dio permette la morte dei suoi santi non perché egli sia un Signore inetto o indifferente ma perché la loro morte è una dichiarazione potente del dono gratuito della vita che ci viene offerto attraverso la Persona di Gesù Cristo.
Come reagire, quando gli altri sono perseguitati? Come credenti, siamo chiamati a stare dalla parte dei nostri fratelli e sorelle perseguitati, pregare e restare al loro fianco. “Ricordatevi dei carcerati, come se foste in carcere con loro; e di quelli che sono maltrattati, come se anche voi lo foste!” (Eb 13:3). Noi siamo un solo corpo (1Co 12:26): quando un membro soffre, tutti noi soffriamo; quando un membro è onorato, tutti noi ci rallegriamo. I credenti perseguitati e i credenti nel mondo libero non sono due entità separate, sono piuttosto un solo corpo. La Chiesa perseguitata ha bisogno della Chiesa libera che la sostenga e, il che è molto più importante, che la porti al trono della grazia in preghiera. La Chiesa nel mondo libero impara delle lezioni da quella perseguitata, che rimane forte di fronte alla persecuzione. Cristo è il capo del corpo e usa la Chiesa (sia libera sia perseguitata) in un modo unico e potente.
Come dovremmo reagire alla persecuzione? Tutti noi dobbiamo vivere una vita di discepolato e di gioia nel Signore: una vita diversa da questa è indice di peccato e di disprezzo nei confronti del grande amore che egli ha mostrato verso di noi. Deve necessariamente far parte di questa vita la condivisione continua della Buona Notizia di Gesù a parole e con i fatti: il tempo è breve e il Signore Gesù ha detto che il suo ritorno è imminente e ci chiederà conto di questo. Possiamo porci le seguentidomande come autoesame: “Io, la mia famiglia, i credenti della mia assemblea stiamo proclamando attivamente la Buona Notizia di Gesù a parole e con i fatti? Stiamo affrontando delle difficoltà a causa di questa testimonianza, a causa dei frutti che stiamo sperimentando attraverso Gesù Cristo? Oppure non stiamo affrontando alcuna difficoltà perché non stiamo proclamando il Vangelo nel nome di Gesù?”.
Dobbiamo amare i nostri nemici e pregare per coloro che ci fanno del male. L’apostolo Paolo era un acerrimo nemico del Vangelo prima che il Signore lo raggiungesse con il suo amore e facesse di lui uno strumento potente per la proclamazione del Vangelo. Ricordiamoci che le nostre sofferenze sono limitate, anche se ci dovessero costare la vita: tutta l’eternità si dispiega davanti a noi. Ricordiamoci che Dio può usare persino le nostre sofferenze per la sua gloria.
Paolo ha adoperato il suo tempo mentre era in catene per promuovere il Vangelo… oggi molti in tutto il mondo stanno soffrendo per amore del Vangelo, sono in carcere e sono di benedizione agli altri. È prezioso ricordare le parole di Gesù: “Vi ho detto queste cose, affinché abbiate pace in me. Nel mondo avrete tribolazione; ma fatevi animo, io ho vinto il mondo” (Gv 16:33). Gesù ci invita ad avere pace in lui, qualunque siano le circostanze che possiamo sperimentare come suoi seguaci. Gesù ci ricorda che la sofferenza è normale ma che egli ha riportato la vittoria su ogni cosa in questo mondo decaduto! E in lui noi siamo più che vincitori: “Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli. Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia. Rallegratevi e giubilate, perché il vo-
stro premio è grande nei cieli; poiché hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi”
(Mt 5:10-12).
C’è qualcosa riguardo alla persecuzione che ci consente di conoscere Dio più a fondo. Quando i tempi diventano davvero difficili scopriamo più cose su chi è Dio e sul modo in cui egli opera. Lo sanno molto bene, i credenti che sono stati perseguitati per la loro fede. Non ci sono risposte scontate sui motivi per cui Dio permette che i suoi seguaci soffrano. Comunque, la vita dei cristiani perseguitati evidenzia che, anche quando sembra che le cose siano al di fuori di ogni controllo, i credenti possono riposare al sicuro, sapendo che Dio ha ancora il controllo di tutto. Egli può dare coraggio, pace e persino gioia per resistere alle tempeste. È proprio quando attraversano queste tempeste che i credenti scoprono l’amore di Dio in modo nuovo e potente.
Conclusione
Talvolta abbiamo bisogno di costruirci una nostra cella: “Fermatevi e riconoscete che io sono Dio” (Sl 46:10).
Il responsabile di una chiesa cinese, che aveva trascorso 23 anni in prigione, disse una volta a dei credenti che non stavano subendo la persecuzione:
“Sono stato gettato in una cella, anche voi dovete gettarvi in una. Non avete tempo per conoscere Dio. Avete bisogno di costruirvi una vostra cella, in modo da poter fare a voi stessi ciò che la persecuzione ha fatto a me: semplicemente avere tempo per pensare alla vostra vita e, soprattutto, per conoscere Dio”.
È importantissimo che trascorriamo del tempo con Dio, per crescere in lui così da essere preparati a resistere alla persecuzione.
Dio conosce il presente e il futuro: “Infatti i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie – dice il Signore. – Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così sono le mie vie più alte delle vostre vie e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri” (Is 55:8-9). Sono tantissime le storie di credenti perseguitati che sono morti senza vedere il frutto del loro lavoro. Il nostro lavoro non è vano: è nelle sue mani.
La debolezza è un sentiero che porta diritto alla forza: “Per questo mi compiaccio in debolezze, in ingiurie, in necessità, in persecuzioni, in angustie per amor di Cristo; perché, quando sono debole, allora sono forte” (2Co 12:10).
Un credente egiziano rifletteva sul modo in cui era stato trattato quando si era convertito a Cristo: “Nelle grandi sofferenze si scopre un Gesù diverso da quello che si conosce nella vita normale… Il dolore e la sofferenza portano a galla tutti i punti deboli della propria personalità. Quando mi sono sentito molto debole mi sono reso incredibilmente conto dell’amore di Gesù verso di me proprio nello stato in cui versavo”. La vera forza non si ottiene con mezzi umani ma solo attraverso il Signore Gesù. Spesso per rendersi conto di questo dobbiamo versare in uno stato di estrema debolezza.
La vittoria è più grande della liberazione: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Ro 12:21). I credenti perseguitati, in qualunque Paese vivano, non ci chiedono di pregare che la persecuzione cessi ma piuttosto ci chiedono di pregare che possano resistere alla persecuzione. Non desiderano essere liberati dalla persecuzione, ma ci chiedono piuttosto di pregare che possano superare le prove che si trovano ad affrontare in un modo che onori Dio.
Il male peggiore richiede il perdono maggiore. “Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Poi divisero le sue vesti tirandole a sorte” (Lu 23:34). Una vedova credente iraniana ha detto: “Avevo solo odio nel mio cuore verso i miei nemici che avevano ucciso mio marito. Ma un giorno è accaduto un miracolo. Dio mi ha insegnato in che modo potevo amare i miei nemici… Pregavo da tempo per questo anche se nel profondo del mio cuore non volevo che accadesse. Gradualmente, attraverso un percorso di alti e bassi, Dio ha risposto a questa mia preghiera”.
L’unica via per resistere al male peggiore che possa esistere è perdonare le persone come ha fatto Gesù.