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ffamata” (v. 2).

 

Proprio a motivo dell’intreccio di vero e falso, è necessario discernere il loro inganno.

Questo si può fare sia consultando la sacra Scrittura, sia osservando la loro vita. Se la vita di un sedicente dottore della Parola non manifesta il frutto dello Spirito, e più ancora se manifesta il frutto della carne, c’è da sospettare che sia un falso dottore.

 

Pietro offre una guida in tal senso: la vita dei falsi dottori, come quella dei falsi profeti dei tempi passati, sarà tipicamente dissoluta mentre le loro “parole false”, lungi dall’essere finalizzate all’edificazione della Chiesa, saranno finalizzate al tentativo di procurarsi un guadagno proferendo discorsi accomodanti (v. 3).

 

In tutto questo i “falsi dottori” rinnegano “il Signore che li ha riscattati” e così si attirano addosso “una rovina immediata” (v. 1). La parola tradotta qui “immediata” (gr. tachinēn) ha il senso di “improvvisa”, essendo la loro condanna stabilita già da tempo (v. 3).

È evidente quindi che i falsi dottori vivono in modo pericoloso, essendo esposti al giudizio di Dio e questo giudizio “non si farà aspettare” (v. 3).

 

Quanto alla natura del rinnegamento del “Signore che li ha riscattati”, Strachan scrive: “sembra che consistesse in un concetto inadeguato della Persona e l’Opera di Cristo in relazione al problema del peccato”.

Inteso così il rinnegamento del Signore si accorda con il riferimento ai falsi dottori nel v. 14 dove vengono descritti come “figli di maledizione”, ovvero come persone che non hanno mai sperimentato l’opera rigeneratrice dello Spirito Santo.

Come Simon Mago (At 8:9-13, 18-24), sono stati attratti dal Vangelo per motivi diversi dalla consapevolezza del proprio stato di peccato e del bisogno di appropriarsi della redenzione operata da Cristo.

 

Il fatto che questi “figli di perdizione” figurano come persone per le quali il Signore ha pagato un riscatto, presuppone che il riscatto operato da Cristo abbia un valore universale, a prescindere da quanti ne traggano beneficio mediante il ravvedimento e la fede (cfr. Eb 10:26-29).

 

 

Il giudizio dei falsi dottori (vv. 4-10)

 

Nel brano che segue c’è da notare che Pietro attribuisce storicità a degli eventi in cui l’opera soprannaturale di Dio si sovrappone a eventi “normali”.

Quest’intreccio di storia ed interventi divini serve a rendere certo l’esito della vita tanto dei falsi dottori quanto di coloro che rimangono fedeli a Dio quando si trovano nella prova.

Ecco il ragionamento di Pietro:

 

“Se Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio; se non risparmiò il mondo antico ma salvò, con altre sette persone, Noè, predicatore di giustizia, quando mandò il diluvio su un mondo di empi; se condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, perché servissero da esempio a quelli che in futuro sarebbero vissuti empiamente; e se salvò il giusto Lot che era rattristato dalla condotta dissoluta di quegli uomini scellerati (quel giusto, infatti, per quanto vedeva e udiva, quando abitava tra di loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta a motivo delle loro opere inique), ciò vuol dire che il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare gli ingiusti per la punizione nel giorno del giudizi; e soprattutto quelli che vanno dietro alla carne nei suoi desideri impuri e disprezzano l’autorità” (vv. 4-10).

 

Le lezioni dal passato dimostrano che i falsi dottori non avranno scampo.

Questo fatto dovrebbe far riflettere chiunque pensi di poter cavarsela proponendosi come esponente di verità religiosa pur non attenendosi a ciò che insegna la sacra Scrittura.

 

Allo stesso tempo il brano arricchisce la nostra conoscenza di alcune circostanze documentate nell’Antico Testamento.

A questo proposito il v. 4, va letto insieme con 1 Pietro 3:19-21. Visti insieme questi due brani confermano il coinvolgimento degli angeli nella ribellione che indusse Dio a mandare il diluvio universale sulla terra (si veda Ge 6:1-6).

L’attesa di giudizio di cui Pietro parla nel nostro brano accorda bene con l’interpretazione di 1Pietro 3:19 secondo cui la “predicazione” fatta da Gesù va intesa come l’annuncio, fatto in qualità di Cristo Risorto, della propria vittoria, nel momento della sua ascesa verso l’insediamento alla destra di Dio.

 

Quanto al riferimento alla distruzione di Sodoma e Gomorra e la corrispondente liberazione del “giusto Lot”, veniamo a sapere che questi non solo era rattristato ogni giorno ma addirittura si tormentava durante gli anni della sua permanenza a Sodoma, a motivo della vita dissoluta dei cittadini di tale città, un fatto che non traspare dal racconto della Genesi (capp. 18−19).

 

Intanto il giudizio del diluvio e quello caduto su Sodoma e Gomorra dimostrano che Dio fa sul serio quando fa sapere che giudicherà chi fa scempio dei suoi doni, particolarmente in campo sessuale, e si infischia dell’autorità, per esempio quella delle Scritture profetiche.

D’altra parte la salvezza di Dio sperimentata da Noè con la sua famiglia e dal giusto Lot, dimostra che il destino è ben diverso per chi, trovandosi nella prova, prende le distanze dal comportamento dei falsi dottori.

 

 

Le caratteristiche dei falsi dottori (vv. 10-19)

 

Il riassunto di Michael Green della descrizione dei falsi dottori nei primi versetti di questo brano merita di essere citato per esteso:

 

“Questo, dunque, è il carattere dei falsi dottori così come presentato finora. Essi sono dominati dalla lussuria; le loro passioni vengono sbrigliate, col risultato che essi si comportano come animali, mentre il lato mentale e spirituale della loro umanità soffre di atrofia. Sono testardi, ribelli alla volontà di Dio, e incuranti delle conseguenze. Disprezzano gli altri esseri, umani o celesti. Sono caparbi; l’uomo sensuale lo è sempre, poiché in ultima analisi è solo l’io che conta per lui. Il suo informo è questo: il mondo si contrae finché non rimane altro che l’io da lui corrotto. Chi può dire che II Pietro non abbia rilevanza per la nostra generazione?” (Michael Green, “La seconda epistola di Pietro e l’epistola di Giuda”, Commentari al Nuovo Testamento a cura di Leon Morris, Roma, Edizioni G.B.U. 1997, pag. 154).

 

Al posto di seguire “la via del Signore” (Ge 18:19), questi falsi dottori seguono la via di Balaam, figlio di Beor, che amò un salario di iniquità” (2P 2:15).

Dovrebbe far riflettere il fatto che fu un’asina a riprendere “la follia del profeta” (Nu cap. 22). Ma, nonostante tale riprensione e le verità pronunciate in seguito da Balaam (capp. 23−24), questi riuscì a deviare gli Israeliti dalla“via del Signore”, inducendoli a commettere fornicazione con le donne di Moab (cap. 25).

Quando a predominare sono i desideri della carne, gli elementi di verità vengono strumentalizzati in modo da giustificare l’iniquità e in vista di diventare una fonte di denaro, detto “salario di iniquità” (v. 15).

 

Dopo il suo discorso sulla “via di Balaam”, Pietro introduce delle metafore molto efficaci per descrivere i falsi dottori: “sono fonti senz’acqua e nuvole sospinte dal vento” (v. 17).

Per chi ha sete, la vista di una fonte promette finalmente la possibilità di dissetarsi. Che delusione quindi per la persona assetata, quando scopre che la fonte è priva di acqua!

Ecco quanto valgono le parole dei falsi dottori! Come dice Paolo in 2Timoteo 3: 7, chi segue persone di questo genere, non potrà “mai giungere alla conoscenza della verità”. Anche perché sono come “nuvole sospinte dal vento”, e anche coloro che li seguono verranno “sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore” (Ef 4:14).

 

 

Una valutazione (vv. 20-22)

 

A un’ampia descrizione dei falsi dottori segue una valutazione molto sobria della loro condizione personale.

Dopo essere affacciati alla luce, queste persone sono tornate nelle tenebre.

Secondo Pietro “sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo comandamento che era stato dato loro” (v. 21; cfr. Gv 3:17-21, 36).

 

I proverbi con cui il capitolo si conclude sottolineano ulteriormente lo squallore di questi uomini, e dovrebbero servire a dissuadere dal farlo chi è tentato di lasciarsi influenzare da persone simili.

 

 

Per la riflessione personale o lo studio di gruppo

 

1. Quali insegnamenti sugli angeli possiamo trarre da questo capitolo, per esempio dal v. 11?

 

2. Che cosa impariamo dal v. 12 riguardo all’uso improprio del dono della parola?

 

3. Che cosa insegna questo capitolo, ad esempio nei vv. 13-14, sul rapporto fra eresie e il comportamento in campo morale?

 

4. Quale luce getta il v. 19 sul falso concetto di libertà così diffuso ai giorni nostri?